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Il Quadro Finanziario Pluriennale dell’UE 2021-2027 e il “nuovo” Fondo Sociale Europeo Plus

Tutti qui ci guadagniamo il pane molto duramente
Il vecchio Ezechiele (Italo Calvino, Il visconte dimezzato, 1952)

La proposta sul Quadro Finanziario Pluriennale (QFP) dell’UE per il periodo 2021-2027 – il bilancio pluriennale della UE – è stata presentata dalla Commissione Europea il 2 maggio 2018. [1]
Il negoziato è ormai entrato, pertanto, in una fase molto avanzata, quantunque sia condizionato da vari fattori di attrito a livello politico-istituzionale, in primis il ritardato insediamento della nuova Commissione von der Leyen. [2]

La proposta di QFP 2021-2027 si caratterizza, inter alia, per una sostanziale rivisitazione della struttura complessiva del QFP 2014-2020, i cui elementi più evidenti sono:
1 il superamento dell’articolazione in rubriche e sotto-rubriche del QFP 2014-2020, per cui nella proposta di QFP post 2020 vengono espunte le sotto-rubriche.
2. L’aumento del numero di “rubriche” (headings), che passa dalle cinque del QFP attualmente vigente alle seguenti sette:
• Mercato unico, innovazione e agenda digitale;
• Coesione e valori;
• Risorse naturali e ambiente;
• Migrazioni e gestione delle frontiere;
• Sicurezza e difesa;
• Vicinato e resto del mondo;
• Pubblica Amministrazione Europea.

3. L’introduzione di “contenitori” intermedi (policy cluster) fra le rubriche e i Programmi di spesa. Nel complesso, il QFP è articolato in 7 rubriche di spesa e 17 policy cluster.

Come spiegherò con maggiore dovizia di particolari nel prossimo post, per capire meglio la particolare struttura del “nuovo” Fondo Sociale Europeo Plus (FSE Plus) per il periodo 2021-2027 si deve tenere conto della particolare collocazione di FSE Plus all’interno del QFP 2021-2027.
La nuova rubrica II del QFP 2021-2027 – in cui vengono allocati i Fondi Strutturali e il Fondo di Coesione – è articolata in tre policy cluster, come indica la tavola sinottica che segue. Si noti che FSE Plus non è allocato nel policy cluster 5 “Sviluppo regionale e coesione”, bensì nel policy cluster 7 “Investire nelle persone, nella coesione sociale e nei valori”. [3]
Come ricordavo nel post del 10 ottobre scorso, il Fondo Sociale Europeo, sin da quando è stata introdotta, a fine anni Novanta, la c.d. Strategia Europea per l’Occupazione (SEO), da un lato è uno strumento cardine della politica di coesione dell’UE e, dall’altro, è il principale strumento delle politiche del lavoro e per l’inclusione sociale.
La collocazione di FSE Plus nel policy cluster 7 della proposta di QFP post 2020 denota una cesura sempre più evidente fra programmazione degli interventi a favore delle regioni in ritardo di sviluppo cofinanziati dal FESR e interventi cofinanziati da FSE Plus.
In sostanza, la politica di coesione impostata a fine anni Ottanta dall’allora presidente della Commissione Europea Jacques Delors come una autentica politica territoriale, con le proposte di regolamento del 2018 è sempre più un insieme di politiche squisitamente settoriali:
• il FESR copre certi ambiti di policy (infrastrutturazione materiale e immateriale dei territori, tutela ambientale e sostegno ai sistemi produttivi);
• il “nuovo” FSE Plus copre in sostanza gli interventi a finalità sociale in senso lato delle politiche di sviluppo strutturale post 2020 dell’UE.
Non a caso, nel QFP post 2020 e nelle proposte di regolamento sui Fondi Strutturali 2021-2027 avanzate dalla Commissione il 29 e il 30 maggio 2018:
1. il “nuovo” FSE Plus viene inserito nello stesso policy cluster con altri strumenti volti a favorire la qualità della vita in senso lato (i programmi Erasmus Plus e Cultura) e la coesione sociale (i programmi Corpo Europeo di Solidarietà e Giustizia, diritti e valori).
Inoltre, come spiegherò meglio nel prossimo post, esso riunirà diverse tipologie di intervento della programmazione 2014–2020 a sostegno dell’occupazione, della mobilità professionale e dell’inclusione sociale, attuate dalla Commissione e dagli Stati Membri in parte in regime di “gestione diretta” e di “gestione indiretta” e in parte tramite la “gestione concorrente” che caratterizza i Fondi Strutturali; [4]
2. per FSE Plus vengono disposti due rilevanti indirizzi politici di fondo:
• il “nuovo” FSE Plus sarà lo strumento cardine per l’attuazione del c.d. Pilastro Europeo dei Diritti Sociali, che è stato lanciato dalla UE nel 2017 per rafforzare la dimensione sociale del processo di integrazione comunitario. Esso si fonda su una strategia multidimensionale imperniata su 3 ambiti generali di intervento – (i) pari opportunità e accesso al mercato del lavoro; (ii) condizioni di lavoro eque; (iii) protezione ed inclusione sociale – e 20 principi e diritti fondamentali; [5]
• un più forte ancoraggio delle strategie/interventi cofinanziati alle priorità occupazionali e sociali contenute nei Programmi Nazionali di Riforma elaborati ogni anno dagli Stati Membri nell’ambito del c.d. “semestre europeo” (si veda l’art. 7 della proposta di regolamento su FSE Plus). [6]

Mi pare che vi siano due aspetti che, nell’ambito del negoziato e, a livello italiano, nell’ambito del percorso partenariale di formulazione del nuovo Accordo di Partenariato, dovrebbero essere oggetto di maggiore attenzione:
• la valutazione di quanto siano condivisibili (o meno) le ragioni alla base della formulazione del “nuovo” FSE Plus come “programma quadro” che riunisce diverse linee di finanziamento della programmazione 2014-2020;
• la valutazione di quali siano le conseguenze (positive e negative) sul processo di programmazione – a livello di Amministrazioni centrali e di Regioni – degli interventi cofinanziati dal FSE Plus, a fronte da un lato del rafforzamento della sua finalizzazione “sociale” e, dall’altro, del suo ancor più forte ancoraggio agli indirizzi dell’UE in materia di buona gestione delle finanze pubbliche e di coordinamento multilaterale delle politiche fiscali degli Stati Membri.

La mia impressione è che, fin qui, il percorso partenariale nazionale di definizione dell’Accordo di Partenariato 2021-2027 non abbia tenuto adeguatamente in considerazione questi aspetti e, soprattutto, il fatto che il “nuovo” FSE Plus sul piano politico è molto di più che una semplice evoluzione del FSE come conosciuto finora.

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Immagine ex Pixabay

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[1] European Commission (2018), A modern budget for a Union that protects, empowers and defends, COM (2018) 321 final, Brussels 2.05.2018
[2] Nelle scorse settimane la Commissione ha elaborato dei nuovi documenti tecnici che, de facto, aggiornano lo stato dell’arte del negoziato sul Quadro Finanziario Pluriennale 2021-2027 dell’UE e sui fondi post 2020, negoziato sempre più tortuoso sia per i conflitti fra gli Stati Membri, sia per il ritardo con cui si insedierà la nuova Commissione. Al seguente link disponibili i documenti tecnici aggiornati. Fra questi merita una menzione specifica il “Technical briefing on EU’s next long-term budget” che, inter alia, propone una stima sul contributo al bilancio pluriennale dell’UE dei vari Stati Membri.
https://ec.europa.eu/info/publications/technical-briefing-eus-next-long-term-budget_en
[3] Per un inquadramento critico del QFP 2021-2027 e delle proposte di regolamento sulla politica di coesione post 2020, vorrei suggerire il mio contributo: Bonetti A. (2018); Riflessioni preliminari sull’architettura strategica dei Fondi Strutturali nella programmazione 2021-2027; Centro Studi Funds for Reforms Lab; Policy Brief 6/2018.
[4] Nel FSE Plus verranno fatti confluire:
• il Programma quadro per l’occupazione e l’innovazione sociale (indicato con l’acronimo EaSI – Employment and Social Innovation);
• il Programma per la salute 2014-2020;
• il Fondo Sociale Europeo (FSE);
• l’Iniziativa europea a favore dell’occupazione giovanile (indicata con l’acronimo YEI – Youth Employment Initiative), anche nota come ‘Garanzia Giovani’;
• il Fondo di aiuti europei agli indigenti (indicato con l’acronimo FEAD – Fund for the European Aid to the most Deprived).
[5] Il Pilastro Europeo dei Diritti Sociali è stato introdotto tramite due documenti giuridici di contenuto analogo:
• una Raccomandazione avanzata dalla Commissione Juncker;
• una proposta di proclamazione congiunta del Parlamento Europeo, del Consiglio e della Commissione.
Le tre istituzioni cardine dell’UE hanno poi sottoscritto la proposta di proclamazione nel corso del “Social Summit for Fair Jobs and Growth” che si è tenuto a Göteborg nel novembre 2017.
[6] Il “semestre europeo” è il processo di controllo multilaterale dell’andamento macroeconomico e delle condizioni di stabilità delle finanze pubbliche degli Stati Membri (è stato varato nel 2010). Esso è finalizzato, in primo luogo, a migliorare il coordinamento delle politiche economiche e garantire un ambiente macroeconomico stabile.
Il “semestre” in questione sarebbe il primo dell’anno, ma in realtà questo processo si snoda su un arco di tempo che va, come minimo, da novembre dell’anno precedente (mese in cui la Commissione pubblica una “Analisi Annuale della Crescita”, in cui a fianco dell’analisi dell’andamento economico in Europa, trova spazio un autorevole parere della Commissione sulle priorità economiche e sociali dell’UE per l’anno successivo, parere di cui tutti gli stati dovrebbero tener conto) al mese di luglio dell’anno di riferimento, quando vengono emanate le Country Specific Recommendations del Consiglio.
Il processo, alquanto complesso, è ben spiegato sul sito istituzionale del Consiglio.
Nel mese di aprile (preferibilmente entro metà aprile), tutti gli Stati sono tenuti a presentare:
• il Programma di Stabilità e di Convergenza in cui formulano la loro strategia di medio termine volta a garantire la sostenibilità delle finanze pubbliche;
• il Programma Nazionale di Riforma (PNR) in cui delineano gli interventi di riforma strutturale, con particolare riguardo alla promozione della competitività, della crescita economica e dell’occupazione.

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