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I Comuni alla prova del PNRR

«The greatest danger in times of turbulence is not the turbulence.
It is to act with yesterday’s logic»
Peter Drucker

I Comuni al centro del processo di “rigenerazione amministrativa” necessario per rafforzare la capacità di spesa dei Fondi europei

Ieri è iniziata a Parma la XXXVIII Assemblea annuale dell’ANCI. L’Assemblea dell’ANCI è certamente una buona occasione per una ulteriore riflessione di Sindaci ed altre Autorità istituzionali che interverranno sulla necessità, costantemente richiamata negli ultimi mesi, di sostenere i Comuni italiani per dare corso in modo efficace agli interventi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) varato nell’ambito dell’Iniziativa Next Generation EU.
Certamente i Comuni italiani necessitano di azioni di sostegno, in quanto sono, con tutta probabilità, l’anello istituzionale in cui, maggiormente, si palesano in modo plastico quelli che sono stati individuati dalla Commissione Europea (CE), in uno studio comparativo delle Pubbliche Amministrazioni (PA) degli stati dell’UE condotto nel 2020, i principali fattori di criticità della nostra PA:
• l’organico della PA è, in generale, sottodimensionato;
• gli occupati nella PA tendono ad essere mediamente più anziani e con professionalità obsolete. [1]

Considerazioni analoghe, in sostanza, erano alla base degli interventi di rafforzamento della PA italiana che la stessa Commissione aveva indicato nell’Annex D al Country Report del 2019 (elaborato nell’ambito del c.d. “semestre europeo”) fra i “fattori per l’efficace implementazione della politica di coesione in Italia”.
Infatti, nell’Annex D che, com’è noto, ha costituito un termine di riferimento molto rilevante del processo di concertazione partenariale delle direttrici strategiche della programmazione dei Fondi Strutturali 2021-2027, veniva posto in luce che “Italy is confronted with weak administrative capacity for the management of European Structural and Investment Funds” (Annex D “Investment Guidance on Cohesion Policy Funding 2021-2027 for Italy”, p. 81).
E’ molto significativo che, a distanza di pochi mesi, questa criticità divenisse una delle aree di intervento centrali del Piano Sud 2030 (un documento strategico davvero lungimirante e ben strutturato, varato nel Febbraio 2020 dall’allora Ministro per il Sud e la Coesione territoriale Giuseppe Provenzano), che nella Sezione 6 rimarca la necessità di procedere a una autentica “rigenerazione ammnistrativa” e di ampliare – e migliorare sul piano qualitativo – la pianta organica della PA. [2]
L’esigenza di rafforzare l’organico e l’azione amministrativa della PA italiana – segnatamente quella dei Comuni – è diventata un aspetto centrale anche dell’azione del Governo in carica al fine di migliorare la capacità di spesa dell’ingente mole di risorse che saranno rese disponibili fino al 2026 dal PNRR.
La Componente 1 della Missione 1 (M1C1) del PNRR (M1C1 – Digitalizzazione, innovazione e sicurezza nella PA) è, di fatto, focalizzata sull’esigenza di rafforzare con più personale e con una ampia azione trasversale di rafforzamento delle competenze di dirigenti e funzionari della PA. Essa si compone di 7 “investimenti” e 3 “riforme” con la riforma 1.2 significativamente denominata “Supporto alla trasformazione della PA locale”. Inoltre, è previsto che per l’attuazione degli interventi del PNRR le Amministrazioni centrali responsabili degli interventi, le Regioni e gli Enti Locali possano assumere esperti e consulenti a tempo determinato (si veda il DL 80/20201 “Misure urgenti per il rafforzamento della capacità amministrativa della PA funzionale all’attuazione del PNRR” convertito nella L. 113/2021 del 6.08.2021).

Alcune considerazioni critiche sul dibattito in merito alla “rigenerazione amministrativa” dei Comuni

Alcuni aspetti del dibattito in corso, tuttavia, destano una certa perplessità:
1. in base all’analisi di alcuni osservatori si potrebbe pensare che siamo all’anno zero. Non è affatto così. Da diversi anni abbondano le azioni di capacity building. A tale riguardo è sufficiente ricordare:
• i Piani di Rafforzamento Amministrativo (PRA) del periodo 2014-2020; [3]
• i vari progetti di capacity building della PA sostenuti dal PON Governance 2014-2020, fra cui alcuni davvero significativi hanno riguardato gli Enti Locali (si pensi al progetto “Piccoli Comuni” ed anche al progetto “Strategia Nazionale per le Aree Interne e i nuovi assetti istituzionali”, che ha supportato il Comitato Tecnico Aree Interne – Comitato che presiede l’attuazione della SNAI – e i Comuni interessati dalla fase sperimentale della SNAI soprattutto con riferimento all’adozione di forme di gestione associata di funzioni pubbliche e servizi);
• l’importanza per il miglioramento della capacità di programmazione e gestione delle Città Metropolitane istituite dalla c.d. “riforma Delrio” (e dei Comuni inseriti nelle Città Metropolitane) del PON Città Metropolitane (PON Metro);
• le attività di assistenza tecnica a tutti i Programmi Operativi (Regionali e Nazionali) cofinanziati dai Fondi Strutturali e ai Programmi di Sviluppo Rurale (PSR) regionali;
• gli interventi a sostegno della capacità gestionale dei Comuni portati avanti da ANCI – Fondazione IFEL;
• l’approvazione da parte della Conferenza Unificata della c.d. Agenda per la semplificazione 2020-2023 (approvazione datata 23 Novembre 2020); [4]
• la previsione da parte della bozza di Accordo di Partenariato – ancora in corso di negoziazione con la Commissione – di un “programma nazionale” che, in continuità con il PON Governance 2014-2020 sarà integralmente focalizzato sul rafforzamento della capacità della PA, con un’attenzione particolare proprio per gli Enti Locali (si fa riferimento al Programma Nazionale “Capacità per la Coesione 2021-2027”);
• il fatto, sovente trascurato, che anche le forme di progettazione territoriale integrata a cui si è potuto ricorrere nel periodo 2014-2020 per dare corso a rilevanti interventi cofinanziati dai Fondi Strutturali, dal FEASR (il Fondo che nell’ambito della PAC sostegno le misure di sviluppo rurale) e dal FEAMP (il fondo per il sostegno al settore della pesca), ossia gli Investimenti Territoriali Integrati (ITI) e lo Sviluppo Locale di Tipo Partecipativo (SLTP) richiedono necessariamente un lavoro di analisi, di programmazione partecipata e di co-gestione di certi interventi da parte di più Comuni che va necessariamente sostenuta con azioni di capacitazione istituzionale. Si pensi all’importanza che assume l’azione di sensibilizzazione, di informazione e di formazione sviluppata dai Gruppi di Azione Locale (GAL) finanziati dalla Misura 19 dei PSR regionali, attuativa dell’approccio LEADER (la specifica forma di Sviluppo Locale di Tipo Partecipativo attuata nell’ambito dei PSR).

La questione, pertanto, non concerne tanto la quantità (che mi pare abbondi) dei processi di capacity building, quanto la loro qualità. A mio modesto avviso si pone la necessità, in particolare, di:
• ampliare il range delle aree di intervento, in quanto, soprattutto nel caso dei “piccoli Comuni” non vi sono problemi solo a livello di efficiente gestione delle risorse pubbliche e degli interventi co-finanziati dai Fondi europei, ma vi sono anche problemi ad attuare le attività ordinarie. In questo senso è assolutamente condivisibile l’impostazione del progetto “Piccoli Comuni” finanziato nell’ambito del PON Governance 2014-2020 proprio per il fatto che va ben oltre il supporto tecnico per migliorare la gestione dei progetti di sviluppo e assume come target l’intero sistema organizzativo e gestionale dei “Piccoli Comuni”;
• svolgere una obiettiva valutazione (in itinere ed ex post) degli elementi di debolezza delle attività di supporto agli Enti Locali, elementi di debolezza che, inevitabilmente, ci devono essere, visto che così lentamente migliora nel tempo la capacità di gestione dei Fondi europei.

2. Il dibattito e l’azione di governo, in questi mesi, si sono focalizzati una volta di più sulla necessità di semplificare le procedure amministrative, in particolare quelle inerenti agli appalti pubblici. Il punto di caduta principale, peraltro, è fondamentalmente sempre lo stesso, ossia elevare le “soglie comunitarie” al di sotto delle quali appaltare lavori pubblici e forniture con procedure di affidamento diretto ex art. 36, comma 2, lettera a del Codice degli Appalti (queste, a seguito del DL 76/2020 e del DL 77/2021, sono state elevate a 139.000 Euro per forniture e servizi professionali e a 150.000 per le opere pubbliche). [5]

A mio parere, si tratterebbe di riservare la giusta attenzione anche ad altri due aspetti:
• è strettamente necessario lavorare maggiormente sull’adozione finanche nei “piccoli Comuni” di modelli gestionali e comportamenti individuali orientati ai risultati e non solo al mero rispetto di procedure amministrative e piani di lavoro. In altri termini, si tratta di passare da logiche di “activity-based management” a logiche di “result-based management”. Di riflesso, si tratterebbe di ragionare anche su un più esteso ricorso a forme complesse di gestione e controllo “performance-based” quali la Balanced Scorecard (BS) di Kaplan e Norton, che si può abbastanza agevolmente applicare anche ad Enti che perseguono finalità di interesse collettivo; [6]
• è altamente desiderabile sperimentare forme di appalto dei servizi di pubblica utilità informate a clausole “pay-by-results”, forme che hanno ricevuto un forte impulso nello scorso decennio dalla sperimentazione di particolari strumenti di finanziamento innovativi delle politiche sociali, denominati Social Impact Bonds (questione trattata a più riprese su questo blog). [7]

3. Così come esistono già varie iniziative di capacity building della PA italiana da cui trarre utili “lezioni dell’esperienza”, esistono già anche molteplici vademecum e “Toolbox” già sviluppate dalla Commissione (anche in partenariato con lo European Institute of Pubblic Administration – EIPA – e con l’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico – OCSE) che dovrebbero essere maggiormente utilizzati anche in Italia per il fatto che gli strumenti dei “Toolbox” approntati dalla Commissione e il “modello di eccellenza della PA” CAF – Common Assessment Framework – dell’EIPA sono maggiormente orientati a forme organizzative e di gestione informate alla logica “result-based management” (diversi di questi strumenti, peraltro, sono stati ideati proprio per migliorare la capacità di gestione dei Fondi Strutturali). [8]
Lo schema che segue, a partire dai tre elementi critici del dibattito in corso illustrati sopra, propone, per ciascuno di essi, delle possibili traiettorie di analisi e di sperimentazione per migliorare l’utilità del dibattito e la stessa formulazione dei processi di capacity building.

Fig. 1 – Possibili percorsi per migliorare il
dibattito sulle azioni di capacity building per i Comuni (ed anche i contenuti di tali azioni)

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Immagine ex Pixabay

Immagine ex Pixabay

[1] Cfr. EUROPEAN COMMISSION, Public Administrations in the EU Member States. 2020 Overview; Luxembourg 2021. Questa indagine comparativa, condotta con il supporto scientifico dell’IFC, è stata terminata a novembre 2020 e riporta in appendice un focus di analisi sulla PA nei vari Stati Membri. In quello sulla nostra PA si legge: “Italy has fewer public employees, as a share of total employment than other European countries. They also tend to be older and with an obsolete professional background. The Italian public administration is ranked in the bottom-half of EU-27 both for professionalism and impartiality”.
[2] Preme evidenziare che il Piano Sud 2030 è anche il documento strategico che detta le linee del passaggio da una fase sperimentale ad una fase strutturale, nel nuovo periodo 2021-2027, della Strategia Nazionale per le Aree Interne (SNAI).
Questo aspetto rileva anche al fine di migliorare l’azione di capacity building dei Comuni italiani, in quanto la SNAI, già nella programmazione 20214-2020, si è configurata come un’autentica azione di “rigenerazione amministrativa”. Come già accennavo nel post del 20 Ottobre scorso, la SNAI, infatti, non ha soltanto la finalità di migliorare la qualità della vita e le prospettive occupazionali delle aree interne, per frenare i fenomeni di spopolamento, ma anche quella di contribuire a potenziare le capacità gestionali dei piccoli Comuni ed i sistemi di governance locale. L’Accordo di Partenariato 2014-2020 (pagina 327 e ss.) insiste molto su questo aspetto, partendo dal condivisibile presupposto che «il prevalere nelle aree interne dei Comuni di piccole dimensioni implica che un’organizzazione in forma associata (sia questa più o meno formalizzata) e/o consortile dei comuni è fondamentale per l’organizzazione dei servizi sul territorio». La SNAI, pertanto, è intesa a rafforzare la propensione dei piccoli Comuni a sviluppare una gestione integrata dei servizi di interesse collettivo nel territorio dell’area ed il prerequisito della gestione associata dei servizi di qualità sociale è «discriminante ai fini dell’ammissibilità delle aree territoriali alla strategia delle aree medesime».
Anche nell’ambito della SNAI, quindi, sono state sviluppate delle azioni di supporto tecnico ed operativo ai Comuni delle “aree interne” (che, in genere, ne hanno maggiormente bisogno per vari motivi), azioni destinate ad essere rafforzate ulteriormente nell’ambito del processo partenariale che si sta attivando per selezionare due nuove “aree interne” pilota nelle Regioni italiane e nella Provincia Autonoma di Trento, come previsto dal Piano Sud 2030. E’ noto, infatti, che la SNAI fini qui ha interessato 72 “aree interne” pilota (in generale sono state selezionate 4 aree per ciascuna delle Regioni italiane).
A titolo di completezza si ricorda che la SNAI è anche una parte costitutiva importante del PNRR, segnatamente della Componente (“cluster”) M5C3 “Interventi speciali per la coesione territoriale”.
[3] Si ricorda che “attraverso i PRA, di durata biennale, ogni Amministrazione impegnata nell’attuazione dei Programmi Operativi, esplicita e rende operativa, con riferimento a cronoprogrammi definiti (Interventi di rafforzamento e target di miglioramento), l’azione per rendere più efficiente l’organizzazione della sua macchina amministrativa” (fonte: portale del PON Governance).
[4] La c.d. Agenda per la semplificazione 2020-2023 è focalizzata sui seguenti punti:
• La semplificazione e la reingegnerizzazione delle procedure
• La velocizzazione delle procedure
• La semplificazione e la digitalizzazione
• La realizzazione di azioni mirate per il superamento degli ostacoli burocratici nei settori chiave del Piano di rilancio.
[5] Sul recente DL 77/2021 e sulle ulteriori misure di semplificazione degli appalti pubblici si veda il seguente vademecum, davvero molto chiaro: ANCI – FONDAZIONE IFEL; Il D.L. n. 77 del 2021 “semplificazioni” dopo la conversione con Legge n. 108 del 2021. Indicazioni operative per l’applicazione; Roma, Ottobre 2021.
[6] Sulla Balanced Scorecard (BS) si vedano i vari articoli e i cinque corposi Manuali (elaborati nel volgere di una quindicina di anni) di Robert Kaplan e David Norton. In Italiano, si veda: KAPLAN R.; NORTON P.; Balanced Scorecard. Tradurre la strategia in azione; ISEDI, Torino, 2000.
Sull’applicazione della BS alla misurazione della performance della gestione di servizi di interesse collettivo si vedano: BARALDI S.; Balanced Scorecard nelle aziende sanitarie, Mc-Graw Hill, Milano 2005; MORESI G.; TEDESCO M.; I sistemi informativi a supporto della Balanced Scorecard negli Enti Locali, F. Angeli, Milano 2005.
[7] I Social Impact Bonds (SIBs), in pratica, sono strumenti di finanza strutturata volti a promuovere partenariati pubblico privati nel campo delle infrastrutture sociali e dei servizi sociali che siano realmente finalizzati a determinare impatti socio-economici rilevanti ed il cui rimborso non è commisurato ad input utilizzati o agli output realizzati, bensì agli impatti generati (stimati con metodi metodologicamente robusti e pertinenti). In base alla clausola “pay-for-success”, infatti, se e solo se tali interventi produrranno un impatto sociale rilevante verranno ripagati anche gli operatori privati che hanno investito su di essi e gli stessi operatori qualificati che hanno aderito al progetto quali fornitori specializzati di determinati servizi di pubblica utilità.
Sul “social outcome contracting” si veda il recente contributo della Commissione: EUROPEAN COMMISSION – DG EMPLOYMENT, Study on the benefits of Social Outcome Contracting in the provision of social services and interventions – A cross-country comparative assessment of evolving good practices in cross-sectoral partnerships for public value creation, Publications Office of the EU, Luxembourg 2021.
Nello schema che segue provo a riassumere gli effetti principali dell’introduzione dei principi alla base dei SIBs e del “social outcome contracting” sulle politiche pubbliche.

Fig. 2 – Effetti principali dell’introduzione di forme di contracting-out informate a logiche “pay-by-results

[8] Il Common Assessment Framework (CAF) sviluppato dall’EIPA (o meglio, dal Settore Pubblico per il Settore Pubblico come puntualizza la Guida aggiornata nel 2020) è un modello di “total quality management” adattato alla PA. Esso muove, in particolare, dal modello di “total quality management” sviluppato dalla European Foundation for Quality Management (EFQM).
Il CAF, come sintetizza lo schema che segue, è fondato su 9 criteri di eccellenza:
– 5 criteri (“enablers”) attengono alle pratiche gestionali interne;
– 4 criteri (“results”) attengono alla capacità di orientare l’azione delle organizzazioni pubbliche nella direzione di conseguire risultati significativi per i cittadini e in termini di “sostenibilità economica, ambientale e sociale”, risultati da monitorare costantemente attraverso i c.d. “key performance results”.

Fig. 3 – I criteri di eccellenza del Common Assessment Framework (CAF)

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