«La politica di sviluppo rurale dovrà essere multidisciplinare
nella sua concezione e multisettoriale nell’applicazione,
con una chiara dimensione territoriale»
Dichiarazione di Cork sullo sviluppo rurale (1996)
I miei 25 lettori ricordano certamente come nei vari post del 2016 inerenti l’approccio LEADER e i nuovi Gruppi di Azione Locale (GAL), abbia sviluppato delle proposte per un processo di empowerment per i nuovi GAL che debba essere di:
• ordine politico-istituzionale, come descritto nei post del 30 settembre e del 5 ottobre;
• ordine tecnico, con un rafforzamento della capacità dei GAL di elaborare analisi statistiche e proposte tecniche e di sviluppare attività di ricerca di finanziamenti aggiuntivi (siano essi pubblici o siano messi a concorrenza da fondazioni private e di comunità), che li qualifichino come autentiche agenzie di sviluppo locale per le aree geografiche di loro pertinenza (si veda il post “Un brillante futuro da agenzie di sviluppo locale per i GAL” del 15 agosto scorso).
Per certi versi, tali proposte trovano una parziale sintesi in questo post, in cui avanzo due suggerimenti molto concreti su analisi e proposte tecniche inerenti due questioni che, sebbene vadano parzialmente oltre il mandato specifico dei nuovi GAL del Lazio, dovrebbero essere affrontati dai GAL e non da Comuni ed altri Enti Locali. Questo sia alla luce della potenziale maggiore forza analitica e di capacità di accesso ai fondi europei dei GAL, sia alla luce del rischio (paventato in diversi post recenti) di una sorta di vuoto di governo delle “aree vaste” intermedie fra i Comuni e l’Ente Regione quando sarà concluso il processo già tracciato di abolizione definitiva delle Province. Tale vuoto, sul piano funzionale, potrebbe essere riempito proprio dai GAL che, da loro mandato, gestiscono degli interventi di sviluppo su aree vaste più o meno omogenee.
Il primo tema ha a che fare con il negoziato su politiche e fondi europei dopo il 2020. Questo suggerimento è un po’ provocatorio per vari motivi, da quelli più squisitamente di respiro politico (palese crisi politica dell’UE, per cui in diverse circostanze appare quasi come una organizzazione internazionale in procinto di sfaldarsi; incertezze legate ai tempi un po’ vaghi e alle condizioni di uscita dal Regno Unito dall’UE; vista corta dei decisori politici europei che sembrano ormai solo inseguire le “emergenze” senza dimostrare alcuna capacità di visione), al semplice fatto che solo a fine ottobre si è concluso il processo di selezione dei nuovi GAL da parte della Regione, per cui i nuovi GAL, in genere, ancora non hanno neanche avviato le attività del loro mandato, come stabilite dai Regolamenti comunitari di riferimento – Reg. (UE) N. 1303/2013 e Reg. (UE) N. 1305/2013 – e, quindi, per alcuni mesi dovranno mettere a punto la loro organizzazione ed avviare le attività “ordinarie”.
Ciò detto, è innegabile che il negoziato sulle politiche e sui fondi europei post 2020 è già iniziato, quanto meno in termini di proposte tecniche di aggiustamenti del sistema di bilancio dell’UE e delle fondamenta delle varie politiche europee.
Questo è certamente vero con riferimento alla politica di sviluppo rurale.
La Conferenza Cork 2.0, tenutasi nella città irlandese il 5 e 6 settembre 2016, a venti anni dalla Conferenza del 1996 che segnò un evidente cambio di fase della Politica Agricola Comune (PAC), ha già aperto, infatti, il confronto sulla nuova revisione post 2020 dei due Pilastri della PAC.
Sovente i piccoli Comuni non hanno le adeguate competenze per seguire il dibattito su struttura, poste e ipotesi di revisione del Quadro Finanziario Pluriennale (QFP) dell’UE e del suo bilancio annuale. I negoziati sui QFP, in genere, coinvolgono il Governo centrale e le Regioni e i vertici apicali a livello nazionale delle organizzazioni di categoria. I piccoli Comuni possono, indirettamente, incidere tramite l’ANCI e, qualora ne facciano parte, tramite le Reti europee di città (quali Eurocities e Consiglio dei Comuni e delle Regioni d’Europa). A me pare, pertanto, quanto mai opportuno che i nuovi GAL sviluppino delle funzioni aggiuntive, a cui dedicare risorse umane interne ed esterne, non solo per avviare una ricerca sistematica di finanziamenti aggiuntivi per l’area geografica di loro pertinenza, come già suggerivo nel post del 15 agosto, ma anche per seguire (su mandato di Comuni e altri stakeholders della loro base associativa) una funzione di rappresentanza degli interessi economici dell’area partecipando direttamente al dibattito e al negoziato sul QFP dell’UE post 2020.
L’altro tema è quello della rappresentanza degli interessi dei piccoli Comuni della loro area a fronte della ritardata attuazione nel Lazio della “strategia per le aree interne” prevista dall’Accordo di Partenariato sui Fondi Strutturali e di Investimento Europeo (Fondi SIE) e dal debole dibattito sull’attuazione della c.d. “agenda urbana” nelle città piccole e medie della regione.
Nel Lazio, infatti, a seguito della “legge Delrio”, vi è in primo luogo il rischio di una ulteriore frattura economica fra la Città Metropolitana di Roma e le città piccole e medie (specialmente quelle delle aree già marginali e della dorsale appenninica). Inoltre, mentre la Capitale potrà contare sui finanziamenti certi del PON Città Metropolitane e potrà più facilmente accedere ad altri finanziamenti europei a sostegno della c.d. “agenda urbana”, le città medie e i poli urbani regionali (in primo luogo capoluoghi di provincia e di regione), ad oggi non hanno affatto chiaro se, quando e in che termini potranno contare sui finanziamenti dedicati della declinazione regionale dell’agenda urbana nazionale. Per le città piccole e medie, infatti, lo stesso Accordo di Partenariato prevede che debbano intervenire le Regioni attraverso i POR FESR. Ad oggi, infatti, non si hanno indicazioni di policy e/o bandi che vanno in questa direzione e, quindi, inter alia, non si sa se e come verrà replicata l’esperienza di PLUS Lazio. [1]
A mio modesto avviso, la Regione Lazio non sta fin qui tenendo adeguatamente conto delle forti disparità di sviluppo fra l’economia romana e le “periferie” laziali, periferie che, “semplificando” un po’ la lettura delle dinamiche di sviluppo dei territori, si possono far coincidere con i territori delle altre quattro “vecchie” province del Lazio, come già rimarcavo nel post del 5 agosto “La strategia di reindustrializzazione del Lazio. Il bando ‘Sostegno al riposizionamento competitivo dei sistemi imprenditoriali territoriali’ un anno dopo”.
I GAL, pertanto, dovrebbero farsi carico, su mandato degli Enti Locali, della necessità di definire una versione “rurale” della agenda urbana, attraverso:
• il monitoraggio dei lavori dei 12 Partenariati tematici del “patto di Amsterdam”, facendo in modo, nei limiti del possibile, che le 12 tematiche siano anche oggetto di particolare attenzione nelle aree più periferiche, sia sensibilizzando gli amministratori locali, sia tentando di incidere indirettamente con la formulazione di position paper e proposte tecniche e legislative per dare corso alle idee sviluppate nei Partenariati anche nelle città piccole e medie del Lazio. Fra le altre cose, uno dei dodici Partenariati concerne specificamente la tematica “uso sostenibile del territorio e soluzioni ecologiche” e, quindi, indirettamente il rapporto fra città e aree rurali; [2]
• una attività costante di lobbying presso il Governo centrale (e la stessa Regione);
• la ricerca di fondi pubblici (europei e non) complementari a quelli delle Sottomisure della Misura 7 “Servizi di base e rinnovamento dei villaggi rurali” del PSR Lazio e della Sottomisura/operazione 16.9.1 “Diversificazione agricola in attività sanitarie, di integrazione sociale, agricoltura per comunità e/o educazione ambientale/alimentare”. [3]
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[1] Il Programma Piano Locale Urbano di Sviluppo (PLUS) è stato attuato nell’ambito del POR FESR 2007-2013 dopo la sua riprogrammazione di medio termine.
[2] Il Consiglio informale dei Ministri dei Paesi dell’UE responsabili per le questioni regionali e urbane sulla c.d. “agenda urbana europea” (tenutosi ad Amsterdam il 30 maggio scorso) ha stabilito, con la ratifica del “patto di Amsterdam”, che l’agenda urbana europea dovrà essere portata avanti sulla base di 12 Partenariati che si occuperanno di altrettante aree tematiche prioritarie per lo sviluppo delle città, ossia: 1) integrazione dei migranti e dei rifugiati, 2) qualità dell’aria, 3) povertà urbana, 4) alloggi, 5) economia circolare, 6) posti di lavoro e competenze professionali nell’economia locale, 7) adattamento ai cambiamenti climatici, 8) transizione energetica, 9) uso sostenibile del territorio e soluzioni fondate sulla natura, 10) mobilità urbana, 11) transizione digitale, 12) appalti pubblici innovativi e responsabili.
Fra questi 12 Partenariati, 4 sono già stati avviati. Si tratta di quelli che si occupano delle seguenti aree tematiche:
• integrazione dei migranti e dei rifugiati (tema coordinato dalla città di Amsterdam, sul quale nella stessa città si terrà l’11 e 12 novembre una importante Working conference partnership ‘Inclusion of Migrants and Refugees’),
• qualità dell’aria (coordinato dall’Olanda),
• alloggi (coordinato dalla Slovacchia),
• povertà urbana (coordinato dal Belgio e dalla Francia).
In questa luce, sarebbe molto importante che i GAL affianchino le Amministrazioni Comunali nella valorizzazione delle risorse del PON Governance e Capacità Istituzionale, segnatamente di quelle dell’Asse 3 “Rafforzamento della governance multi-livello nei programmi di investimento pubblico” di questo PON, che è quello più specificamente tarato su Enti Locali e obiettivi di miglioramento delle politiche di sviluppo territoriale.
[3] Avrò il piacere di approfondire alcuni di questi temi nel corso de:
• il Seminario“Riforme e nuovi modelli di finanziamento della Pubblica Amministrazione” del CEIDA (Roma, 22 e 23 novembre 2016) in cui terremo delle docenze la collega del Fundraising Virtual Hub Elena Zanella ed io;
• il Seminario “Fondi europei per gli Eni Locali del Lazio”, organizzato dalla Cooperativa ELP presso il living lab GRID di Frosinone (25 e 26 novembre 2016);
• il Seminario del CEIDA “Finanziamenti dell’UE e strumenti di ‘impact investing’ per le smart cities” (Roma, 5 e 6 dicembre p.v.).