A cosa servono i fondi europei?
Nel precedente post del 10 febbraio scorso ricordavo che gli elementi portanti di un approccio strategico all’accesso ai fondi dell’UE, come ho già espresso più volte su questo blog e nella Guida del 2017 che ho elaborato per il Centro Studi Funds for Reforms Lab, sono:
• la mappatura dei fondi dell’UE;
• la “matrice di finanziabilità” delle organizzazioni. [1]
In questo post richiamo alcuni elementi portanti di una adeguata mappatura dei fondi dell’UE.
La mappatura dei fondi europei consiste semplicemente in una serie di “riclassificazioni” funzionali dei vari strumenti di finanziamento dell’UE, riclassificazioni che consentono di capire meglio come questi abbiano tutti una ben definita relazione con gli orientamenti di policy dell’UE e, di riflesso, abbiano una puntuale collocazione nel complesso sistema di finanza pubblica dell’UE. [2]
E’ importante in quanto l’approccio strategico ai fondi dell’UE richiede di capire bene il legame fra politiche dell’UE e relativi strumenti di finanziamento.
Una domanda che, sovente, viene trascurata concerne la natura stessa dei fondi europei.
Se ci si chiedesse più spesso “a cosa servono i fondi europei?” sarebbe anche più facile capire:
• quale sia un modo pragmatico di delineare una proposta progettuale che abbia buone chance di successo (e capire/applicare come si deve, con umiltà e pragmatismo, il concetto di pertinenza “verticale”);
• come migliorare la strategia di accesso alle informazioni realmente rilevanti, partendo non tanto dai vari siti specializzati, ma molto più operativamente dagli speech dei decisori pubblici europei e da quelli dei dirigenti di Direzioni Generali della Commissione ed agenzie europee ed anche dalle Comunicazioni della Commissione che, semplificando, si possono accostare alle “proposte di legge” dell’iter legislativo del nostro Paese;
• come migliorare i processi di lobbying (ricordando che la lobbying fatta in modo onesto e professionale è uno strumento assolutamente cruciale per accedere ai contributi pubblici).
I finanziamenti dell’UE sono semplicemente uno strumento per attuare le politiche pubbliche dell’UE. E’ una risposta banale alla domanda di cui sopra, ma a mio modesto avviso è questa la risposta più giusta per capire a cosa servono i fondi europei e capire il motivo per cui l’UE – il suo organo esecutivo Commissione Europea o una sua agenzia delegata – eroga delle sovvenzioni.
Tutte le organizzazioni dovrebbero avere l’umiltà di accettare questa risposta apparentemente banale e capire che candidando un progetto per accedere alle sovvenzioni dell’UE, esse si candidano a diventare co-protagoniste dell’attuazione delle politiche europee (siano, quest’ultime, condivisibili o meno).
Questo modo di porsi, come spiegherò meglio in dei post successivi, è parimenti fondamentale per accettare il concetto di pertinenza “verticale” (o mainstreaming “verticale”, o anche pertinenza “istituzionale”). In sede di formulazione dei progetti da candidare in risposta a una call for proposal europea, non si deve avere la pretesa di inventare di nuovo la ruota. E’ molto più ragionevole (e “paga” molto di più) elaborare una proposta che sia “fit” con gli indirizzi di policy dell’UE, sia quelli stabiliti ai livelli decisionali più elevati (Consiglio Europeo; Consigli dell’UE e Parlamento Europeo), sia quelli dettagliati meglio e implementati a livello di Direzioni Generali della Commissione Europea.
Non a caso, tutti gli avvisi di finanziamento in genere richiamano brevemente gli obiettivi di policy generali (aggiornati) a cui fa riferimento l’avviso e degli obiettivi specifici dell’avviso coerenti con quelli sovra-ordinati.
La pertinenza “verticale” dei progetti europei
Quanto sopra implica che, se si vuole che la proposta di progetto venga finanziata, si deve delineare un “quadro logico” di obiettivi del progetto e di azioni assolutamente coerenti con gli obiettivi delle politiche pubbliche europee a cui fa riferimento quel dato fondo e/o quel dato avviso di finanziamento.
Questa è l’essenza del concetto di pertinenza “verticale” (mainstreaming “verticale”). [3]
Un progetto europeo, pertanto, deve contribuire a risolvere dei problemi delineati dalle Istituzioni europee e, più specificamente, dall’avviso. Tutti i progetti devono essere informati a un approccio “problem solving”, ma quando si tenta di accedere alle sovvenzioni dell’UE il quadro dei problemi da risolvere, piaccia o meno, è già stato delineato. Lanciando una call for proposal l’UE (la Commissione) lancia una sorta di concorso di idee su come poter risolvere meglio e/o in modo innovativo dei problemi collettivi.
Per questo motivo già nel precedente post suggerivo che così come una azienda commerciale cerca di risolvere dei problemi e/o soddisfare dei bisogni della loro clientela target, così un’organizzazione, mutatis mutandis, deve avere l’umiltà di candidare un progetto che possa consentire agli enti finanziatori di superare dei problemi specificati nell’avviso di finanziamento. [4]
La mappatura dei fondi europei dovrebbe, quindi, consentire di facilitare:
• una più chiara individuazione dei nessi fra obiettivi generali e politiche dell’UE e i vari strumenti di finanziamento;
• una migliore comprensione dei limiti di applicazione di ciascuno degli strumenti di finanziamento dell’UE, ma anche delle possibili sinergie fra i vari strumenti;
• una migliore comprensione della diversa natura dei fondi “a gestione diretta” e dei fondi “a gestione concorrente” (segnatamente i Fondi Strutturali e di Investimento Europeo – Fondi SIE – la cui gestione è delegata a Governi centrali e Regioni degli Stati Membri). Tale classificazione dei fondi dell’UE, infatti, non ha solo delle fondamenta giuridico-istituzionali nel sistema di governo multi-livello dell’UE, ma ha anche una ratio legata alla diversa finalizzazione dei fondi “diretti” e dei Fondi SIE. Avere ben chiara questa diversa finalizzazione è conditio sine qua non per formulare dei progetti pertinenti che abbiano buone possibilità di essere ammessi a beneficio;
• la formulazione di una efficace strategia di accesso ai fondi dell’UE che, inter alia, includa un ben calibrato sistema di lobbying e delle efficaci procedure di raccolta e selezione delle informazioni rilevanti sugli avvisi di finanziamento (la cui pubblicazione, specialmente nel caso dei Programmi “a gestione diretta”, è facilmente prevedibile con congruo anticipo). [5]
Solo dopo che l’organizzazione avrà ricostruita una mappatura generale dei fondi dell’UE, potrà anche capire meglio quali sono gli strumenti di finanziamento che le servono davvero e perché servono a perseguire la mission di quella data organizzazione.
Solo dopo aver ristretto il novero degli strumenti di finanziamento in linea di principio pertinenti rispetto alla sua missione, una data organizzazione potrà (a mio avviso, “dovrà”) elaborare la matrice di finanziabilità ed effettuare una severa analisi dei vincoli “interni” ed “esterni” all’accesso ai finanziamenti europei. [6]
Una corretta mappatura, infatti, ha un importante riscontro pratico: tutte le organizzazioni, una volta che hanno rilevato i fabbisogni di finanziamento che si potrebbero colmare con finanza pubblica europea, possono più facilmente individuare gli strumenti di finanziamento europei più adatti. Questo è reso possibile, appunto, dalla matrice di finanziabilità, un utile strumento operativo che si può considerare il fulcro dell’approccio strategico ai fondi dell’UE.
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[1] La matrice di finanziabilità di una organizzazione – si tratti di una impresa commerciale, di una cooperativa, di un ente non profit, o anche di enti pubblici – è il fulcro di un autentico approccio strategico ai fondi dell’UE.
Tale strumento, fondamentalmente, segue la logica generale di combinare sempre nel modo più adeguato fabbisogno finanziario e fonti di finanziamento di una organizzazione e i relativi cicli temporali.
Tale matrice costituisce una sorta di cruscotto operativo per una ricerca di finanziamenti agevolati realmente pertinente rispetto ad esigenze e capacità di una data organizzazione. Avendo chiare le dinamiche evolutive delle politiche europee e i canali di finanziamento più adatti per una data organizzazione, una volta elaborata la matrice di finanziabilità, si può concentrare la ricerca sui fondi europei e sugli avvisi più pertinenti.
Una matrice di finanziabilità si può formulare sia in relazione a una data organizzazione, sia in relazione a un progetto.
[2] L’operazione, solo apparentemente semplice, richiede una notevole conoscenza del sistema istituzionale e legislativo dell’UE, del suo sistema di finanza pubblica e, non ultimo, delle varie politiche pubbliche che sono portate avanti dalla Commissione, organo di governo dell’UE (in base alla ripartizione di funzioni di policy fra UE e Stati Membri stabilite dal Trattato di Lisbona).
[3] La “pertinenza” – anche indicata come “rilevanza” in base a una discutibile traduzione del termine inglese “relevance” usato nella letteratura internazionale – di progetti/piani è uno dei principali criteri di valutazione per la loro selezione e ammissione a beneficio, o anche per dare giudizi sulla loro riuscita o meno in sede di valutazione ex post. In generale, i principali criteri di valutazione sono:
• pertinenza (“relevance”),
• fattibilità tecnica, economico-finanziaria e amministrativa,
• efficienza,
• coerenza (interna ed esterna),
• efficacia e impatto,
• sostenibilità (capacità di produrre impatti socio-economici che possono durare nel corso del tempo).
La questione critica rimarcata nuovamente in questo post è che, sia nel caso della formulazione dei progetti, sia in quello della elaborazione di strategie di sviluppo locale, si trascura sovente l’importanza della pertinenza “verticale” dei progetti (che, in genere, indico anche come dimensione di policy della pertinenza).
[4] Già nel post del 10 febbraio scorso sottolineavo che l’aspetto rispetto al quale molte organizzazioni italiane presentano forti elementi di inerzia è l’accettazione dell’idea è che anche quando si candidano dei progetti per l’accesso a delle sovvenzioni si deve tenere un comportamento “commerciale” e valutare con molta attenzione le richieste dell’ente finanziatore, in modo analogo a quanto fa un’azienda commerciale che voglia vendere dei prodotti/servizi ad una data clientela target.
[5] Una corretta mappatura degli strumenti di finanziamento, infatti, impone anche di individuare correttamente i veri soggetti erogatori dei fondi (sovente si ascolta la frase “c’è un finanziamento europeo”, ma un conto trattare di un finanziamento gestito dalla Regione e un conto trattare di un finanziamento “diretto” della Commissione).
Questo implica un miglioramento sia dei processi di accesso alle informazioni rilevanti, sia delle attività di lobbying.
[6] A tal fine è necessario prestare molta attenzione a tutti gli elementi portanti di una call for proposal europea richiamati nella parte finale del post del 10 febbraio scorso, in particolare ai criteri di selezione.
Tutti gli avvisi pubblici di finanziamento, in genere, presentano quattro blocchi di criteri di valutazione di ammissibilità formale e di merito delle domande di finanziamento:
• criteri di esclusione (exclusion criteria),
• criteri di ammissibilità (elegibility criteria),
• criteri di selezione (operational capacity e financial capacity),
• criteri di merito/premio (award criteria).