Lo scorso 31 Ottobre ho partecipato al seminario “ITALIA DIGITALE, ISTRUZIONI PER L’USO. Alla ricerca di uno shock della domanda”, promosso dal think tank i-Com (Istituto per la competitività).
Sia le relazioni degli esperti, sia l’edizione 2017 del rapporto annuale i-Com “Reti & Servizi di nuova generazione” presentato quel giorno mi pare confermino tre cose:
• l’Italia sta recuperando il gap infrastrutturale, anche con riguardo alle reti di nuova generazione (reti NGA) [1];
• al momento, dal lato dell’offerta, la sfida è quella di ampliare e migliorare i servizi digitali avanzati che si possono offrire in modo sempre più efficace grazie alla velocità di connessione delle reti di nuova generazione;
• la disponibilità di servizi digitali facilmente più fruibili grazie alla diffusione di reti ad elevata capacità non trova una domanda adeguata per molteplici motivi (mancanza di competenze digitali da parte degli italiani, sempre più marcato invecchiamento della popolazione, diffidenza verso servizi più avanzati quali l’e-banking).
A tale riguardo va ricordato che l’attenzione dei decisori pubblici e degli operatori del settore è fortemente concentrata sulle aree urbane, in particolare sulle Città Metropolitane.
Ma qual è la situazione nelle aree rurali? E a che punto è l’attuazione della SottoMisura 7.3 dei Programmi di Sviluppo Rurale (PSR) regionali che sostiene la diffusione della banda larga nelle c.d. “aree bianche” delle regioni italiane (aree che, sovente, corrispondono ad aree interne penalizzate da svantaggi fisici e digitali)? [2]
A queste domande potrà dare delle interessanti risposte il convegno, a cui parteciperò, “AGRI CONNECT. Banda Ultra Larga. Motore di sviluppo per le aree rurali”, promosso dalla Rete Rurale Nazionale, dal MIPAAF, dal CREA e dalla Regione Umbria, che si svolgerà a Perugia il 29 e 30 novembre. Nella presentazione del convegno, i promotori rimarcano che l’attuazione della SM 7.3 dei PSR regionali potrà dare un contributo quasi risolutivo al superamento del digital divide nelle aree rurali e, quindi, è già tempo anche di ragionare su alcuni possibili scenari applicativi basati sulla disponibilità di reti di nuova generazione ad elevate prestazioni anche nelle aree rurali. In particolare, la I giornata del convegno approfondirà stato dell’arte e prospettive di ulteriore sviluppo dei seguenti possibili scenari applicativi:
• strumenti avanzati di studio e analisi dei territori;
• Internet of Things applicata all’agricoltura;
• applicazioni per la PA e per gli operatori agricoli;
• sostenibilità ambientale;
• nuove modalità di commercializzazione dei prodotti agricoli;
• smart villages;
• valorizzazione del territorio.
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[1] In Italia il superamento del gap di infrastrutturazione digitale del paese è l’oggetto centrale del Piano nazionale per la banda ultralarga approvato dal Consiglio dei Ministri nel marzo 2015. La sua attuazione è demandata al MISE che ha sottoscritto delle apposite convenzioni con le Regioni, in cui sono descritti gli interventi da realizzare a livello regionale e il loro importo finanziario. Una sezione della convenzione è riservata agli interventi nelle aree rurali, da realizzare in parte con le risorse finanziarie della SM 7.3 dei PSR.
Fin qui Infratel (ente in house del MISE) ha messo a bando la realizzazione degli interventi di infrastrutturazione digitale di 17 regioni italiane. I due bandi fin qui esperiti sono stati ambedue aggiudicati dall’operatore ENEL Open Fiber e, quindi, anche gli interventi previsti dalla SM 7.3 dei PSR sono già stati avviati da questo operatore o sono in fase di avvio in 17 regioni.
[2] Le “aree bianche NGA” del paese, secondo gli Orientamenti Comunitari in materia di aiuti di stato, sono quelle aree, eminentemente rurali, in cui sussistono fallimenti di mercato per cui, pur esistendo già una infrastruttura per la banda larga con capacità inferiore a 30 Mbps, solo un intervento diretto dei pubblici poteri può assicurare un accesso ad internet superiore a 30 Mbps.