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La valutazione delle Smart Specialisation Strategies. Il focus dell’analisi deve essere sugli “effetti di apprendimento”

The truth is rarely pure and never simple
Oscar WILDE – The Importance of Being Earnest

Come ho cercato di spiegare nei due precedenti post, a mio avviso, le ‘Smart Specialisation Strategies’ (RIS3) sono documenti di indirizzo strategico-metodologico e non sono dei programmi pluriennali di spesa. Le RIS3 regionali, pertanto, hanno degli obiettivi diretti diversi da quelli dei Programmi pluriennali di spesa cofinanziati dai Fondi Strutturali, inclusi i POR FESR regionali che, nella programmazione 2014-2020, costituiscono per certi versi una sorta di “traslazione operativa” delle RIS3.

Cerco di esplicitare meglio questo aspetto ricordando che gli scienziati politici, in genere, concordano sull’articolazione del ciclo di formulazione delle politiche pubbliche in tre fasi:
definizione dell’agenda di policy (definizione dei problemi da risolvere e delle scelte pubbliche per affrontarli);
decision making (fase in cui le scelte pubbliche vengono ufficialmente adottate tramite processi deliberativi formali);
implementazione (e monitoraggio e valutazione per apprendere dall’esperienza e migliorare successivamente le scelte pubbliche). [1]

A mio modesto avviso, bisognerebbe ponderare meglio i seguenti aspetti distintivi delle RIS3:
si fermano alla fase di “decisione” del ciclo di policy making e, come rimarco anche al capoverso successivo, comunque il processo deliberativo concerne uno strumento di indirizzo (o meglio uno strumento di capacity building volto a migliorare lo stesso processo di policy making) e non un autentico programma pluriennale di spesa;
non sono dei programmi pluriennali di spesa (si limitano a contribuire a migliorare la formulazione di questi). Per le RIS3, quindi, vi è un processo di deliberazione formale particolare che, appunto, concerne uno strumento di capacity building. Il fatto, ad esempio, che la RIS3 Lazio riporti una stima della distribuzione delle risorse finanziarie stanziate per l’Asse 1 e l’Asse 3 del POR FESR Lazio fra le 7 aree di specializzazione scientifico-tecnologica non deve essere causa di fraintendimento. Il vero Programma di spesa è il POR FESR;
non si può individuare una autentica fase di implementazione. Invero, non si vede proprio come si possa delineare una fase di implementazione delle RIS3 o, per certi versi, ancor peggio, sovrapporre una presunta fase di implementazione con quella (effettiva) del POR FESR e di altri Programmi che concorrono a dare corso alla strategia regionale di sostegno alla R&I (siano essi finanziati dai Fondi dell’UE o da finanza regionale come nel caso dei programmi regionali, in genere triennali, a sostegno della ricerca, dell’innovazione e del trasferimento tecnologico).

Immagine ex Pixabay

Immagine ex Pixabay

Alla luce di queste specificità di non poco conto, ancor prima di delineare il piano di monitoraggio e/o il “disegno di valutazione” delle RIS3, bisognerebbe interrogarsi un po’ di più su quali siano i loro obiettivi distintivi.

L’obiettivo generale delle RIS3 regionali (uno strumento di capacity building e non un programma di spesa) è di migliorare l’intero processo di policy making con riferimento alle scelte pubbliche – nazionali o regionali – in materia di ricerca e innovazione. In particolare, sono intese a migliorare la prima fase di agenda setting (si veda il grafico che segue). I principali gruppi-target delle RIS3, a mio modo di vedere, sono i decisori pubblici e i burocrati/tecnici delegati ad attuare le priorità di policy (e quindi responsabili, operatori e consulenti esterni sia delle Direzioni Generali di Ministeri e Regioni, sia di agenzie tecniche nazionali o regionali). In particolare, è particolarmente rilevante il ruolo di dirigenti/funzionari e consulenti esperti di alcune “agenzie esecutive” che fungono da catalizzatori dei processi innovativi.

Grafico – L’importanza degli “effetti di apprendimento” prodotti dalle RIS3

La valutazione dell’impatto delle RIS3, quindi, non concerne tanto l’impatto sul sistema socio-economico, ma quello sui processi di formulazione delle politiche pubbliche. L’impatto socio-economico, inevitabilmente, sarà un impatto riconducibile ai veri Programmi pluriennali di spesa e ad altri strumenti agevolativi di rango nazionale e regionali. Al più, come spiegherò meglio nel prossimo post del 5 aprile, si potrà rilevare un impatto indotto dalle RIS3 nella misura in cui queste:
• abbiano raggiunto il loro vero obiettivo distintivo, che è quello di sollecitare decisori pubblici e burocrati e tecnici a migliorare la loro capacità di allocare “razionalmente” le risorse pubbliche rispetto agli ambiti scientifico-tecnologici in cui veramente le regioni eccellono e rispetto a traiettorie tecnologiche che, in base a previsioni ragionevoli, si potrebbero tramutare in traiettorie di sviluppo sostenibile più elevate. Non è un caso, a mio modesto avviso, che la Guide to Research and Innovation Strategies for Smart Specialisations (RIS3) pubblicata dalla Commissione nel 2012 si chiuda con un Annex III che riporta una serie di “key issues” (8) e di “domande valutative” volte a capire se le procedure consigliate nella Guida di formulazione delle RIS3 sono state correttamente esperite e se, appunto, le RIS3 producono degli effetti di apprendimento fra tutti i principali attori dell’eco-sistema innovativo;
• abbiano contribuito a migliorare anche i comportamenti e le scelte dei principali attori dei sistemi nazionali e regionali dell’innovazione.  A conferma dell’importanza di questo aspetto si veda la Tabella 10 a p. 61 della Guida della Commissione, che riporta una indicazione su alcuni obiettivi di cambiamento della struttura produttiva regionale. Tali obiettivi evidenziano, appunto, quanto le RIS3 – anche attraverso il c.d. Entepreneurial Discovery Process – siano in primo luogo modo importanti per cambiare orientamento all’innovazione delle imprese e stimolare processi collaborativi di R&I.  [2]

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[1] Per una spiegazione molto chiara delle principali fasi del policy making, si veda: Lippi A., La valutazione delle politiche pubbliche, IlMulino, Bologna, 2007.
[2] Due contributi molto rilevanti su approcci metodologici e domande valutative per la valutazione degli interventi a sostegno della ricerca e dell’innovazione sono:
Cunningham P., Gök A., The impact and effectiveness of policies to support collaboration for R&D and innovation; NESTA Working Paper No 12/06, NESTA, London, 2012
European Commission – DG Regio, Evaluation of innovation activities. Guidance on methods and practices; Brussels, 2012

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