‘You cannot solve a problem
on the same level that it was created.
You have to rise above it to the next level’Albert Einstein
Horizon 2020 è probabilmente il programma di finanziamento europeo più citato. Il suo successore per il periodo post 2020 – il 9° Programma Quadro per la R&ST – è, fra gli strumenti di finanziamento dell’UE, quello su cui si concentrerà maggiormente l’attenzione degli osservatori, insieme ai fondi per la PAC e ai Fondi Strutturali. Ciò a causa dell’importanza che questo Programma avrà per consentire al sistema produttivo continentale di restare al passo delle altre grandi forze egemoniche internazionali per quel che concerne le molteplici sfide della rivoluzione, basata su digitale e nano-tecnologie, in corso, che la storica economica Carlota Pérez indica come la quinta rivoluzione tecnologica negli ultimi due secoli e mezzo. [1]
Al momento, se da un lato il dibattito sul futuro della politica per la ricerca e l’innovazione dell’UE è già alquanto vivace, dall’altro è innegabile che per osservatori esterni e cittadini comuni non è facile capire quale sia lo stato di elaborazione delle nuove proposte da parte della Commissione Europea. A mia conoscenza, il contributo ufficiale più avanzato proposto dalla Commissione è il c.d. “rapporto Lamy”. Il 1° dicembre scorso il Consiglio Competitività dell’UE ha rilasciato delle Conclusioni molto importanti in merito al futuro delle politiche per la ricerca in Europa, dal titolo significativo “From the Interim Evaluation of Horizon 2020 towards the ninth Framework Programme” . [2]
Per questo motivo è assolutamente da non perdere il convegno “Verso il 9° Programma Quadro di ricerca e innovazione. L’Italia e la sfida europea” che l’APRE ha organizzato a Roma (si terrà presso la sede del CNR, il prossimo 12 dicembre).
Quale che sia lo stato di elaborazione delle proposte della Commissione, a mio modesto avviso vi sono quattro quesiti di fondo sul prossimo negoziato sulle scelte in materia di priorità strategiche, ammontare complessivo e ripartizione dei fondi dell’UE per la ricerca, l’innovazione e la competitività:
1. su quale base strategica generale verrà condotto il negoziato? Al momento attuale, infatti, alla luce delle molteplici criticità di ordine politico – in primis l’incertezza sulle trattative per la fuoriuscita del Regno Unito – non esiste alcuna proposta sul quadro di policy generale dell’UE che sostituirà la strategia “Europe 2020”;
2. quale dovrebbe essere il bilanciamento, nel 9° Programma Quadro (PQ), fra scienze umanistiche e sociali (SSH – Social Sciences and Humanities), scienze “dure” (STEM – Science, Technology, Engineering, Mathematics) e tecnologie abilitanti (KETs – Key Enabling Technologies)? [3]
3. quali sono i legami fra il nuovo quadro delle politiche per la ricerca e l’innovazione, le politiche industriali attuali e future dell’UE e, non ultimo, gli ulteriori avanzamenti in materia di agenda digitale europea e diffusione delle reti di nuova generazione (in primis le reti 5G?) [4]
4. quali sono le sinergie possibili fra il 9° PQ per la R&ST (uno strumento “macroeconomico”) e le “strategie nazionali e regionali di specializzazione intelligente”? Le “strategie di specializzazione intelligente” (anche indicata con l’acronimo RIS3), infatti, a mio modesto avviso hanno contribuito a migliorare la programmazione degli interventi a sostegno della ricerca e dell’innovazione a livello nazionale e regionale, ma fin qui non hanno contribuito a costruire un desiderabile ponte fra il PQ per la R&ST dell’UE – nel periodo in corso battezzato Horizon 2020 – e le strategie nazionali e regionali di ricerca e innovazione. Sin dalle prime proposte ufficiali della Commissione inerenti la politica di R&ST e la programmazione dei nuovi Fondi Strutturali post 2020, sarebbe opportuno che si dimostrasse chiaramente che vi sono, in effetti, delle opportune sinergie fra il 9° PQ e le priorità strategiche in materia di ricerca ed innovazione e di sostegno al tessuto produttivo e alle PMI dei programmi di spesa nazionali e regionali che verranno cofinanziati dai Fondi Strutturali. Questo, a parere di chi scrive, sarà possibile solo se vi saranno contestualmente indicazioni più stringenti in merito ai vincoli strategici e settoriali nella formulazione delle strategie di specializzazione intelligente. [5]
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[1] Cfr. Pérez C., Are We on the Verge of a New Golden Age?A long-wave theory of technological and economic change suggests the financial malaise that began in 2007 may be about to end. Strategy Business, 28.08.2017;
[2] Cfr. European Commission; FAB – LAB – APP. Investing in the European future we want. Report of the Independent High Level Group on maximising the impact of EU Research and Innovation Programme, July 2017
[3] Questo tema è stato diffusamente trattato nel corso dell’importante conferenza “Progettare insieme in Horizon 2020” (Catania, 24 e 25 ottobre 2017).
La questione del bilanciamento fra SSH, STEM e KETs è parimenti centrale nel progetto di ricerca Bohemia, progetto che sta influenzando ampiamente il dibattito a livello comunitario sul 9° PQ di R&ST.
[4] La strategia industriale europea attualmente è quella delineata nella recentissima Comunicazione della Commissione “Investing in a smart, innovative and sustainable industry. A renewed EU industrial policy”; COM (2017) 479; 13.9.2017
[5] Sono consapevole che la strategia di specializzazione intelligente è stata applicata dalla Commissione soprattutto per migliorare la programmazione degli interventi a sostegno della ricerca e dell’innovazione cofinanziati dai Fondi Strutturali, ma sono assolutamente dell’avviso che nel periodo post 2020 si debba “richiedere” alla strategia di specializzazione intelligente funzioni più elevate di coordinamento fra interventi a livello europeo a sostegno di scienza, ricerca ed innovazione tecnologica e sociale e interventi a livello nazionale e regionale. Per una posizione simile, si veda il breve ma incisivo contributo “Smart Specialisation: chiampioning the EU’s economic growth and investment agenda?” di Alison Hunter, esperta dello European Policy Centre (EPC).
Aggiungo che ci sarebbe da fare anche una riflessione su obiettivi ed attuazione effettiva dei Partenariati Europei per l’Innovazione (PEI), per capire meglio quale debba essere il loro ruolo nella protrazione post 2020.