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Il Fondo per l’Innovazione Sociale e i Social Impact Bonds per rilanciare e migliorare gli investimenti sociali

‹‹The difficulty lies, not in the new ideas,
but in escaping from the old ones»
John Maynard Keynes

Contracting out dei servizi sociali, clausole “pay-for-success” e Social Impact Bonds

Immagine ex Pixabay

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Sulla scorta di diverse esperienze innovative di un certo successo all’estero, anche gli esperti italiani e diversi think tank stanno riservando crescente attenzione per quei meccanismi di esternalizzazione della gestione dei servizi socio-assistenziali e di altri servizi di pubblica utilità informati a clausole “payment-by-results” (o “pay-for-success”). [1]
Tali clausole, semplificando molto, si fondano su contratti in forza dei quali la PA non paga gli operatori che erogano i servizi socio-assistenziali esternalizzati in base all’output, ma in base all’outcome, ossia ai risultati effettivamente ottenuti e agli impatti di medio lungo-termine. Per questo motivo vengono indicati anche come strumenti di finanziamento “di impatto” (vengono usati come sinonimi anche i termini inglesi impact investing e outcome fund).
A partire dal 2010 si è diffuso rapidamente un particolare meccanismo di contracting out basato sulla clausola “pay-for-success” per il finanziamento di interventi socio-assistenziali, denominato Social Impact Bonds.
I Social Impact Bonds (SIBs) – indicati anche come “Social Benefit Bonds” – sono lo strumento sperimentato massicciamente a partire dal 2010, nei paesi anglosassoni e non solo, per ampliare le fonti di finanziamento delle politiche sociali senza aumentare la pressione fiscale. [2]
In generale, i SIBs sono caratterizzati da: (i) il coinvolgimento di più operatori nel finanziamento di progetti di pubblica utilità (i SIBs puntano ad ampliare il novero dei potenziali finanziatori privati, attraverso il coinvolgimento di investitori filantropici e di capitalisti “pazienti” e/o orientati all’utilità sociale); (ii) un programma di azione finalizzato a conseguire un impatto significativo; (iii) un impegno a ripagare i capitali iniziali – in genere da parte un Ente committente pubblico – se vengono raggiunti gli impatti e (iv) un risparmio di spesa pubblica (nel caso di committenti pubblici) potenzialmente di un certo rilievo, come conseguenza dell’efficacia del programma e, soprattutto, dell’orientamento di questo a realizzare interventi preventivi.

Un progetto finanziato tramite SIBs dovrà produrre un impatto sociale significativo. Questa è la ratio di tali progetti, che porta a identificarli come strumenti “pay-for-success”.
Come scrive magistralmente Pasi in un contributo pubblicato nel 2015 sul portale del progetto “SecondoWelfare”, ‹‹un simile meccanismo poggia su un cambiamento importante rispetto le logiche negoziali classiche della pubblica amministrazione: la stazione appaltante (cioè il settore pubblico) si impegna a pagare solo a fronte di determinati outcomes e non appena sulla base di outputs (o peggio ancora inputs) certificati in una qualche maniera››. [3]

Inoltre, gli stessi profili finanziari degli accordi sottesi a un SIBs, che li rendono un potenziale strumento di contenimento della spesa pubblica, si realizzano se e solo se vi sarà un impatto sociale, in quanto:
• i risparmi della spesa pubblica per affrontare problemi sociali cronici si potranno concretizzare solo a fronte dell’efficacia/impatto del progetto;
• il premio finanziario da ripagare agli investitori, al termine del progetto, è parimenti legato al suo impatto sociale.

Specialmente i primi progetti pilota nei paesi anglosassoni hanno chiaramente evidenziato l’importanza di utilizzare i SIBs per finanziare progetti sociali “preventivi”. Questo sia per contrastare in modo più efficace determinate problematiche sociali, sia per conseguire i desiderati risparmi di finanza pubblica.
Questi risparmi di spesa pubblica, infatti, deriverebbero sia dalla capacità di prevenire e lenire dei problemi sociali prima che diventino problemi cronici e, quindi, maggiormente onerosi, sia dalla maggiore qualità ed efficacia degli interventi finanziati.
E’ proprio il risparmio di spesa che i SIBs dovrebbero garantire finanziando degli interventi preventivi il vero punto di forza specifico di questo strumento, come spiegava con grande efficacia The Economist in un articolo dell’edizione del 23 Febbraio 2013 in cui veniva presentato il primo progetto finanziato con i SIBs a Londra, finalizzato a recuperare alla vita sociale degli homeless. Inoltre, la stessa clausola “pay-for-success” dovrebbe garantire una maggiore attenzione anche all’efficienza dei progetti, oltre che al loro impatto sociale. [4]

L’istituzione del Fondo per l’Innovazione Sociale. Finalmente un passo decisivo per dare corso alla sperimentazione del paradigma “pay-for-success” in Italia?

In questa prospettiva è assolutamente incoraggiante l’istituzione, ad opera della Legge di Stabilità per il 2018, di un Fondo per l’Innovazione Sociale che dovrebbe, appunto, finanziare innovativi Partenariati Pubblici Privati nel campo sociale, focalizzati sul finanziamento e sull’implementazione di servizi esternalizzati dalla PA che vengono remunerati non in base alle realizzazioni, ma in base ad output e impatti sociali. E’ per questo che si parla anche di Outcome Fund. Come ha rimarcato Giovanna Melandri in una intervista al magazine online Vita.it, ‹‹gli Outcome Fund Sono strumenti finanziari che, nel remunerare gli impatti sociali, secondo la logica del pagamento in base al risultato sociale raggiunto e misurato (pay by result), siano in grado di sostenere i processi d’innovazione, promuovere partnership pubblico-privato, rendere efficiente la spesa per le prestazioni di welfare, valorizzare il ruolo dell’impresa sociale e mobilitare risorse del settore filantropico e del mondo dell’impresa. Esperienza simili sono nate in Germania, in Francia, in Belgio e in Inghilterra. In Italia invece eravamo indietro›› (si veda “La via italiana degli outcome funds”, Vita.it, 20.12.2017).
Da quando ho iniziato, nel 2013, a cercare di capire questo innovativo strumento finanziario, sono stato sempre convinto che esso abbia delle enormi potenzialità e possa contribuire a migliorare non solo gli impatti sociali dei progetti, ma anche lo stesso processo di policy making. Ciò che mi preoccupa non sono tanto i vincoli di Contabilità Pubblica all’uso di questo strumento e/o la sua complessità, ma la scarsa attitudine dei decisori pubblici italiani a affrontare i rischi e problemi sociali in chiave preventiva. [5]
Quest’ultimo aspetto, a mio modesto avviso, è realmente decisivo affinchè i meccanismi “payment-by-results” possano contribuire sia a migliorare l’impatto dei servizi socio-assistenziali, sia a favorire un contenimento della spesa pubblica. [6]

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[1] Un lavoro di ricerca particolarmente rilevante (datato 2017) è “Studio di Fattibilità. L’applicazione di strumenti pay by result per l’innovazione dei programmi di reinserimento sociale e lavorativo delle persone detenute” di Human Foundation (realizzato con il supporto finanziario di Fondazione Sviluppo e Crescita CRT e il contributo anche di esperti di KPMG).
Questo per il fatto che, diversamente da altri lavori meramente descrittivi e/o teorici, si configura realmente come uno “studio di fattibilità” focalizzato «sulle esperienze legate a progetti o programmi virtuosi di reinserimento sociale e lavorativo dei detenuti» (v. p. 10).
In Italiano, si vedano anche: Randazzo R.; “Social Impact Bond”: un nuovo strumento per la finanza sociale”, in “EntinonProfit”, n. 7, 2011; Fondazione Cariplo, Social Impact Bonds, Quaderno dell’Osservatorio N. 11, Milano, 2013; Del giudice A. (2015), I Social Impact Bond, Franco Angeli, Milano; Pasi G. (2015), I Social Impact Bond: nuovi schemi negoziali tra misurazione sociale e finanza strutturata, in “Secondo Rapporto sul Secondo Welfare in Italia 2015”, disponibile sul portale del progetto Secondo Welfare.
Per un commento critico sui SIBs e sulla valutazione dell’impatto sociale si veda “Impatto sociale: servono più dati certi” a cura di Francesca Calò pubblicato sul magazine on line VITA.IT il 10 aprile 2017.

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[2] I SIBs sono uno strumento particolare, il cui uso per sostenere gli investimenti sociali è in forte espansione, come ricorda la recente nota breve “Social Impact Bonds reach global mass: 108 projects launched in 24 countries” (30.01.2018) di Social Finance UK, promotrice del I SIB sperimentato nel Regno Unito nel 2010.
[3] Cfr. Pasi G., Saving cost bond: se la revisione della spesa diventa investimento sociale. Qualche osservazione sparsa sull’utilizzo dello strumento nel nostro Paese, SecondoWelfare, 28 Agosto 2015.

[4] Cfr. The Economist, “Social-Impact-Bonds. Commerce and conscience”, 23.02.2013.
[5] Come ha spiegato molto bene Giovanna Melandri in una intervista al magazine settimanale “Buone Notizie” del Corriere della Sera (13 dicembre 2017), a livello di Contabilità Pubblica «c’è un collo di bottiglia: in Italia se la pubblica amministrazione accantona risorse per l’eventuale restituzione del capitale agli investitori, per le regole della Contabilità nazionale vanno a debito». Si veda: “Giovanna Melandri: Ora tocca allo Stato serve un Fondo”, Buone Notizie/Corriere della Sera.
[6] Parlerò dell’importanza dei SIBs per finanziare certi interventi nel sociale al corso del CEIDA Finanziamenti dell’UE e strumenti di “impact investing” per le Smart Cities (Roma, 20 e 21 marzo 2018), in cui terrò circa 13 ore di docenza sui fondi UE per l’agenda urbana e l’attuazione del paradigma “smart cities”.

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