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I nuovi GAL e l’innovazione tecnologica e sociale nelle zone rurali

Innovazione tecnologica e sociale nelle città e nelle zone rurali

Già nel post del 5 novembre 2016 “I nuovi GAL del Lazio oltre il 2020. Due suggerimenti per un percorso di istituzionalizzazione” avevo evidenziato che i nuovi GAL del Lazio, da poco selezionati, dovrebbero autonomamente avviare un percorso di empowerment che li accrediti non solo come agenzie di sviluppo dei loro territori, ma anche come interlocutori, quasi di rango istituzionale, nel dibattito sulla governance e sulle politiche di sviluppo più appropriate per le “aree vaste” intermedie fra Comuni ed Ente Regione. Avevo anche fatto riferimento alla esigenza latente di un loro ruolo di rappresentanza degli interessi dei piccoli Comuni della loro area a fronte della ritardata attuazione nel Lazio della “strategia per le aree interne” prevista dall’Accordo di Partenariato sui Fondi Strutturali e di Investimento Europeo (Fondi SIE) e dal debole dibattito sull’attuazione della c.d. “agenda urbana” nelle città piccole e medie del Lazio.
A fronte di alcuni rilievi critici su questi suggerimenti, vorrei evidenziare meglio alcuni aspetti che li sostengono:
1. i GAL hanno un particolare sistema di governance aperto alle Amministrazioni Locali, agli operatori economici privati e anche alla società civile, ma chi conosce bene l’approccio LEADER sa bene che, in genere, essi si costituiscono soprattutto sull’abbrivio della volontà degli Enti Locali di definire nuovi percorsi associativi funzionali a una migliore gestione degli interventi di sviluppo e dei servizi sul territorio;
2. i Piani di Sviluppo Locale (PSL) approvati dalla Regione Lazio, stante i forti vincoli alla definizione dei PSL previsti dal bando, fondamentalmente hanno cercato soprattutto di valorizzare quelle Sottomisure del PSR regionale maggiormente orientate a rafforzare l’ecosistema produttivo e innovativo per le aziende agricole (alcune Sottomisure della Misura 3) e, soprattutto, l’offerta di servizi di base e ricreativo-culturali da parte degli Enti Locali (in particolare, grazie alle Sottomisure della Misura 7 ammissibili a beneficio). Questo è certamente vero per i tre PSL che ho avuto l’onore di contribuire a definire; [1]
3. nel Lazio, come già spiegavo nel post del 5 novembre, vi è il rischio fortissimo che l’istituzione della Città Metropolitana di Roma e la sua maggiore capacità di intercettare fondi pubblici, anche semplicemente per l’esistenza di un Programma Operativo Nazionale (PON) dedicato – il PON Città Metropolitane – rischia in primo luogo di sbilanciare ulteriormente le prospettive di sviluppo del Lazio a discapito delle aree interne e di quelle più marginali (soprattutto lungo la dorsale appenninica). Inoltre, rischia di rafforzare ulteriormente l’enfasi sulle città “intelligenti” come motore dello sviluppo economico, contribuendo di converso a continuare a relegare in secondo piano l’importanza delle funzioni produttive e sociali delle aree rurali e della ricerca di un più bilanciato rapporto fra città e zone rurali;
4. il dibattito corrente sulle “smart cities” pone in evidenza l’importanza di alcuni fattori di cambiamento tecnologico (in primo luogo le c.d. “tecnologie abilitanti”) e di nuovi sistemi computazionali avanzati per il miglioramento delle politiche urbane. A me pare, francamente, che questo dibattito su nuove tecnologie e città intelligenti sia un po’ manicheo. Osservando il prospetto che segue – tratto da un pregevole contributo di ricerca recente del World Economic Forum sulle politiche urbane – appare abbastanza evidente che quelle stesse tecnologie, mutatis mutandis, siano fondamentali anche per migliorare la vivibilità delle città medie e le politiche urbane delle città medie e, finanche, il disegno e l’efficacia delle politiche di sviluppo rurale (alcuni esempi di questo aspetto sono riportati nel paragrafo successivo) [2]. I GAL, in quanto soggetti “collettivi” più forti dei singoli Enti Locali che ne fanno parte, dovrebbero contribuire a riequilibrare questo dibattito, anche facendo lobbying presso Governo centrale e regionale.

Figura 1 – Tecnologie per le maggiori sfide urbane

WEF (2016) Tecnologie per le sfide urbane

Fonte: World Economic Forum (2016)

5. Anche il dibattito sull’innovazione sociale viene circoscritto quasi esclusivamente al solo ambito urbano, quando invece vi è l’esigenza e anche l’opportunità di implementare innovative sperimentazioni sociali anche nelle zone rurali. Alcune Sottomisure del PSR Lazio, se opportunamente valorizzate, si prestano ad alimentare utili progetti di innovazione sociale nelle zone rurali (aspetto su cui tornerò presto con nuovi post). In particolare, segnalo le seguenti Sottomisure:
7.7 “Sostegno a investimenti finalizzati alla rilocalizzazione di attività e alla riconversione di fabbricati o altri impianti situati all’interno o nelle vicinanze di centri rurali, al fine di migliorare la qualità della vita o i parametri ambientali del territorio interessato”;
16.9 “Sostegno per la diversificazione delle attività agricole in attività riguardanti l’assistenza sanitaria, l’integrazione sociale, l’agricoltura sostenuta dalla comunità e l’educazione ambientale e alimentare”. [3]

L’innovazione nelle aree rurali: alcuni progetti esemplari internazionali

Campo di mais

Campo agricolo – Immagine ex Pixabay

In merito all’innovazione tecnologica e sociale nelle aree rurali vorrei evidenziare che, negli anni recenti, la diffusione del movimento del c.d. “Impact investing” e l’opera di organizzazioni filantropiche innovative quali Acumen e Root Capital hanno consentito la sperimentazione in paesi arretrati dell’Africa di progetti altamente innovativi che dimostrano chiaramente quanto sistemi computazionali sempre più avanzati, Internet of Things, e validazione e rielaborazione dei dati raccolti tramite sensori siano ormai fondamentali anche per potenziare il grado di innovatività e la “multi-funzionalità” dei sistemi produttivi agricoli e le condizioni di contesto nelle zone rurali. Due esempi concreti che ho avuto modo di esaminare sono i seguenti:
• il primo prototipo/progetto concerne il sistema computerizzato di purificazione dell’acqua messo a punto dalla start-up italiana Watly. Questo progetto viene spiegato in questi termini da Marco Attisani che ha lanciato la start-up nel 2013: “L’idea è nata dalla volontà di trovare una soluzione ad alcuni dei fondamentali bisogni umani: l’accesso all’acqua potabile e ai servizi igienici, la disponibilità di energia elettrica e della connettività. La missione della start-up è quella di migliorare la qualità di vita della persone in tutto il mondo”.
Il sistema computerizzato realizzato da Watly è stato sperimentato come prototipo in Ghana (villaggio di Abenta), consentendo di ovviare ai ben noti problemi di accesso ad acqua potabile e/o acqua corrente dei villaggi rurali africani.
Il sistema consente di “potabilizzare” l’acqua marina e quella contaminata (anche quella radioattiva) senza ricorrere all’uso di filtri o membrane. Al tempo stesso la centralina del sistema, sfruttando l’energia solare consente di produrre l’energia necessaria per alimentare l’inteso sistema e, non ultimo, fornisce anche connettività digitale [3];
• il secondo progetto è stato avviato nel 2009 in Kenya e poi esteso al Ruanda. Il progetto – battezzato nella lingua Swahili “Kilimo Salama”, che si può tradurre come “agricoltura sicura” – garantisce una sorta di copertura assicurativa automatica ai produttori che subiscono delle perdite di prodotto a causa di fattori avversi ambientali. [4]
Il risarcimento per eventi ambientali che causano minore produzione di derrate agricole scatta sulla base delle rilevazioni di un sistema di monitoraggio continuo implementato grazie ad una rete di sensori che rilevano ogni 15 minuti l’andamento dei dati climatici (e li confrontano con il loro andamento medio), inviandoli al database centrale tramite sistemi di connettività mobile e satellitare.
Un siffatto sistema, in sostanza, determina automaticamente cause ed entità del mancato raccolto, facendo venire meno l’esigenza di ispezioni di controllo in loco degli assicuratori.

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[1] Si veda la Determinazione della Regione Lazio n. G12462/2016 del 27/10/2016, pubblicata nel BURL n. 88 del 03.11.2016.

[2] Si veda: World Economic Forum (2016), Inspiring future cities and urban services, Geneva (CH)
[2] La Sottomisura 7.7 – obbligatoriamente da attivare nell’ambito di Progetti Pubblici Integrati (PPI) – potrebbe essere molto importante per recuperare edifici rurali e altri edifici dismessi e avviare dei centri polifunzionali (indicati a livello internazionale come “community hubs” ), ossia centri in cui vengono erogati più servizi di pubblica utilità, fra cui servizi di cura e sostegno per le persone più anziane.
Per questo motivo presenta rilevanti sinergie con la Sottomisura 16.9Sostegno per la diversificazione delle attività agricole in attività riguardanti l’assistenza sanitaria, l’integrazione sociale, l’agricoltura sostenuta dalla comunità e l’educazione ambientale e alimentare”.
Si veda la Nota 9/2016Agricoltura sociale e nuovi servizi di welfare nelle zone rurali: i finanziamenti del PSR Lazio 2014-2020”, liberamente scaricabile dalla Sezione OpenLibrary di questo sito.
[3] Oltre al portale della start-up, si vedano:

[4] Su questo progetto, oltre al portale dei promotori – Sygenta Foundation for Sustainable Agriculture, UAP Insurance e Safaricom – si può consultare:
Davarzani L., Purdy M. (2015); The Internet of Things is now a thing, Stanford Social Innovation Review.

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