Come accennavo nel precedente post del 15 Gennaio scorso, il Project Cycle Management (PCM) è un approccio volto a presidiare l’intero ciclo di vita del progetto.
Il PCM, di fatto, ricalca le c.d. “aree di processo” delineate dal Project Management Institute (PMI) nelle varie edizioni della guida più utilizzata al mondo sul Project Management (PM), ossia A Guide to the Project Management Body Of Knowledge (PMBOK). [1]
L’aspetto da evidenziare è che la guida in questione e le “aree di processo” da questa ampiamente illustrate sono riferite in primo luogo a:
• organizzazioni commerciali;
• progetti in ambito industriale e nei settori della difesa e dell’aerospazio.
Stante il fatto che questo tipo di progetti deve ovviamente raccogliere il favore dei destinatari finali, il PCM, come introdotto dalla Commissione Europea nel 1992, è un approccio pensato per i progetti in generale (e quindi anche per quelli di sviluppo socio-economico).
Pertanto, mentre nella Guida del PMI vi è una ossessiva attenzione sul “controllo” (monitoraggio) dei processi e sulla valutazione dei “risultati interni”, in genere il PCM presta più attenzione ai “risultati esterni” e, quindi, alla valutazione degli impatti dei progetti sulle “capacità” e sulle condizioni di vita dei destinatari finali.
Il monitoraggio interno sull’attuazione del progetto si concentra su quello che nei Regolamenti comunitari sui finanziamenti dell’UE e nelle relative Linee Guida viene in genere indicato come “principio di Economia, Efficacia ed Efficienza” (vedi figura 1).
Figura 1 – Principio di Economia, Efficacia ed Efficienza dei fondi dell’UE
Per economia si intende la capacità dei responsabili di progetto di reperire le risorse fisiche e umane disponibili al momento opportuno, nella quantità e qualità necessarie e acquisendole al miglior prezzo possibile.
L’efficacia concerne la capacità di un progetto di raggiungere effettivamente il gruppo target di un progetto e di raggiungere gli obiettivi quantificati di realizzazione e di risultato.
L’efficienza concerne la capacità del progetto di realizzare le attività minimizzando l’impiego di risorse (in altri termini, concerne la capacità di incrementare la produttività delle risorse fisiche e di minimizzare e i costi complessivi).
L’approccio Earned Value Management consente di avere, in itinere, un cruscotto di monitoraggio sia sull’avanzamento fisico del progetto (realizzazione fisiche e quantità di risorse impiegate), sia sul suo avanzamento finanziario (si veda la figura 2).
Questo in quanto non si limita a considerare gli scostamenti nei costi rilevati in corso d’opera, o quelli nelle realizzazioni fisiche, ma prende in considerazione simultaneamente tutti gli aspetti del c.d. “triangolo di Dempster” (v. figura 3) sul c.d. “triple constraint” dei progetti:
• portata del progetto (scope), ossia insieme di attività e di realizzazioni fisiche previse dal progetto;
• durata e piano temporale di attività (schedule);
• risorse finanziarie disponibili (cost). [2]
Figura 2 – Analisi di efficacia e di efficienza dei progetti ed Earned Value Management
Applicata in corso d’opera consente parimenti di fare previsioni su possibili ritardi nell’esecuzione e completamento di un dato progetto e/o su aumenti dei costi complessivi del progetto.
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[1] La Guida del PMI – A Guide to the Project Management Body Of Knowledge (PMBOK) – progressivamente perfezionata dal Project Management Institute (PMI) a partire dagli anni Ottanta, individua a pagina 6 dell’edizione del 2000 cinque “aree di processo” (fasi di attività) di un progetto:
• avvio (initiating);
• pianificazione (planning);
• esecuzione (executing);
• controllo (control);
• chiusura (closing).
[2] Per quanto possa essere complesso, secondo molto esperti, un progetto può essere sintetizzato con i tre elementi del c.d. “triple constraint” dei progetti (la portata del progetto, una durata temporale definita e un budget finanziario), noto nella letteratura anche come “triangolo di Dempster” (si veda la figura 3).
Arthur Penland Dempster, professore emerito di matematica e statistica alla Harvard University, enfatizzava appunto questi tre aspetti – attività da realizzare e deliverable del progetto realizzate secondo i requisiti richiesti da beneficiari e/o sponsor, costi e durata definita – quali elementi-cardine di un progetto efficace e di qualità, rappresentabili come lati di un triangolo.
Figura 3 – Il “triple constraint” dei progetti