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I nuovi GAL del Lazio possono avvicinare i Comuni alla Regione e all’Europa?

Come avevo accennato nel post del 15 settembre, presentando la tavola rotonda “Sviluppo locale per nuove opportunità” organizzata dalla Cooperativa ELP e dall’Istituto Fernando Santi presso il Centro Frentani di Roma, quando si ragiona sul “valore aggiunto LEADER” ci sono almeno tre questioni da approfondire [1]. La terza, che riprendo ed esamino qui, è la seguente:

Gli attori locali e i Gruppi di Azione Locale (GAL) che hanno gestito i Piani di Sviluppo Locale – che danno corso allo strumento/approccio LEADER – hanno saputo attrarre, nelle precedenti programmazioni, le risorse mobili esterne necessarie per valorizzare quelle interne? Come possiamo rafforzare la capacità di ricercare finanziamenti aggiuntivi e, di riflesso, rafforzare le potenzialità di agenzie di sviluppo locale dei nuovi GAL nel settennio 2014-2020?

Ragionare su tale quesito significa affrontare un tema che ho già trattato in questo blog. Il tema concerne il ruolo dei GAL come potenziali agenzie di sviluppo locale. Infatti, i GAL hanno la possibilità, gestendo il loro Piano di Sviluppo Locale (PSL), di maturare delle competenze tecniche per cui, gradualmente, si possono affermare nella loro area geografica come delle autentiche agenzie super partes che vanno oltre la gestione del PSL e gestiscono altri interventi di sviuppo per il loro territorio.
Soprattutto nelle regioni del Settentrione, già negli anni scorsi, le attività ordinarie svolte dai GAL più innovativi sono state caratterizzate da un crescente orientamento alla valorizzazione di ulteriori fonti di finanziamento pubbliche (in primo luogo i fondi europei) e del settore privato (fondazioni) per finanziare gli interventi di sviluppo del territorio.
L’impressione è che questo sia avvenuto meno nel Lazio.

Questa, invece, è una delle funzioni aggiuntive che i GAL del Lazio dovranno sviluppare se si vogliono generare percorsi virtuosi in cui si superino definitivamente le vecchie logiche della “finanza derivata” per cui i livelli di governo inferiori restavano, sovente, in attesa della “manna dal cielo” costituita dai finanziamenti, spesso erogati secondo logiche corporative e/o clientelari, dal Governo centrale e dalle Regioni.
A tale riguardo si evidenzia che il Rapporto di Valutazione ex post del PSR Lazio 2007-2013 – disponibile sul portale della Rete Rurale Nazionale – rileva che i GAL finanziati nel settennio 2007-2013 sono stati visti come dei facilitatori che “avvicinano” i Comuni e gli altri beneficiari finali del PSR alla Regione. Nel Rapporto (p. 113) si legge: «il ruolo che il GAL ha svolto sul territorio è stato percepito dai beneficiari in chiave di assistenza tecnico-amministrativa. Per una minoranza di progetti che hanno visto beneficiari pubblici, il GAL ha rappresentato un soggetto facilitatore in grado di snellire le procedure o avvicinare la Regione al territorio».

A tal fine è necessario che in primo luogo gli stessi GAL attivino un processo di empowerment che dovrebbe essere:
1. di ordine politico-istituzionale. Si pone ormai apertamente, infatti, il problema della rappresentanza degli interessi dei piccoli Comuni della loro area, a fronte della ritardata attuazione nel Lazio  della Strategia Nazionale per le Aree Interne (SNAI) prevista dall’Accordo di Partenariato (AdP) e dal debole dibattito sull’implementazione della c.d. “agenda urbana” nelle città piccole e medie della regione. Nel Lazio, infatti, a seguito della “legge Delrio” (che ha istituito le Città Metropolitane e confermato la volontà del Governo centrale di riformare/abolire le Province), vi è in primo luogo il rischio di una ulteriore frattura economica fra la Città Metropolitana di Roma e le città piccole e medie (specialmente quelle delle aree già marginali e della dorsale appenninica).

Inoltre, mentre la Capitale potrà contare sui finanziamenti certi del PON Città Metropolitane e potrà più facilmente accedere ad altri finanziamenti europei a sostegno della c.d. “agenda urbana”, le città medie e gli altri poli urbani regionali (in primo luogo capoluoghi di provincia e di regione), ad oggi non hanno affatto chiaro se, quando e in che termini potranno contare sui finanziamenti dedicati della declinazione regionale dell’agenda urbana nazionale. Per le città piccole e medie, infatti, lo stesso AdP prevede che debbano intervenire le Regioni attraverso i POR FESR. Ad oggi non si hanno indicazioni di policy ufficiali e/o bandi che vanno in questa direzione e, quindi, inter alia, non si sa se e come verrà replicata l’esperienza di PLUS Lazio [2];
2. di ordine tecnico, con un rafforzamento della capacità dei GAL di elaborare analisi statistiche e proposte tecniche e di sviluppare attività di ricerca di finanziamenti aggiuntivi, in modo da ritagliarsi un ruolo di autentiche agenzie di sviluppo locale per le aree geografiche di loro pertinenza.

E’ ormai tempo, pertanto, che Comuni e Unioni di Comuni, così come gli stessi nuovi GAL del Lazio della programmazione 2014-2020, prendano definitivamente atto che, a prescindere dalla discutibile attuazione in Italia dei principi di un corretto sistema di “federalismo fiscale”, essi debbono farsi parte attiva nella ricerca di finanziamenti aggiuntivi, siano essi riconducibili a:

  • finanza pubblica europea e/o a finanza pubblica nazionale (fondi nazionali per politiche settoriali che poi, in genere, vengono attuate sui territori soprattutto attraverso lo strumento giuridico degli Accordi di Programma Quadro);
  • contributi delle Fondazioni di erogazione e/o di comunità che, in misura crescente, distribuiscono i finanziamenti sulla base di “chiamate” e selezione dei progetti su base competitiva, analoghe a quelle delle Autorità Pubbliche (modello “call for proposals” della Commissione Europea).
Sunset countryside Immagine ex Pixabay

Immagine ex Pixabay

Comuni e Unioni di Comuni dovrebbero delegare questa funzione essenziale ai GAL sia alla luce della potenziale maggiore forza analitica e di capacità di accesso ai finanziamenti aggiuntivi dei GAL, sia alla luce del rischio di una sorta di vuoto di governo delle “aree vaste” intermedie fra i Comuni e l’Ente Regione quando sarà concluso il processo, già tracciato, di abolizione definitiva delle Province [3].
Ai GAL, inoltre, Comuni e Unioni di Comuni dovrebbero delegare anche una funzione di partecipazione attiva al dibattito in corso sul futuro della PAC post 2020. La partecipazione al negoziato sulla PAC post 2020 è importante per gli Enti Locali e per gli altri stakeholders della base associativa dei GAL. Sarebbe opportuno venisse delegata ai GAL, sia in quanto in essi possono trovare una sintesi gli interessi eterogenei di diversi operatori (pubblici e privati) per la nuova PAC, sia in quanto si presuppone che i dirigenti e lo staff tecnico-amministrativo dei nuovi GAL abbiano maggiori competenze rispetto ai tecnici di Comuni ed altri Enti Locali per quanto concerne struttura, obiettivi strategici e linee di finanziamento della PAC. In linea di principio, lo staff dei GAL dovrebbe parimenti avere skills più rilevanti per quanto riguarda il processo legislativo comunitario e le più congruenti azioni di lobbying [4].

La sfida non è semplice. Ma è anche una sfida per la quale i tempi sono maturi, in ragione sia della finestra di opportunità dischiusa per i GAL, sul piano istituzionale, dalla “legge Delrio” (considerando, fra l’altro, che essi, per certi versi, sono assimilabili a degli Enti “di secondo livello”), sia delle crescenti difficoltà incontrate dagli Enti Locali nel finanziare le politiche ordinarie a causa dei sempre più stringenti vincoli di finanza pubblica.
In questa fase, più che mai, gli amministratori locali avrebbero interesse a cooperare nell’ambito dei GAL che sono stati approvati e finanziati dalla Regione.
Più che mai avrebbero tutto da guadagnare, anche rispetto alla sfida dell’accesso a fonti di finanziamento aggiuntive, nel mettere da parte le conflittualità e fare gioco di squadra, superando una volta per tutte la logica, di corto respiro, di mera “compensazione reciproca di interessi” fra i vari attori locali.

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[1] Il prossimo 22 settembre avrò il piacere di tenere una relazione alla tavola rotonda “Sviluppo locale per nuove opportunità” organizzata dalla Cooperativa ELP e dall’Istituto Fernando Santi presso il Centro Frentani di Roma (a due passi dall’ingresso dal lato di piazzale Aldo Moro dell’Università La Sapienza). Sono stato invitato a sviluppare alcune riflessioni sul tema “Sviluppo locale come condizione di crescita per il Paese e l’Europa”.

[2] Il Programma Piano Locale Urbano di Sviluppo (PLUS), che è stato attuato nell’ambito del POR FESR 2007-2013 dopo la sua riprogrammazione di medio termine.

[3] Su questo punto, oltre a vari post pubblicati nel 2016 e nell’anno in corso su questo blog, si veda il paper di Bonetti e Salvadori, elaborato come contributo al dibattito del Convegno “GAL chiama Europa: network e governance come fattori di sviluppo sociale e economico”, organizzato da GAL Terre di Argil e COPAGRI Frosinone, con il supporto della Cooperativa ELP, che si è tenuto il 22 ottobre 2016 presso Rocca d’Arce (Frosinone).
Cfr. BONETTI A., SALVADORI M. (2016), Territori in cerca di nuove strategie di sviluppo e di nuove istituzioni locali: come valorizzare ruolo e funzioni dei GAL, Cooperative ELP, Frosinone
Si veda anche: BONETTI A. (2017); Lo sviluppo locale di tipo partecipativo nella programmazione 2014-2020: dall’approccio bottom up allo sviluppo locale condiviso, Centro Studi Funds for Reforms Lab, giugno 2017.

[4] Si noti che una delega di natura tecnica così importante, implica poi anche degli effetti politici e sull’autonomia dei GAL rimarchevoli, in quanto essi, de facto, vengono accreditati di una significativa funzione di rappresentanza degli interessi economici dell’area geografica coperta dai loro PSL.

 

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