Il post propone delle riflessioni sui “building block” dei progetti di sviluppo da considerare nella fase di formulazione. Nel corso della formulazione sono fondamentali due elementi che appartengono al “nucleo centrale” dei progetti (dimensione strategica e settore di intervento) e due elementi a latere del nucleo centrale (stakeholder da coinvolgere e contesto territoriale). L’analisi del contesto territoriale è importante non solo per capire meglio pertinenza dei progetti rispetto a problemi e bisogni insoddisfatti dei beneficiari (ed anche rispetto ad altri interventi attuati in un dato territorio), ma anche per individuare “pre-condizioni” ed “ipotesi” fondamentali per la riuscita dei progetti (si tratta di fattori su cui non si può intervenire con il progetto e che, in corso d’opera, potrebbero agire o come catalizzatori della sua riuscita, o come autentiche “minacce”).
Author: Antonio Bonetti
Independent advisor on strategic planning, project management and fundraising, with 18 years of professional experience.
La pertinenza “verticale” dei progetti di sviluppo con i fondi europei
Il post evidenzia come dei buoni progetti di sviluppo debbano necessariamente essere caratterizzati da una pertinenza “verticale” (di natura più politica) e da una pertinenza “orizzontale” (di natura più tecnica) molto elevate. Ciò detto, l’accesso o meno ai fondi europei per implementare tali progetti si gioca, fondamentalmente, lungo l’asse verticale della pertinenza (ossia della pertinenza con desiderata e linee di policy degli enti istituzionali sovra-ordinati). Per tutti i progettisti, quindi, il rebus è sempre lo stesso: come conciliare volontà dei soggetti proponenti dei progetti di corrispondere alle domande di intervento della cittadinanza locale e degli operatori economici del territorio e, al tempo stesso, garantire una adeguata coerenza verso l’alto delle strategie di sviluppo con obiettivi e linee di finanziamento delle Istituzioni sovra-ordinate (enti finanziatori).
I termini di riferimento fondamentali della mappatura dei fondi europei
Il post presenta i termini di riferimento essenziali della mappatura dei fondi europei e le attività ineludibili per accedere a questi fondi. Fra queste vi è l’analisi dei vincoli “interni” ed “esterni”. Tale analisi è volta a verificare se la nostra organizzazione è in grado di presentare una proposta di progetto “competitiva” ed anche a valutare prima se l’organizzazione riuscirà poi a gestire il progetto senza rischiare di incorrere in forme di born-out organizzativo e in fasi di stress finanziario.
La mappatura dei fondi europei (per capire a cosa servono davvero; se ci servono e perché ci servono)
I finanziamenti dell’UE sono semplicemente uno strumento per attuare le politiche pubbliche dell’UE. Tutte le organizzazioni dovrebbero avere l’umiltà di accettare l’idea che candidando un progetto per accedere alle sovvenzioni dell’UE, esse si candidano a diventare co-protagoniste dell’attuazione delle politiche europee (siano, quest’ultime, condivisibili o meno).
Quanto sopra implica che, se si vuole che la proposta di progetto venga finanziata, si deve delineare un “quadro logico” di obiettivi del progetto e di azioni assolutamente coerenti con gli obiettivi delle politiche pubbliche europee a cui fa riferimento un dato strumento finanziario dell’UE e/o uno specifico avviso di finanziamento. Questa è l’essenza del concetto di pertinenza “verticale” (mainstreaming “verticale”) dei progetti europei.
Alcune milestones del percorso di accesso ai finanziamenti europei
Tutte le organizzazioni sono perennemente alla ricerca di fonti di finanziamento accessibili e convenienti per alimentare il loro ciclo tecnico-operativo, fra cui i finanziamenti pubblici dell’UE. In merito a questi, il mio parere, già espresso più volte su questo blog, è che per alcune organizzazioni, in una data fase del loro ciclo di vita o per implementare determinati progetti possono essere molto utili. Per altre, invece, potrebbe essere molto più ragionevole, ceteris paribus, ricercare altri strumenti di finanziamento. Inoltre, tutte le organizzazioni dovrebbero delineare un approccio strategico – e non estemporaneo – alla ricerca dei finanziamenti europei. Infine, tutte le organizzazioni, sia in sede di candidatura dei progetti, sia nella fase di gestione di quelli finanziati, dovrebbero seguire un approccio analogo a quello delle aziende commerciali che vogliono acquisire nuovi clienti e/o “curare” quelli consolidati, ossia dovrebbero considerare gli enti finanziatori dei clienti che, grazie al progetto, hanno modo di risolvere dei problemi (problemi di interesse collettivo nel caso di enti finanziatori pubblici).
L’Associazione Centro Studi Funds for Reforms Lab si accinge a cambiare il Consiglio Direttivo: un post-it sulle procedure di rinnovo del Consiglio Direttivo delle associazioni
L’Associazione Centro Studi Funds for Reforms Lab, che ho avuto il piacere di contribuire a fondare nel febbraio 2017, si trova ad affrontare da qui a un mese alcuni cambiamenti importanti dettati dalla necessità di procedere al rinnovo delle cariche. E’ una fase importante, quindi, anche per ripassare alcuni elementi fondamentali per la buona amministrazione di una associazione (non riconosciuta). Il post, quindi, propone un promemoria sui passi da esperire per il rinnovo dei Consigli Direttivi di Associazioni non riconosciute.
Il contributo del Ministero dell’Istruzione al dibattito sull’educazione all’imprenditorialità
Questo articolo muove dalla disamina del contributo del Ministero dell’Istruzione al dibattito sulla c.d. “educazione all’imprenditorialità” (come emerge anche dall’esame di alcuni avvisi di finanziamento del PON “Per la scuola”). L’articolo rimarca che questo contributo, quantunque significativo (anche nella prospettiva di avviare anche in Italia una autentica strategia sulla “educazione all’imprenditorialità”), è comunque caratterizzato dalla tendenza – alquanto diffusa in Italia e presso le scuole – a vedere nei progetti di “educazione all’imprenditorialità” dei percorsi formativi per introdurre i discenti ad obiettivi e modalità del “fare impresa”. In vero, i corsi ed altre iniziative inerenti alla “educazione all’imprenditorialità”, sono orientati non tanto a formare dei potenziali “manager” e a sostenere i processi di creazione di impresa, quanto a sviluppare nei beneficiari una mentalità imprenditoriale (utili in qualsiasi fase della vita e quale che sia l’impiego di un individuo).
La natura multidimensionale dei progetti di educazione all’imprenditorialità
Come evidenziato in precedenti post servirebbe una riflessione più approfondita sui progetti di “educazione all’imprenditorialità” e sui processi di creazione di impresa sostenuti dal Fondo Sociale Europeo (FSE). In particolare, bisognerebbe approfondire meglio due aspetti: (i) la natura multidimensionale dell’educazione all’imprenditorialità (tale forma di educazione, infatti, “lavora” più su attitudini e competenze “orizzontali” dei potenziali neo-imprenditori che non sulle competenze manageriali); (ii) proprio per il fatto che le iniziative di educazione all’imprenditorialità “formano” attitudini e competenze trasversali, andrebbero considerate come propedeutiche alle azioni di sostegno ai processi di creazione di impresa finanziati dal FSE e/o altre da risorse pubbliche.
Una breve presentazione del Centro Studi Funds for Reforms Lab
Il post presenta brevemente l’Associazione culturale Centro Studi Funds for Reforms Lab fondata nel febbraio 2017 sulla scorta della seguente visione: “Vediamo un mondo in cui conoscenza, progresso scientifico e innovazione istituzionale, tecnologica e sociale sono alla portata di tutti e conducono all’aumento delle libertà di scelta di tutti gli individui”.
Educazione all’imprenditorialità e processi di creazione di impresa
In vista della formulazione degli interventi finanziati dal “nuovo” Fondo Sociale Europeo Plus (FSE Plus) nel periodo 2021-2027 servirebbe una riflessione più approfondita sui progetti di “educazione all’imprenditorialità” realizzati all’interno di scuole secondarie di primo grado e di scuole secondarie di secondo grado (siano esse licei, istituti professionali o istituti tecnici).
A livello internazionale, infatti, vi è crescente contezza dell’importanza dei progetti di “educazione all’imprenditorialità” anche all’interno del sistema scolastico. In Italia, tuttavia, si deve prestare più attenzione al fatto che tali progetti non sono tanto orientati al “saper fare”, bensì al “saper essere” e allo sviluppo di attitudini (e non tanto di competenze manageriali) che sono proprie degli imprenditori che sanno innovare e creare nuovi mercati. In effetti, la “educazione all’imprenditorialità” rivolta ai giovani è considerata sempre più un potente strumento non necessariamente per motivare i giovani a fare impresa, ma per migliorare la loro capacità di assumersi responsabilità, affrontare decisioni complesse e sviluppare una mentalità pro-attiva ed aperta al rischio.