‘I buoni individui possono ottenere credito, ma i manager capaci guadagnano denaro’
James C. Van Horn, 1984, p. 152 [1]
La valutazione dell’efficacia degli aiuti alle imprese costituisce uno degli ambiti della ricerca valutativa in cui è più diffuso l’utilizzo di avanzati modelli quantitativi di analisi contro-fattuale. [2]
Come sovente accede nelle analisi economiche, l’uso di equazioni e strumenti statistici ed econometrici conferisce grande appeal a questo tipo di analisi e genera il forte rischio di confondere l’albero e la foresta.
La valutazione contro-fattuale degli effetti dei regimi di aiuto con fondati modelli analitici è certamente importante, ma non va perso di vista il fatto che per capire bene quegli effetti e, quindi, aggiustare in seguito le sottostanti politiche pubbliche, bisogna anche esaminare con molta attenzione:
1. la capacità di decisori pubblici e burocrati di loro fiducia di riuscire a “raggiungere” le imprese che hanno realmente bisogno degli aiuti (targeting delle imprese beneficiarie);
2. l’iter amministrativo dei regimi di aiuto;
3. il tasso di risposta delle imprese agli avvisi di finanziamento;
4. in quale misura gli investimenti ammessi a beneficio siano stati regolarmente conclusi; e
5. in che misura gli investimenti realizzati siano congruenti con le caratteristiche tecniche e con il grado di maturità tecnologica fissati come obiettivo dai policy makers.
Si consideri il caso dei regimi di aiuto a sostegno della Ricerca e dell’Innovazione (R&I) che, in linea di principio, dovrebbero essere quelli potenzialmente più efficaci per aumentare la produttività e la competitività delle imprese. Anche nel caso in cui la formulazione e la gestione dei regimi di aiuto fosse tale da garantire una soddisfacente “addizionalità” degli investimenti, di per sé, questo solo in parte si potrebbe considerare come un effettivo segnale del successo degli aiuti. Invero, qualora le caratteristiche e il grado di maturità tecnologica degli investimenti completati non corrispondessero alle caratteristiche sperate dai decisori pubblici potrebbero registrarsi nel medio termine due effetti indesiderati:
- gli impatti su produttività e competitività delle imprese nel medio termine sono deludenti;
- gli investimenti si rilevano non sostenibili sotto il profilo economico (in altri termini, si registrano effetti temporanei, molto condizionati dagli aiuti che, a distanza di poco tempo, si riducono, finanche ad annullarsi completamente). [3]
La valutazione delle questioni indicate nei punti da 2 a 4 di cui sopra è agevolata da un efficace sistema di monitoraggio che rilevi costantemente avanzamento procedurale e finanziario degli interventi.
La valutazione tramite indicatori quantificabili dell’efficienza dei meccanismi di gestione degli aiuti, infatti, si fonda sulla disponibilità di dati amministrativi raccolti tramite il monitoraggio (e anche i controlli) sull’avanzamento dell’iter amministrativo inerenti gli interventi, che prende le mosse dalla ricostruzione del “parco progetti” e termina con analisi su relazioni dei vertici apicali delle imprese beneficiarie e controlli in loco per verificare il completamento fisico e la congruenza con le indicazioni degli avvisi di finanziamento degli investimenti realizzati.
Gli indicatori “derivati” di avanzamento procedurale di ordine generale che vengono usati anche nel caso della valutazione degli aiuti alle imprese sono:
• Indicatore di capacità progettuale. E’ il rapporto fra progetti di investimento valutati come ammissibili (imprese ammissibili) e progetti presentati (imprese che hanno avanzato richiesta di contributo);
• Indicatore di finanziamento. In generale è dato dal rapporto tra i progetti ammessi a beneficio e quelli valutati finanziabili, oppure dal rapporto fra fondi agevolati richiesti e totale dei fondi stanziati dall’avviso di finanziamento. Nel caso di contributi alle imprese si parla di tasso di take up, definito come rapporto fra imprese che hanno avanzato formale richiesta di aiuto e totale delle imprese potenzialmente ammissibili a beneficio.
• Indicatore di efficienza attuativa. È il rapporto fra progetti avviati e progetti approvati;
• Indicatori di riuscita attuativa. E’ il rapporto tra i progetti conclusi e quelli avviati;
• Indicatore di mortalità dei progetti finanziati. È un indicatore dato dal rapporto fra progetti non realizzati per revoca o rinuncia e progetti approvati.
Per ciascuno di questi indicatori, solo analizzando insieme fattori quali le caratteristiche del sistema produttivo interessato, l’evoluzione delle dinamiche socio-economiche e la composizione del “parco progetti” si può capire davvero il loro valore. Ne è chiara testimonianza il c.d. Indicatore di mortalità dei progetti finanziati. In relazione a questo indicatore bisogna in primo luogo considerare la congiuntura economica. E’ fisiologico, infatti, che la mortalità dei progetti sia particolarmente elevata nelle fasi di congiuntura economica negativa, dal momento che, a fronte delle difficoltà di autofinanziamento, le imprese rinunciano a completare gli investimenti (e al finanziamento già concesso) in quanto non sono in grado di alimentare la quota di cofinanziamento senza ingenerare situazioni di stress finanziario alle imprese.
Fra questi indicatori è particolarmente rilevante il c.d. Indicatore di finanziamento (nel caso degli aiuti alle imprese, indicato più propriamente come “tasso di take up”).
Il valore più o meno elevato di questo indicatore può dipendere da più fattori e bisogna sempre stare attenti a non tirare conclusioni affrettate. Se è oggettivo che un valore molto alto è testimonianza di un interesse generale per un dato strumento agevolativo, è anche vero che:
• in parte questo potrebbe anche dipendere da un processo di targeting e di definizione delle condizioni di accesso piuttosto blando, che ha favorito un’ampia partecipazione di molte imprese (in sede di formulazione dei regimi di aiuto non si è riusciti a captare adeguatamente segnali del mercato, a rilevare quali fossero le imprese “in condizioni di svantaggio” da sostenere e neanche a definire dei criteri di accesso e selezione delle imprese consoni, appunto, ad includere quelle “giuste”);
• potrebbe scaturire dall’adozione di procedure amministrative molto semplificate, il che da un lato è positivo, ma dall’altro è anche indicativo, sovente, di una chiara volontà di utilizzare gli strumenti agevolativi come strumenti di creazione e d alimentazione del consenso politico (distribuzione degli aiuti “a pioggia” con criteri di accesso blandi erogati non tanto per rafforzare le condizioni strutturali di sviluppo, ma per mantenere consenso intorno ad elité politiche e loro programmi di spesa);
• potrebbe, in parte, essere sintomatico di un comportamento da “rent seekers” delle imprese potenzialmente ammissibili a beneficio, che invece di considerare i contributi come un sostegno per incrementare le immobilizzazioni nell’attivo dello Stato Patrimoniale, riescono solo a “vederli” come un sostegno al capitale circolante. A fronte di tale comportamento, in genere, o si rileva una modesta “addizionalità” degli investimenti, oppure una elevata mortalità dei progetti ammessi a beneficio (in genere perché le imprese si erano lasciate “ingolosire” dagli aiuti e non avevano stimato correttamente i fabbisogni di fondi necessari per completare gli investimenti e, a fronte delle prime difficoltà, lasciano cadere i progetti di investimento, non essendo questi realmente decisivi per la competitività). [4]
In conclusione, ben venga che anche in Italia si sia diffusa, negli ultimi anni, la valutazione dell’impatto degli aiuti alle imprese condotta attraverso rigorosi metodi analitici informati all’approccio contro-fattuale, ma le cause che hanno prodotto “quei numeri” rilevati tramite sofisticate tecniche statistico-econometriche (gli impatti rigorosamente stimati) possono essere molteplici e per essere interpretati al meglio, risulta strettamente necessaria anche una attenta analisi degli indicatori di avanzamento procedurale richiamati in questo breve articolo.
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[1] Cfr. Van Horne J.C., Teoria e tecnica della finanza di impresa, Il Mulino, Bologna, 1984
[2] In Italiano, sulle metodologie di analisi controfattuale, si vedano:
Martini A., Mo Costabella L., Sisti M., Valutare gli effetti delle politiche pubbliche: metodi e applicazioni al caso italiano, Formez, Collana “Materiali”, 2006
Busillo F. et al.; L’impatto della politica regionale sulla crescita delle regioni europee: un approccio basato sul Regression Discontinuity Design, Materiali UVAL n. 20/2010.
[3] Questo aspetto è stato chiarito molto bene, recentemente, da uno Special report della Corte dei Conti Europea sulla “durabilità” degli investimenti materiali.
L’audit della Corte dei Conti ha riguardato 41 progetti finanziati dal FESR fra il 2000 e il 2013 ed ha rilevato che, quantunque la maggioranza di questi avesse prodotto degli impatti, in un caso su cinque questi risultati non si sono rilevati sostenibili nel tempo. E la Corte dei Conti indica chiaramente in criticità nella gestione dei regimi di aiuto la causa principale. La Corte dei Conti parla apertamente di scarso focus sulla sostenibilità dei progetti da parte delle Autorità di Gestione dei Programmi FESR (e anche da parte della Commissione in sede di approvazione dei Programmi), di una gestione degli aiuti poco attenta alle condizioni di contesto funzionali alla sostenibilità dei risultati degli investimenti e di sistemi di monitoraggio e controllo che tengono poco conto della necessità di rilevare la sostenibilità degli investimenti a distanza di tempo dalla loro conclusione. Cfr. European Court of Auditors, EU support for productive investments in businesses – Greater focus on durability needed, Special Report n. 8/2018, Luxembourg 12.04.2018
[4] La verifica sulla “addizionalità” è uno dei pilastri di ogni valutazione sull’efficacia degli aiuti. E’ intuitivo, infatti, che se gli aiuti non generano investimenti addizionali rispetto a quelli che i beneficiari avevano già pianificato di realizzare, non si produrranno effetti di rilievo su produttività e competitività delle imprese beneficiarie (o, comunque, se si rilevassero in seguito questi miglioramenti, questi non potrebbero essere attribuiti certo agli aiuti). Si parla in questo caso di “effetto peso-morto” (deadweight effect) o anche “effetto inerziale” degli aiuti.