«Il progetto di sviluppo è
una forma del tutto particolare di investimento»
A. Hirschman [1]
La teoria del “ciclo del progetto”
La formulazione dei progetti di sviluppo socio-economico è imperniata su approcci metodologici (Result-Based Management, Logical Framework Approach e Project Cycle Management) che sono riconducibili tutti alla famiglia dei c.d. “modelli logici”, che sono stati sviluppati fin dagli anni Sessanta quali approcci particolarmente adatti ad una corretta modellizzazione dei processi decisionali e di quelli gestionali, sia nel settore privato sia in quello degli investimenti pubblici.
Un aspetto sovente trascurato è che il Project Cycle Management (“ciclo del progetto”) è parte della più generale teoria di gestione dei progetti (project management) e della teoria dell’analisi finanziaria degli investimenti, siano essi:
- investimenti produttivi realizzati da imprese private (analisi del “ciclo di vita” di un investimento e capital budgeting),
- investimenti pubblici (opere pubbliche) realizzati dai policy-makers usando finanza pubblica (analisi finanziaria degli investimenti pubblici e Analisi Costi-Benefici).
Alla base del “ciclo del progetto” (analisi delle varie fasi degli investimenti privati e pubblici) vi è la semplice considerazione che ogni progetto (ogni investimento) ha uno specifico ciclo di vita, dalle analisi di pre-fattibilità, alla piena operatività del progetto, alla valutazione degli impatti a regime. Non a caso, Albert Hirschman – uno dei massimi pensatori del Novecento – considerava il progetto di sviluppo una forma particolare di investimento.
Le attività di valutazione – segnatamente quella finale e quella ex post – costituiscono il principale meccanismo di “apprendimento” per le successive fasi di programmazione/progettazione.
Per capire meglio il ruolo di monitoraggio e valutazione nella gestione dei progetti si deve riflettere sul fatto che la teoria del “ciclo del progetto” si può considerare una particolare versione del Ciclo “Plan-Do-Check-Act” (PDCA) proposto nel secolo scorso da Walter Shewhart e poi perfezionato da Edward Deming (Figura 1). [2]
Figura 1 – Il ciclo “Plan-Do-Check-Act”
Il “ciclo del progetto” può essere facilmente esteso a dei programmi “complessi”, multi-task (si tratta, in genere, di programmi che interessano più ambiti di intervento e prevedono più tipologie di intervento) e multi-target (si possono individuare molteplici categorie di beneficiari finali) quali sono, ad esempio, i Programmi regionali e nazionali co-finanziati dai Fondi Strutturali dell’UE (si vedano Bagarani 2005; Bagarani, Bonetti 2005). In questo caso si parla di “ciclo del programma”, o di “teoria del programma” (Chen 1990). [3]
Monitoraggio, valutazione e valutazione di impatto
Sia il monitoraggio sia la valutazione sono riconducibili alla fase “check” del Ciclo “Plan-Do-Check-Act”. Le loro funzioni, tuttavia, sono ben diverse.
«La domanda a cui il monitoraggio vuole dare una risposta è: “Stiamo facendo le cose come previsto?” (“Are we doing the things right?”» (Stroppiana, 2009, p. 246).
«La domanda a cui la valutazione vuole dare una risposta è: “Stiamo facendo le cose giuste?” (“Are we doing the right things?”» (Stroppiana, 2009, p. 247). [4]
Per capire a fondo la valutazione di impatto è utile sviluppare una riflessione sulla collocazione “lungo il ciclo del progetto” della valutazione che, diversamente, dal monitoraggio ha una durata temporalmente definita (il monitoraggio è continuo).
In moti post degli anni precedenti ho provato a spiegare che sarei dell’avviso che il “ciclo del progetto” convenzionale che viene proposto in Guide e Manuali sulla formulazione di progetti di sviluppo socio-economico ha tre limiti di fondo:
• trascura la complessità della fase di avvio. Questa fase, a volte, viene presentata quasi una semplice fase di raccolta e prima analisi di idee progettuali. A mio avviso, questa fase è molto più complessa e corrisponde a una sorta di analisi di fattibilità di una idea progettuale, come cercherò di spiegare nel prossimo post del 10 Luglio;
• non presenta quasi mai una fase fondamentale, che è quella dell’approvazione del progetto delineato nella fase di avvio. Tutti i progetti devono essere oggetto di approvazione da parte di un soggetto decisore (al limite l’amministratore delegato di una società privata nel caso di progetti di sviluppo industriali o di nuovi piani di marketing) o da un ente finanziatore. Sarei dell’avviso che solo dopo l’approvazione formale del progetto sia corretto collocare una fase di pianificazione vera e propria;
• trascura ampiamente la fase di maturazione degli effetti strutturali di lungo termine. E’ la fase che, sovente, si colloca dopo la data di chiusura formale di un progetto, fase che include anche la valorizzazione delle “lezioni dell’esperienza” del progetto concluso e dei risultati di valutazione finale e valutazione di impatto ex post (questa fase, infatti, corrisponde alla fase “Act” del Ciclo PDCA).
Come si può osservare nella Figura 2, la valutazione di impatto si colloca temporalmente dopo la data di formale di chiusura del progetto (termine della convenzione nel caso si progetti che beneficiano di sovvenzioni pubbliche). Essa concorre a catalizzare il processo di apprendimento delle “lezioni dell’esperienza” da trarre dall’attuazione dei progetti e, quindi, a migliorare i processi di decisione strategica.
Fig. 2 – Ciclo del progetto e valutazione di impatto
In sede di chiusura preme evidenziare che, se applicato alle politiche pubbliche, un “ciclo del progetto” così strutturato può consentire di valorizzare davvero sia la valutazione “on going” sia la valutazione di impatto ex post per favorire l’apprendimento dei decisori politici e migliorare le loro scelte di policy. [5]
Purtroppo così non è nel caso dei Programmi cofinanziati dai Fondi Strutturali dell’UE e dal momento che, almeno in linea di principio, non vi è soluzione di continuità fra Programmi pluriennali di spesa cofinanziati dall’UE, mentre invece la valutazione di impatto ex post – semplicemente per il fatto che va a misurare effetti strutturali di lungo termine – viene condotta sempre alcuni dopo la chiusura formale dei Programmi. [6] A questo elemento critico va aggiunto il fatto che, peraltro, vi è un gap temporale fra chiusura formale dei Programmi e chiusura formale del periodo in cui si può continuare a rimborsare i progetti (è noto, infatti, che i Programmi del periodo 2021-2027 termineranno il 31.12.2027 per quanto concerne l’assunzione di impegni giuridicamente vincolanti, ma i progetti ammessi a beneficio potranno essere liquidati fino al 31.12.2029). [7]
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[1] HIRSCHMAN A.O. (1975); I progetti di sviluppo, Franco Angeli, Milano, p. 13.
[2] Walter Shewhart (1891–1967) ed Edward Deming (1900-1993) sono considerati i padri del moderno controllo statistico della qualità e hanno contribuito ambedue a perfezionare il Ciclo PDCA.
Va aggiunto per precisione che Deming riteneva più opportuno prevedere una autentica fase di “studio” in luogo della fase di “Check” e, quindi, ha proposto la variante del “Ciclo Plan-Do-Study-Act”.
[3] BAGARANI M. (2005), “Un confronto tra scelte di politica economica regionale alla luce della riforma dei fondi strutturali. L’esperienza italiana nel 2000-2006”, Scienze Regionali, Vol. 4, N. 3.
BAGARANI M., BONETTI A. (2005), Politiche regionali e Fondi Strutturali. Programmare nel sistema di governo della UE, Ed. Rubbettino, Soveria Mannelli (CZ).
CHEN H. (1990), Theory Driven Evaluation, Sage Publications, Newbury Park (US).
[4] STROPPIANA A. (2009), Progettare in contesti difficili. Una nuova lettura del Quadro Logico, F. Angeli, Milano.
[5] Non entro nel merito dell’annosa disputa se la valutazione di impatto sia realmente significativa se e solo se effettuata con metodi di indagine quantitativi e su quali siano i metodi più adatti. La mia posizione, molto semplice, è che per misurare come si deve l’impatto si debba ricorrere a metodi quantitativi di valutazione controfattuale. Per capire i risultati e giudicare sarà assolutamente opportuno ricorrere anche a metodi qualitativi.
[6] Queste considerazioni valgono anche per i Programmi cofinanziati nell’ambito della PAC, per i quali, per questa nuova tornata di programmazione europea, è previsto un radicale turn around dato che va definito un unico Piano Strategico nazionale per la PAC (PSP) inerente ad ambedue i Pilastri e dei Complementi di Programmazione regionali.
[7] Questo contributo è un “work in progress” elaborato nell’ambito del progetto di ricerca del Centro Studi Funds for Reforms Lab “Theory of Change e valutazione di impatto di progetti e programmi complessi”.