«Invece di dare al popolo sacerdoti, soldati e maestri,
sarebbe opportuno sapere se non stia morendo di fame»
Lev Tolstoj (1828 – 1910) [1]
Incentivi alle imprese e Strumenti Finanziari
Nella programmazione 2021-207 dei Fondi Strutturali è destinato a crescere ulteriormente l’uso degli Strumenti Finanziari per dare corso a interventi di sostegno alle imprese, sia nell’ambito dell’Obiettivo Specifico (OS) 1.1 Ricerca e Innovazione, sia nell’ambito dell’OS 1.3 Competitività delle PMI dei Programmi Regionali (PR) FESR.
Gli Strumenti Finanziari (indicati in precedenza come “strumenti di ingegneria finanziaria”) si caratterizzano per le seguenti peculiarità:
• sono strumenti di aiuto temporaneo (vanno restituiti) e, appunto per questo, a fecondità ripetuta (in linea teorica potrebbero essere riutilizzati più volte, per cui vengono indicati come fondi “rotativi”). Si tratta, infatti, di finanziamenti “rotativi” da restituire dopo un certo arco di tempo secondo termini concordati. Questo significa che se un Euro di una sovvenzione – aiuto tradizionale o “grant” – può essere usato una sola volta, un Euro di un “aiuto rimborsabile” potenzialmente potrebbe alimentare i circuiti finanziari più volte;
• sono potenzialmente in grado di produrre un “effetto leva” (“effetto moltiplicatore”) su altre risorse pubbliche e su risorse private fino al livello del beneficiario finale;
• richiedono l’intervento di intermediari finanziari specializzati (e, quindi, anche l’esecuzione di attività di istruttoria non sempre richieste per gli aiuti tradizionali), i quali, in linea di principio, oltre ad erogare i contributi, potrebbero anche essere propensi a fornire un supporto consulenziale ai beneficiari. [2]
È intuitivo che la natura rotativa di tali forme di sostegno le rendono particolarmente interessanti per la Commissione Europea ed anche per altre Istituzioni impegnate nell’attuazione di politiche di sviluppo cofinanziate dai Fondi dell’UE, rispetto agli aiuti tradizionali (contributi a fondo perduto) che non debbono essere restituiti dai beneficiari (si veda la figura 1 che richiama, molto molto sinteticamente, le principali forme di sostegno alle imprese che comportano un’alimentazione diretta dei flussi finanziari e, quindi, non considerano altre forme di sostegno che implicano altri vantaggi economici per le imprese beneficiarie, quali i crediti di imposta, la fornitura di garanzie reali per favorire l’accesso al credito delle imprese o anche la messa a disposizione di aspiranti imprenditori o start-up costituite da poco di incubatori e/o acceleratori). Al tempo stesso, va anche considerato che l’uso degli Strumenti Finanziari è sottoposto a vari vincoli che rendono piuttosto farraginosi sia la loro gestione, sia il loro monitoraggio. [3]
Figura 1 – Le principali forme di sostegno diretto alle imprese
Sia per le difficoltà di gestione e monitoraggio degli Strumenti Finanziari (SF), sia per una certa ritrosia delle imprese produttive a fruire di queste forme di sostegno, a fronte della possibilità di ricorrere a contributi a fondo perduto e/o a forme semi-automatiche quali il credito di imposta, impone una riflessione sulla circostanza che per gli operatori pubblici il ricorso agli SF – e , più in generale, gli aiuti alle imprese – potrebbero avere un diverso “pay off” a seconda della tipologia di beneficiari.
In altri termini, la scelta di ricorrere o meno agli SF – come accennavo già nel post del 20 Agosto scorso – andrebbe tarata sulla scorta di una stima a priori di costi e benefici del ricorso agli SF, effettuata in base a diversi parametri che riguardano direttamente i potenziali beneficiari.
Dimensioni operative delle imprese, progetti di investimento e “pay off” degli incentivi
I parametri in base ai quali si potrebbe cercare di delineare una bussola orientativa di ordine generale per individuare le imprese su cui “scommettere” per rilanciare solidità e competitività di un dato sistema produttivo sono molteplici.
Semplificando molto l’approccio, si potrebbe individuare un parametro che, di per sé, fornisce diverse possibili indicazioni sul comportamento strategico delle imprese. Si tratta della dimensione di impresa. È ben noto, infatti, che una dimensione operativa molto contenuta, in genere, fa il paio con una gestione poco sofisticata delle attività (caratterizzata dall’ossessiva ricerca del contenimento dei costi e da una scarsa attenzione per le strategie di marketing) e condiziona sia la capacità delle imprese di condurre attività di ricerca e di innovazione sistemiche, sia le stesse scelte di finanziamento (ad esempio è ampiamente risaputo che uno dei vincoli maggiori che incontrano le Micro Imprese è l’accesso al credito). [4]
Un altro parametro che i programmatori possono prendere in considerazione per darsi una bussola sul ricorso o meno agli SF è costituito dalla innovatività dei progetti. Questa può essere definita in vari modi, ma trattando in questo post di politica industriale e competitività dei sistemi produttivi, si potrebbe considerare quale utile misura dell’innovatività dei progetti di ricerca e innovazione delle imprese e di altri progetti la scala “Technology Readiness Level” (TRL). [5] In questo breve contributo, comunque, si adotta una definizione generica di innovatività, suddivisa in bassa ed elevata.
Se si prendono come termini di riferimento questi due parametri, si può elaborare una tabella in quattro quadranti, definita considerando in particolare due categorie di imprese:
• Micro Imprese (quelle, per semplicità, con un numero di dipendenti effettivi inferiore a 10);
• Altre PMI (quelle, per semplicità, con un numero di dipendenti effettivi che va da 10 a 250).
In questa sede non si prendono in considerazione le Grandi Imprese, sia per il fatto che il loro numero assoluto in Italia è davvero modesto, sia per non complicare troppo analisi e tabella dei quadranti di scelta. Ma ovviamente si può anche inserire una colonna con le Grandi Imprese e rendere più articolato e realistico lo schema di analisi.
In altri termini, se si considerano i due parametri dimensione di impresa (distinguendo le Micro Imprese dalle altre PMI) e innovatività – bassa e alta – dei progetti di investimento che sono in grado di proporre (innovatività che si presume dovrebbe essere, in genere, più elevata per quelle attive in settori high-tech) si possono individuare quattro quadranti di una tabella a doppia entrata (“zone”) utili per mappare cluster di imprese rispetto ai quali stimare a priori la potenziale efficacia degli aiuti alle imprese.
Come si evince dalla tabella riportata in forma grafica nella figura 2, in relazione a ciascuno dei quattro quadranti si possono definire, a priori, delle scelte ben definite in merito a:
• ricorso agli SF;
• “pay off” degli aiuti erogati alle imprese per i decisori pubblici (da intendersi come efficacia degli interventi di sostegno nel medio-termine, con conseguente effetti positivi anche sulla credibilità di quei decisori e sul loro consenso politico-elettorale).
Figura 2 – Una bussola di orientamento per la scelta delle forme di sostegno alle imprese
(basata su dimensione di impresa e innovatività dei progetti)
In generale le Micro Imprese e le imprese meno orientate all’innovazione sono anche quelle che sono meno propense a utilizzare forme di incentivazione diverse da quelle tradizionali. L’uso degli SF, quindi, appare poco proponibile per sostenere Micro Imprese che si collocano nel quadrante “kill zone”, mentre può essere preso in considerazione per quelle del quadrante “comfort zone”.
Ancor più utili sono alcune riflessioni che si possono fare sul “pay off” degli interventi di sostegno – siano essi sovvenzioni tradizionali o SF – nei quattro quadranti.
Questo “pay off” dovrebbe essere soddisfacente nel caso si intervenga per sostenere imprese che si collocano nel quadrante “comfort zone”, trattandosi di imprese di dimensione intermedia che, in passato, hanno dimostrato di essere in grado di sostenere processi innovativi e di proporre domande di sostegno ancorate a progetti di soddisfacente innovatività.
Il “pay off” è più aleatorio e potrebbe essere meno soddisfacente per quelle che nella tabella vengono indicate come “zona di mantenimento” e “zona di espansione”. I motivi per cui gli effetti di medio termine degli incentivi per le imprese di questi due quadranti sono più incerti sono diversi:
• nella “zona di mantenimento” si collocano imprese di medie dimensioni e, in genere, con una posizione di mercato consolidata, ma che o dimostrano una modesta propensione all’innovazione o non riescono a proporre progetti realmente innovativi. Gli incentivi, quindi, in linea di principio dovrebbero avere effetti positivi sulla solidità complessiva della base produttiva, ma vi è il rischio che non consentano di conseguire un deciso salto di competitività delle imprese beneficiarie e dell’intero apparato produttivo;
• nella “zona di espansione” si collocano Micro Imprese che si caratterizzano per il fatto di essere attive in settori high-tech e/o per la capacità di proporre progetti di investimento innovativi. In linea di principio, la scelta dei decisori politici di sostenere queste imprese potrebbe sortire effetti rilevanti sulla competitività del sistema produttivo, ma si tratta di una scelta un po’ rischiosa, in quanto le imprese che si collocano in questo quadrante sono, in genere, Micro Imprese di recente costituzione – ed è ampiamente assodato, sulla base di molteplici indagini internazionali, che il rischio di chiusura è molto elevato fino alla fatidica soglia dei tre anni di attività – e che, paradossalmente, proprio per il fatto di operare in settori high-tech sono maggiormente esposte a più elevati rischi di registrare repentine battute di arresto del processo di crescita determinate dall’incessante cambiamento tecnologico e dei modelli di business (le Micro Imprese che operano in settori tradizionali sono meno esposte ai rischi del continuo cambiamento tecnico-scientifico e tendono a perdere competitività lentamente; invece quelle impegnate in settori high-tech sono maggiormente esposte al rischio dell’avvento, anche molto rapido, di nuove dinamiche tecnologiche che destabilizzano il loro mercato e ne minano competitività relativa e possibilità di sopravvivenza).
Il quadrante “kill zone” è così definito sia per il fatto che vi si possono includere imprese che, sovente, si collocano ai margini del mercato e, quindi, sono fortemente esposte al rischio di trovarsi risucchiate in autentiche “crisi aziendali”, sia per il fatto che l’intervento avrebbe effetti marginali sulla capacità di stare sul mercato di queste imprese e, peggio ancora, sulla competitività dell’intero sistema produttivo (il “pay off” in termini di efficacia delle azioni di sostegno potrebbe essere nullo o molto modesto).
Per i decisori politici è assolutamente un rebus se intervenire o meno a sostegno di imprese di fatto fuori mercato (“imprese zombie”) o di imprese che appena riescono a sopravvivere garantendo una redditività modesta ai titolari e, detto in tutta franchezza, condizioni precarie e incerte di lavoro ai pochi dipendenti, del quadrante “kill zone”.
I principali motivi che, generalmente, giustificano interventi a sostegno di Micro Imprese decotte o dalla redditività molto modesta di questo quadrante sono sostanzialmente tre:
• la volontà di tutelare l’occupazione dei lavoratori di queste Micro Imprese marginali, i quali sovente sono in possesso di competenze idiosincratiche difficilmente spendibili in altri settori e/o in altre mansioni lavorative, o peggio ancora sono lavoratori con competenze generali deboli e/o alquanto avanti nell’età (in sostanza l’intervento di sostegno avrebbe un’efficacia di fatto nulla in termini di consolidamento della competitività del sistema produttivo, ma avrebbe effetti positivi, almeno nel breve termine, sui livelli occupazionali e sulla coesione sociale di una data area);
• la capacità di gruppi di pressione organizzati consolidati (e anche poco lungimiranti) di indirizzare la scelta dei decisori politici (in altri termini, il policy maker finirebbe con il sostenere delle “categorie” di operatori datoriali e altri gruppi di pressione e non, come sarebbe desiderabile, determinate “categorie” di imprese);
• la volontà dei decisori politici di privilegiare gli obiettivi personali di carriera politica rispetto a quelli collettivi. In altri termini, la scelta dei policy maker di sostenere imprese di fatto fuori mercato o molto deboli sarebbe solo dettata dalla volontà di alimentare con interventi di sostegno “a pioggia” – anche a favore di unità produttive debolissime – la loro costituency politico-elettorale.
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[1] Il 9 Settembre 1828 nasceva Lev TOLSTOJ, scrittore e saggista fra i più grandi dell’Ottocento. Si ricordano, in particolare, “Anna Karenina” e “Guerra e Pace”.
[2] Quando si ragiona sugli “strumenti attuativi” il principale termine di riferimento non può che essere la tabella 2 dell’Allegato I al Reg. (UE) 2021/1060 (Regolamento sulle Disposizioni Comuni sui Fondi Strutturali 2021-2027) che riporta i “codici” relativi alla dimensione “forma di finanziamento”:
01 – Sovvenzione.
02 – Sostegno mediante Strumenti Finanziari: azionario o quasi-azionario.
03 – Sostegno mediante Strumenti Finanziari: prestito.
04 – Sostegno mediante Strumenti Finanziari: garanzia.
05 – Sostegno mediante Strumenti Finanziari: sostegno ausiliario.
06 – Premio.
[3] Sulle difficoltà di gestione e di monitoraggio di tali forme di sostegno si vedano le varie edizioni del Rapporto sugli Strumenti Finanziari (SF), rilasciato periodicamente dall’Agenzia per la Coesione Territoriale.
Nel periodo 2021-2027 gli SF sono disciplinati dal Capo II Sezione II del Titolo V “Sostegno finanziario fornito dai Fondi” del Reg. (UE) 2021/1060 (artt. 58-62).
[4] I parametri da prendere in considerazione per distinguere in termini dimensionali le imprese sono:
• numero di dipendenti effettivi, che va calcolato in termini di Unità di Lavoro Anno (ULA);
• fatturato (da intendersi puntualmente come voce A1 del Conto Economico, come definito dal Codice Civile);
• totale di bilancio (da intendersi come totale dell’Attivo dello Stato Patrimoniale, come rilevabile dall’ultimo bilancio depositato).
La Raccomandazione della Commissione Europea 2003/361/CE – recepita in Italia con il Decreto Ministeriale n. 18/2005 – identifica tre categorie di imprese in base ai parametri di cui sopra: la micro, la piccola e la media impresa (i due parametri finanziari del fatturato annuo e del bilancio totale annuo sono alternativi).
La categoria Micro Impresa include imprese che:
• hanno meno di 10 dipendenti effettivi;
• hanno un fatturato annuo, oppure un bilancio totale annuo, non superiore a 2 milioni di Euro.
La categoria Piccola Impresa include da imprese che:
• hanno meno di 50 dipendenti effettivi;
• hanno un fatturato annuo, oppure un totale di bilancio annuo, non superiore a 10 milioni di Euro.
La categoria Media Impresa infine, raccoglie tutte quelle imprese che:
• hanno meno di 250 occupati;
• hanno un fatturato annuo non superiore a 50 milioni di euro, oppure un totale di bilancio annuo non superiore a 43 milioni di euro.
Un’altra variabile rilevante per classificare ulteriormente le imprese è certamente quella inerente al settore di attività economica o alla filiera produttiva (quella agro-alimentare, quella della componentistica per automotive, o altre) in cui operano.
Si possono poi considerare ulteriori classificazioni che possono prendere in considerazione:
• la loro collocazione o meno in aree di crisi;
• la loro genesi quali start-up innovative (ex D.L. 179/2012) da non oltre 36 o 48 mesi;
• la loro appartenenza al raggruppamento delle PMI innovative, come definite del D.L. 3/2015.
[5] TRL si può tradurre con Livello di Maturità Tecnologica e, di fatto, rappresenta una scala scientifico-tecnologica di riferimento per la valutazione del grado di maturità di una determinata tecnologia. Si articola in 9 livelli che procedono in crescendo dal primo (principi fisici osservati) all’ultimo, che comprende la prima produzione. In modo schematico possiamo riassumerli così:
1. Principi di base osservati (ricerca di base)
2. Concetto della tecnologia formulato
3. Prova sperimentale del concetto
4. Validazione in laboratorio del concetto
5. Validazione della tecnologia nell’ambiente rilevante
6. Dimostrazione nell’ambiente rilevante
7. Dimostrazione nell’ambiente operativo
8. Sistema completo e qualificato
9. Sistema ormai finito e perfettamente funzionante in ambiente reale (prima produzione)
Qui si riporta la scala di TRL come definita dalla Commissione Europea nel documento HORIZON 2020 – WORK PROGRAMME 2018-2020 General Annexes, Extract from Part 19 – EC Decision C(2017)7124.
Il livello TRL 9 identifica una prova funzionale con tecnologie abilitanti ed applicazione al settore specifico.