Agenda urbana europea: l’attuazione in Italia e l’assenza nel dibattito del tema del legame fra città e aree rurali

Potrei dirti di quanti gradini sono le vie fatte a scale
Di che sesto sono gli archi dei porticati…
Ma so già che sarebbe come non dirti nulla
Non di questo è fatta la città, ma di relazioni.
Italo Calvino “Le città invisibili”

Il recente Consiglio informale dei Ministri dei Paesi dell’UE responsabili per le questioni regionali e urbane sulla c.d. “agenda urbana europea” (tenutosi ad Amsterdam il 30 maggio scorso) offre lo spunto per presentare brevemente il Programma Operativo Nazionale Città Metropolitane 2014-2020 ed evidenziare alcuni limiti della declinazione italiana – proposta nell’Accordo di Partenariato e nello stesso PON – dell’agenda urbana europea.

Come si può osservare nello schema che segue, il principale strumento per attuare l’agenda urbana è proprio il PON Città Metropolitane 2014-2020 (“PON Metro”) che, indirettamente, avrà una funzione servente importante sia rispetto alla attuazione della riforma ex L. 56/2014 (“riforma Del Rio”), sia rispetto alla formulazione dei Piani Strategici Metropolitani (piani triennali di cui si dovranno dotare le Città Metropolitane ai sensi della L. 56/2014). Il PON, gestito dell’Agenzia per la Coesione Territoriale in coordinamento con le “autorità urbane”, interessa infatti le 14 Città Metropolitane istituite dalla “Legge Del Rio” [1].

Figura 1 – Principali finanziamenti per l’attuazione dell’agenda urbana

Agenda urbana_Fondi_post 5 giugno 2016

Il PON Città Metropolitane prevede interventi nei settori dell’agenda digitale, della mobilità sostenibile, del disagio abitativo e dell‘inclusione sociale (i quattro Assi operativi a cui si aggiunge l’Asse di assistenza tecnica). [2]
Questo PON, quindi, costituisce un importante tassello per completare un dibattito che in Italia è troppo ancorato alla “digitalizzazione” delle città e dei servizi pubblici locali (in primo luogo quelli di trasporto), quando invece l’agenda urbana europea annovera un ampio spettro di tematiche. Il c.d. “Patto di Amsterdam”, ratificato dal Consiglio informale dei Ministri del 30 maggio scorso, non a caso, richiede lo sviluppo di 12 partenariati che si occuperanno di altrettante aree tematiche prioritarie per lo sviluppo delle aree urbane, ossia: 1) integrazione dei migranti e dei rifugiati, 2) qualità dell’aria, 3) povertà urbana, 4) alloggi, 5) economia circolare, 6) posti di lavoro e competenze professionali nell’economia locale, 7) adattamento ai cambiamenti climatici, 8) transizione energetica, 9) uso sostenibile del territorio e soluzioni fondate sulla natura, 10) mobilità urbana, 11) transizione digitale, 12) appalti pubblici innovativi e responsabili.

vienna-1154998_640Di conseguenza, il PON presenta rilevanti sinergie potenziali con:

  • un altro PON che interessa l’intero territorio nazionale, ossia il PON “Inclusione sociale”, PON di cui è Autorità di gestione il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali;
  • un Programma Nazionale – il PN FAMI – che riguarda, tuttavia, un fondo non incluso fra i Fondi Strutturali e di Investimento Europeo (Fondi SIE), ossia il Fondo Asilo, Migrazione e Integrazione (FAMI), che sostiene gli interventi degli Stati Membri per l’accoglienza dei migranti e dei richiedenti asilo. Per questo Fondo, di fatto, si applica il metodo di gestione “concorrente” fra Commissione Europea e Stati Membri. I finanziamenti del FAMI, in Italia, sono gestiti dal Ministero dell’Interno tramite appunto il PN FAMI.

Nonostante il PON Città Metropolitane, fortunatamente, vada oltre il dibattito italiano sulle smart cities, vi è un aspetto dell’agenda urbana europea che continua ad essere trascurato ed è quello indicato dal “Patto di Amsterdam” come “uso sostenibile del territorio e soluzioni fondate sulla natura”.
Quantunque in molte città italiane vengano portati avanti progetti innovativi per un uso più “smart” degli spazi fisici e si registri una crescente diffusione di orti urbani, nel dibattito italiano e nello stesso PON Città Metropolitane vi è scarsa attenzione per il legame fra aree rurali e aree urbane.
Questa è una criticità non da poco se consideriamo che il PON interessa appunto delle aree vaste (città metropolitane) e non il territorio di un solo Comune. [3].
Il legame fra aree urbane e aree rurali, sfortunatamente, appare ampiamente trascurato anche nei Programmi di Sviluppo Rurale (PSR) regionali, sulla cui struttura rinvio al post “La struttura dei PSR regionali 2014-2020” del 10 maggio scorso e alla Nota 7/2016 “I finanziamenti dell’UE per lo sviluppo rurale”, disponbile sull’area Open Library di questo blog. In particolare appare evidente una certa miopia dei decisori pubblici, ai vari livelli di governo, nel delineare una strategia specifica settata su questo tema attraverso la Misura 7 “Servizi di base e rinnovamento dei villaggi nelle aree rurali” dei PSR, che è la Misura specificamente finalizzata a sostenere gli Enti Locali nella fornitura di servizi pubblici essenziali e di servizi per la qualità della vita nelle aree rurali.
La Misura, infatti, elenca un nutrito novero di possibili “operazioni” ammissibili a beneficio, ma non fornisce alcun orientamento nel senso di valorizzare tali “operazioni” verso la costruzione di legami più equilibrati e funzionali fra città (piccole e grandi) ed aree rurali. [4]

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[1] L’agenda urbana per la programmazione in corso è ampiamente tratteggiata nell’Accordo di Partenariato e, fondamentalmente, interesserà:
• le 10 città metropolitane stabilite con legge nazionale (Genova, Torino, Milano, Venezia, Firenze, Bologna, Roma, Napoli, Bari, Reggio Calabria) e le 4 città metropolitane individuate dalle Regioni a Statuto speciale (Cagliari, Catania, Messina e Palermo), per le quali interverrà il Programma Operativo Nazionale Città Metropolitane (PON “Metro”),
• le città medie e i poli urbani regionali (in primo luogo capoluoghi di provincia e di regione), che beneficeranno dei POR regionali cofinanziati dal FESR e dal FSE.

[2] ll PON è stato approvato dalla Commissione Europea il 14 Luglio 2015 ed è ancora nella sua fase di avvio operativo.
Il PON è finanziato sia dal FESR, sia dal FSE. La dotazione finanziaria complessiva ammonta a circa 892,9 Mln di Euro, di cui circa 304 costituiscono il cofinanziamento nazionale. La quota maggiore delle risorse (oltre il 35%) è allocata sull’Asse 2 “Sostenibilità urbana”.
Sarà molto importante per gli EE.LL. italiani anche valorizzare delle specifiche iniziative dell’UE, cofinanziate dal Fondo Europeo di Sviluppo Regionale (FESR) che interessano le aree urbane, in particolare URBACT e Urban Innovative Actions, in merito alle quali rimando al post “Interreg Europe: the second call for proposals in a nutshelldel 10 marzo u.s.

A livello nazionale si ricorda che l’art. 1, commi 974 – 978 della Legge 208/2015 (legge di stabilità per il 2016) ha introdotto una nuova forma di intervento per la riqualificazione urbana: il “Programma straordinario di intervento per la riqualificazione urbana e la sicurezza delle periferie delle città metropolitane e dei comuni capoluogo di provincia”, per il quale sono stati stanziati 500 Milioni di Euro per l’anno in corso.

[3] Le 14 città metropolitane beneficiarie del Programma hanno sovente un territorio così vasto che l’intero PON interessa ben 1.357 Comuni, per un totale di circa 22 milioni di abitanti interessati dal PON.
[4] Su questi aspetti avrò il piacere di tenere una docenza di due giorni presso il CEIDA di Roma il 20 e 21 giugno. Per maggiori informazioni si veda il programma didattico del Corso “La programmazione dei fondi europei nel Lazio: le opportunità per gli Enti Locali”.

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