La consultazione sulla PAC post 2020
Il dibattito sulla riforma della PAC nel periodo post 2020 è ormai definitivamente avviato.
Lo certifica la consultazione “semplificazione e modernizzazione” della PAC, lanciata dalla Commissione Europea il 2 febbraio scorso e che si chiuderà il 2 maggio 2017. [1]
La Commissione ha anche fissato degli step intermedi importanti nel percorso di confronto aperto e di negoziazione sulla PAC post 2020:
• ha previsto per luglio 2017 una conferenza aperta in cui verranno presentati e discussi i risultati della consultazione;
• ha fissato a fine 2017 la deadline per la presentazione di una Comunicazione al Parlamento Europeo e al Consiglio sulla PAC post 2020. [2]
Alcune criticità della consultazione (e del dibattito) sulla PAC post 2020
La consultazione in corso sulla nuova PAC verte su un questionario on line, disponibile sul portale della Commissione, che è strutturato intorno a cinque aree di indagine:
• presentazione degli operatori che prendono parte alla consultazione (“about you”);
• agricoltura, aree rurali e la PAC oggi;
• obiettivi e sistemi di governo della PAC post 2020;
• agricoltura, aree rurali e la PAC domani;
• modernizzazione e semplificazione.
Non conosco a fondo logiche e strumenti di intervento del I pilastro della PAC, ma a me sembra che la struttura e le singole domande del questionario on line facciano emergere delle criticità e/o delle bias implicite su cui vorrei fare in seguito degli approfondimenti da pubblicare su questo blog. Le principali sono presentate di seguito.
Criticità 1 – Rischio di indebolire l’articolazione della PAC in due pilastri
Se da un lato è vero che la PAC ha grandi obiettivi strategici che possono/debbono essere perseguiti attraverso gli interventi sia del I sia del II pilastro, è parimenti vero che i due pilastri hanno obiettivi specifici e strumenti diversi. Di questo bisogna continuare a tenere conto, anche considerando che:
• le aree rurali in Europa sono estremamente diversificate e, quindi, esprimono domande di intervento molto variegate. Il mantenimento di II pilastri può consentire di corrispondere meglio a una domanda di politiche così diversificata;
• per loro natura gli interventi del I pilastro si configurano come strumenti congiunturali, mentre quelli del II pilastro sono strumenti di una politica propriamente strutturale. [3]
Criticità 2 – Necessità di migliorare e qualificare gli interventi a sostegno della funzione di produzione di cibo dell’agricoltura
La struttura del questionario e le varie domande continuano a denotare una bias verso gli interventi “produttivistici” e verso una visione subalterna delle aree rurali nei confronti delle città. [4]
Se da un lato è vero che anche la nuova riforma dovrà corrispondere agli obiettivi della PAC di tutela e stabilizzazione dei redditi degli agricoltori, stabiliti dai Trattati di Roma del 1957 e confermati dai Trattati di Lisbona (2009), per cui dovranno essere mantenuti degli interventi che sostengano quantità e qualità dell’output agricolo, dall’altro non è il caso di replicare gli eccessi della Comunicazione della Commissione del 2010 sulla PAC 2014-2020 in cui si parlava a carattere cubitale di obiettivi di sicurezza alimentare. In merito due considerazioni:
• è ben noto che disponibilità di beni agro-alimentari e volatilità dei relativi prezzi, sovente, hanno ben poco a che fare con la produzione agricola “sul campo” e sono sempre più condizionate – specialmente dopo le liberalizzazioni finanziarie degli anni Novanta – da: (i) i movimenti speculativi di capitali, come ha riconosciuto implicitamente, non molto tempo fa, la stessa “bibbia” del liberismo The Economist, e (ii) gli investimenti di medio-lungo termine da parte di grandi operatori finanziari internazionali, quali i fondi sovrani [5]. Un altro aspetto assolutamente centrale sottolineato da The Economist è che i rischi di carenza di cibo, a fronte dell’aumento della popolazione mondiale, sono da ricondurre in realtà alla crescita continua delle aree urbane che riducono le terre arabili, inducendo gli operatori finanziari mondiali ad autentiche operazioni di “land grabbing”;
• fra gli stessi operatori del settore sono state espresse varie critiche in merito a “la capacità di garantire i redditi agli agricoltori, in quanto [la PAC] continua a premiare la rendita e favorisce le grandi aziende; di stabilizzare i redditi degli agricoltori, in quanto distribuisce a pioggia le risorse” (cfr. Brunori G., Tre obiettivi (più uno) per la Pac post-2020, AgriRegioniEuropa, Marzo 2017).
Per la nuova PAC non si tratterà di garantire la “sicurezza alimentare” in Europa, ma si tratterà, a mio modesto avviso, di continuare a stabilizzare il reddito dei produttori agricoli incentivandoli, al tempo stesso, a garantire sempre più elevati livelli di genuinità e qualità dei prodotti agricoli e zootecnici e a onorare le clausole legate al rispetto della dimensione “multi-funzionale” dei sistemi rurali. Qui si apre, peraltro, un dibattito, su cui non posso soffermarmi in questa sede, sempre più attuale, che concerne le responsabilità etiche dei produttori e anche degli stessi consumatori rispetto al consumo di prodotti agricoli e l’auspicabile missione di “custodi” (di tradizioni culturali locali, delle varietà genetiche, della funzione di tutela territoriale e ambientale delle terre coltivate) degli agricoltori che, com’è noto, in Italia è magistralmente alimentato da molti anni da Carlo Petrini.
Criticità 3 – Necessità di salvaguardare le funzioni ambientali, sociali e territoriali della PAC
A mio modesto avviso nel dibattito – e nello stesso questionario – sarebbe più utile attenersi alla suddivisione degli strumenti di intervento della PAC in tre grandi cluster (il terzo dei quali attiene, specificamente, al II pilastro):
• Pagamenti diretti.
• Misure di mercato e schemi di gestione del rischio.
• Misure di sviluppo rurale.
In primo luogo, va considerato che ciascuno di questi cluster di strumenti ha degli obiettivi specifici, delle logiche diverse e anche disuguali tempistiche di maturazione degli effetti.
In secondo luogo, un siffatto modo di approcciare il dibattito lenisce il rischio che questo si appiattisca troppo su obiettivi di tutela della funzione di produttrice di cibo dell’agricoltura e contribuisce a tenere vivo il confronto sul tema della “multi-funzionalità” del comparto agricolo e sui relativi interventi di sostegno.
Questa impostazione, peraltro, è quella fatta propria implicitamente dal Parlamento Europeo in un rilevante (e ponderoso) studio – Research for Agri Committee. CAP Reform post 2020. Challenges in Agriculture – datato ottobre 2016 che, appunto, era strutturato in aree di ricerca e di proposta politica corrispondenti ai tre cluster di strumenti.
Tale studio, che era stato elaborato in vista di un importante workshop del Comitato sull’Agricoltura e sullo sviluppo rurale che si è tenuto l’8 novembre 2016, nelle conclusioni sugli interventi a sostegno dello sviluppo rurale, invita a [7]:
• rafforzare e qualificare meglio la funzione sociale della PAC (rafforzandone la rilevanza anche rispetto agli altri obiettivi propri della “multi-funzionalità”, ossia gli obiettivi di tutela ambientale e territoriale);
• potenziare gli interventi di sensibilizzazione, informazione e capacity building (definiti misure di supporto “soft” nello studio), specialmente nelle aree più deboli;
• adottare più esplicitamente un approccio “basato sui luoghi” (“place-based” development) per definire l’intera struttura dei Programmi di Sviluppo Rurale (nazionali e regionali). Questo soprattutto in relazione a quelle aree – in Italia si parla di “aree interne” – che sono maggiormente a rischio di precipitare ulteriormente in drammatici “circoli viziosi” per cui dinamiche di marginalizzazione economica e sociale e spopolamento si rafforzano a vicenda.
Questo studio, pertanto, richiede di rafforzare l’approccio “basato sui luoghi”, anche oltre la dimensione CLLD/LEADER dei PSR.
Quest’ultimo è un aspetto di grande rilievo che, peraltro, lega più saldamente il dibattito sul futuro del II pilastro della PAC a quello sul futuro delle altre grandi politiche strutturali dell’UE (politica regionale, più nota come “politica di coesione”, e politica comune della pesca).
A mio parere, come cercherò di evidenziare in successivi articoli su questo blog, per tutte le politiche strutturali dell’UE va frenato il progressivo scivolamento di tali politiche – particolarmente marcato nella programmazione 2014-2020 – verso un approccio “settoriale”, ampiamente discutibile.
Le politiche regionali e di sviluppo rurale dell’UE – ma anche diverse priorità della politica della pesca presentate nel Reg. (UE) N. 508/2014 – dovrebbero essere ancorate in primo luogo ai territori. Pertanto, nel dibattito su tali politiche per il periodo post 2020, andrebbe ri-affermata con forza la necessità di un approccio “place-based”.
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[1] Va anche ricordata la Conferenza “Cork 2.0” che si era tenuta a Settembre nella città irlandese, a venti anni di distanza della Conferenza di Cork del 1996 che aveva profondamente influenzato l’affermazione di un II pilastro della PAC (“Sviluppo rurale”) e di obiettivi ambientali, territoriali e sociali per la PAC, a fianco di quelli più noti di tutela delle produzioni e dei redditi agricoli.
[2] Il background document della Commissione a sostegno della consultazione specifica che questa è anche funzionale a una valutazione di impatto della PAC.
Questo documento, infatti, parla esplicitamente di una background initiative della Commissione “Inception Impact Assessment”.
Non va dimenticato, peraltro, che il 2017 è l’anno del negoziato e, entro fine anno, dell’approvazione del cosiddetto “Regolamento Omnibus”, ossia la revisione di medio termine della PAC 2014-2020, la cui data di entrata in vigore è fissata al 1° gennaio 2018.
[3] Sulla necessità di considerare adeguatamente le differenze negli obiettivi e negli strumenti dei due pilastri della PAC si veda l’autorevole contributo recente di Brunori sulla rivista AgriRegioniEuropa. Cfr. Brunori G., Tre obiettivi (più uno) per la Pac post-2020, AgriRegioniEuropa, anno 13 n.48, Marzo 2017.
Tale indicazione era stata anche espressa dal Comitato Economico e Sociale Europeo (CESE) con l’Opinione The main underlying factors that influence the Common Agricultural Policy post-2020 del 21 gennaio 2016.
[4] Sulla necessità di recuperare una visione più equilibrata sulle funzioni delle città (esaltate dal dibattito sulle “smart cities” come motore del cambiamento economico) e delle aree rurali e, soprattutto, di inquadrare meglio, sia nel dibattito, sia nella formulazione degli interventi di policy, le relazioni fra aree urbane (e sub-urbane) e aree rurali rinvio al mio post “I nuovi GAL del Lazio oltre il 2020. Due suggerimenti per un percorso di istituzionalizzazione” del 5 novembre 2016.
Va posto in evidenza che vi è un’attenzione su questo tema molto forte da parte del Parlamento Europeo. Si veda il recente contributo del Servizio di ricerca del Parlamento Europeo (EPRS) “Bridging the Urban-Rural divide. Rural-Urban partnerships in the EU”, che richiama anche le indicazioni di un importante studio dell’OCSE: OECD (2013), Rural-Urban Partnerships. An integrated approach to economic development, OECD Publishing, Paris.
[5] The Economist (2015), Investing in Agriculture. Barbarians at the farm gate, 30th December 2015
[6] Come è stato recentemente confermato da primi documenti metodologici del progetto di ricerca PROVIDE, per multifunzionalità si può intendere la capacità delle aziende agricole di produrre i seguenti beni pubblici:
• Salvaguardia dei paesaggi rurali,
• Tutela della biodiversità,
• Qualità dell’acqua,
• Disponibilità dell’acqua,
• Funzionalità del suolo.
• Stabilità del clima,
• Qualità dell’aria,
• Prevenzione delle alluvioni,
• Prevenzione degli incendi,
• Vitalità rurale,
• Sicurezza alimentare,
• Salute e benessere animale.
Il progetto PROVIDE è cofinanziato dal Programma Horizon 2020 (segnatamente dalla Sfida sociale 2 “Sicurezza alimentare/agricoltura e silvicoltura sostenibili/bio-economia” del III Pilastro “Sfide sociali” di Horizon 2020).
L’acronimo PROVIDE sta per PROVIding smart DElivery of public goods by EU agriculture and forestry in quanto il progetto di ricerca, che è stato avviato il 1 settembre 2015, è volto a capire meglio il contributo del settore primario alla produzione di “beni pubblici”.
[7] Il titolo del simposio, organizzato dal Comitato sull’Agricoltura e sullo sviluppo rurale del PE è “Reflections on the Agricultural Challenges post-2020 in the EU: Preparing for the Next CAP Reform”.