Il POR FESR Lazio: il riconoscimento ufficiale della validità del lean startup approach

Sede Regione Lazio

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La Giunta Regionale del Lazio ha recentemente adottato unitariamente le tre proposte di Programmi Operativi sui Fondi Strutturali europei e sul Fondo Europeo Agricolo per lo Sviluppo Rurale con la deliberazione n. 479 del 17 luglio 2014.

Il presente intervento concerne la bozza del POR FESR.
Al momento, nell’attesa che si concluda il negoziato con la Commissione Europea, appare prematuro ogni giudizio complessivo.

Due elementi relativi agli Obiettivi tematici 1 e 3 (Assi 1 e 3) del POR – quelli maggiormente orientati al sostegno del sistema innovativo del Lazio e del suo tessuto produttivo – meritano, tuttavia, una breve riflessione:

  1. la Giunta Regionale conferma nel POR la sua volontà di creare “un ecosistema abilitante favorevole alle startup” (v. p. 42), «nella consapevolezza che la nascita e lo sviluppo di startup innovative ad alta intensità di conoscenza e gli spin off della ricerca costituiscono uno strumento di crescita economica ed occupazionale, specie quella giovanile e di alto profilo» (v. p. 43).
    L’orientamento strategico della Giunta a sostenere la creazione di nuove imprese innovative era già stato chiaramente indicato nei mesi precedenti, in particolare nella “Legge di stabilità regionale 2014”, che ha previsto l’avvio di due nuovi Fondi di seed capital a sostegno delle startup innovative e di esperienze imprenditoriali che valorizzano la creatività (art. 6 e 7 della L.R. di stabilità) e nell’ambito del  Programma Start Up Lazio! (Programma con il quale la Regione ha assunto l’impegno di stanziare 10 milioni di euro per finanziamento di 5 anni rivolto alle startup innovative costituite da non più di 48 mesi);
  2. la Giunta Regionale indica che, per ridurre il rischio di una elevata moria delle imprese neo-costituite, in vece dell’approccio tradizionale basato sullo strumento del business plan, «si ritiene prioritario intervenire attraverso un altro tipo di approccio, sviluppato da Steve Blank, il Lean startup» (v. p. 22).

Questa scelta strategica, oltre che particolarmente innovativa, risulta davvero gratificante per il sottoscritto che, già nel dicembre scorso, in un post su questo blog inerente il processo di formulazione partecipata del POR FSE Lazio (‘La programmazione FSE 2014-2020: l’importanza di sperimentare nuovi approcci per sostenere il lavoro autonomo e l’imprenditorialità sociale‘), invitava i decision-makers regionali ad adottare l’approccio Lean startup (sul quale si vedano Blank 2005, 2013; Blank, Dorf 2013 e Ries 2011), in quanto un business plan, anche se validato da analisi rigorose (in primis quella di mercato), può risultare alla prova dei fatti (“alla prova del mercato”) fallace.
L’approccio Lean startup, in alternativa alla lunga fase di pianificazione strategica e finanziaria che porta alla formulazione definitiva del business plan, conferisce un ruolo decisivo alla fase di market discovery (o meglio, per usare le parole di Blank, alla fase di “customer development”). Il presupposto logico, in altri termini, è che una idea innovativa va “portata sul mercato” e va migliorata attraverso un processo iterativo “build-measure-learn” guidato dai feedback dei potenziali clienti. Sarà sulla base di questi feedback e dei risultati – eventualmente anche fallimentari – di mercato, che quella idea dovrà essere corretta, adattata e, se del caso, riproposta ex novo.

A fronte di questa interessante e importante innovazione, non si può che confermare in questa sede anche l’invito, già espresso nel post di cui sopra, di adottare un approccio alternativo alla definizione tradizionale del piano strategico e del “modello di business”, denominato Business Model Canvas, il cui template si può scaricare dal portale che prende il nome dal titolo del libro: http://www.businessmodelgeneration.com.

Tale approccio, perfezionato soprattutto da Osterwalder e dai suoi collaboratori (2010), individua quattro “macro aree” e nove elementi-chiave sulla cui base definire il modello di business:

  • infrastruttura (risorse chiave, attività chiave, partners chiave),
  • offerta di valore per la clientela (benefici materiali e immateriali),
  • clientela (gruppo target, relazioni con il target, canali di distribuzione),
  • fattibilità finanziaria (struttura dei costi e flussi previsti di ricavi).

Il Business Model Canvas oltre a caratterizzarsi per una maggiore capacità di valorizzare meglio la creatività e la “visione” dei neo-imprenditori, peraltro, può essere facilmente “trasformato”, se necessario, in un business plan convenzionale, come chiaramente spiegato nel manuale di Osterwalder e Pigneur (2010).

Bibliografia

BLANK S. (2005), The Four Steps to the Epiphany, K&S Ranch, San Francisco
BLANK S. (2013), “Why the Lean Start-Up Changes Everything”, Harvard Business Review, May,
BLANK S., DORF B. (2013), Startupper. Guida alla creazione di imprese innovative, EGEA, Milano
OSTERWALDER A., PIGNEUR Y. (2010), Business Model Generation, Wiley and Sons, Hoboken, New Jersey
RIES E. (2011), The Lean Start Up, Crown Publishing, New York

 

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