«Freedom is the freedom to say
that two and two makes four»
1984 – George Orwell
(June 25, 1903 – January 21, 1950)
1. Come ho evidenziato nei due precedenti post, la formulazione delle Strategie di Sviluppo Locale (SSL) è spesso concettualizzata quasi come un processo “in vitro”, caratterizzato dall’abuso di espressioni quali “approccio dal basso” e “metodi partecipativi”.
2. Nella realtà fattuale, le SSL vengono fortemente condizionate dai vincoli su priorità di policy e su interventi finanziabili stabiliti dagli enti finanziatori e, non meno importante, dai portatori di interesse più forti (gruppi di pressione organizzati). Anche nel caso dell’approccio LEADER, che annovera fra i suoi elementi cardine la formulazione “dal basso” delle Strategie e il coinvolgimento su base paritaria degli stakeholder locali, il rispetto di questi criteri è ampiamente formale e ben poco sostanziale.
3. In questo post tento di spiegare meglio come l’analisi degli stakeholder convenzionale è abbastanza discutibile, in quanto fondata su delle classificazioni di questi solo parzialmente utili e, soprattutto, per il fatto che trascura ampiamente la diversa forza contrattuale dei vari portatori di interessi. [1]
4. Continuando a fare riferimento al manuale di Andrea Stroppiana già richiamato nei precedenti post – Progettare in contesti difficili. Una nuova lettura del Quadro Logico – va evidenziato che vi sono stakeholder non interessati o contrari alla realizzazione di un progetto di cambiamento della situazione corrente. Stroppiana, correttamente, ricorda che un «portatore di interesse [..] è qualcuno che ha interesse al miglioramento o non miglioramento delle condizioni generali dei destinatari del futuro progetto» (v. pag. 39).
Di conseguenza, nelle migliori Linee Guida sulla definizione dei progetti o dei piani di area vasta o negli approcci più seri si evidenzia che «gli stakeholder possono essere “positivi” o “negativi” con atteggiamenti opposti dove i primi supportano il progetto, mentre gli altri creano frazioni o ostacoli alla realizzazione» (Bove A.; Project Management: la metodologia dei 12 step; Hoepli, 2008; p. 68).
5. Personalmente, sarei dell’avviso che sarebbe più corretto non parlare di portatori di interessi “positivi”, bensì di portatori di interessi “potenzialmente positivi” e, quindi, suddividerli in prima istanza nei seguenti due gruppi:
• quelli “potenzialmente positivi”, fra i quali si collocano anche quelli che sono favorevoli al progetto semplicemente per il fatto che vi potrebbero essere sovvenzioni o vantaggi economici anche per loro, ma che terranno un comportamento opportunistico e non faranno nulla per contribuire davvero al successo del progetto (comportamento di rent seeking);
• quelli “negativi”, da definire, più precisamente, “parti lese”, ossia «attori che ricevono un danno dal cambiamento dello status quo» (si veda pag. 44 del manuale di Stroppiana).
Figura 1 – Una prima classificazione degli stakeholder in “potenzialmente positivi” e “parti lese”
6. Fra i portatori di interesse “potenzialmente positivi” che aderiranno alle “coalizioni locali” (questo è il termine usato nell’Accordo di Partenariato 2021-2027 per definire le compagini partenariali che daranno corso alle SSL) si possono annoverare (si veda la figura 2):
• Destinatari diretti e indiretti (ad esempio, fra i destinatari diretti si possono includere persone anziane non autosufficienti che, grazie al progetto, potranno fruire di servizi di assistenza domiciliari aggiuntivi e fra gli indiretti le loro famiglie);
• Parti economiche e sociali;
• Organismi che rappresentano la società civile (organizzazioni senza scopo di lucro, comitati di cittadini e associazioni informali);
• Gate keepers (ossia (i) enti regolatori – Enti istituzionali che presidiano l’attuazione delle norme – (ii) right holders – persone giuridiche o fisiche che hanno la possibilità di esercitare di proprietà o di uso per certi beni o servizi rilevanti per la realizzazione dei progetti – e (iii) media). [2]
Figura 2 – I principali stakeholder “potenzialmente positivi”
7. Manuali e Linee Guida varie sulla formulazione dei progetti di sviluppo socio-economico (e su quella delle SSL) dedicano ampio spazio a diverse possibili classificazioni degli stakeholder, fra le quali spiccano le due seguenti:
• quella incentrata sul grado di influenza sul progetto e sul grado di interesse (elevato o basso) degli stakeholder (ma questa ha, sovente, il difetto di non considerare le “parti lese” che, di fatto, hanno un interesse del tutto negativo per il progetto);
• quella incentrata su vantaggi e contributi da apportare al progetto delineati per ciascuno dei potenziali membri della “coalizione locale”. Il nodo della questione è che questa classificazione – specialmente nel testo ufficiale delle Strategie di Sviluppo Locale – tende sempre a trascurare una chiara identificazione dei rent seekers.
8. A mio avviso le classificazioni appena richiamate dovrebbero sempre muovere da quella riportata nella figura 3, per cui bisogna identificare chiaramente portatori di interesse comuni, gruppi di pressione e rent seekers. Solo una volta identificati questi tre gruppi (avendo sempre ben presente anche la presenza delle “parti lese”), avrà davvero senso elaborare delle matrici che richiamano influenza e interesse per il progetto dei portatori di interesse e analisi di benefici e costi per ciascuno di essi. [3]
Figura 3 – La classificazione fondamentale degli stakeholder
che potranno essere inseriti nelle “coalizioni locali”
[1] I portatori di interesse relativamente più deboli, in questa luce, è bene che siano presenti agli eventi partecipativi per la formulazione di progetti o di piani di area vasta non tanto per incidere rispetto alle scelte strategiche, quanto per avere più elementi informativi per imbastire una strategia difensiva nei confronti di gruppi di pressione e anche dei rent seekers (soggetti che aderiscono al partenariato solo per partecipare alla “spartizione della torta”).
[2] La distinzione fra “parti economiche e sociali” e organizzazioni che rappresentano la società civile è ripresa dal Regolamento attuativo che disciplina il Codice di condotta europea sul partenariato (si veda l’art. 3 del Reg. (UE) 2014/240 della Commissione).
[3] Questo contributo è un “work in progress” elaborato nell’ambito del progetto di ricerca del Centro Studi Funds for Reforms Lab “Politiche di sviluppo locale e approcci partecipativi alla formulazione delle strategie di sviluppo locale nelle aree urbane, rurali e costiere”.