Il PON Città Metropolitane (PON Metro), come già indicato nel post “I principali fondi europei contro la povertà e l’esclusione sociale”, del 5 febbraio scorso, è uno dei Programmi del periodo 2014-2020 maggiormente utili anche per sostenere progetti di social innovation. [1]
Questa affermazione si fonda soprattutto sulla disamina delle azioni dei seguenti Assi:
• Asse 3 “Servizi per l’inclusione sociale” (FSE);
• Asse 4 “Infrastrutture per l’inclusione sociale” (FESR). [2]
Gli Assi 3 e 4 si inseriscono nell’alveo della strategia nazionale di “contrasto della povertà abitativa” e di quella di “contrasto della povertà e marginalità estrema”. [3]
E’ evidente che la formulazione del PON Metro è orientata a valorizzare le utili sinergie fra l’Asse 3 e l’Asse 4 ed è proprio su queste sinergie che verte la possibilità di delineare e attuare progetti innovativi in campo sociale. In questa prospettiva, le Azioni più utili non possono essere esaminate singolarmente, ma secondo i seguenti accoppiamenti (v. Figura 1):
• le Azioni 3.1.1 “Azioni integrate di contrasto alla povertà abitativa” (FSE) e 4.1.1 “Realizzazione e recupero di alloggi” (FESR) che, se attuate congiuntamente, dovrebbero consentire di sperimentare su ampia scala anche in Italia il c.d. “paradigma housing first”. Esso si fonda sull’idea-chiave di fornire a dei drop out e ad altri soggetti a rischio di marginalità sociale un “alloggio protetto” che diviene una sorta di base di partenza per un progressivo rientro nei circuiti lavorativi/sociali; [4]
• le Azioni 3.3.1 “Sostegno all’attivazione di nuovi servizi in aree degradate” (FSE) e 4.2.1 “Recupero di immobili inutilizzati e definizione di spazi attrezzati da adibire a servizi di valenza sociale” (FESR) che, se attuate congiuntamente, possono consentire di sperimentare anche in Italia il c.d. “paradigma community hubs”. In base a tale paradigma, è opportuno che più servizi di cura vengano erogati presso uno stesso centro polifunzionale, in primis per il fatto che questo consente di tenere conto meglio della natura “multi-dimensionale” dei problemi di un soggetto in condizioni di disagio. Inoltre, l’erogazione in uno stesso centro di più servizi, integrati meglio, consente sia un migliore scambio di informazioni, sia economie di risorse.
Gli interventi del PON Metro, peraltro, sostengono organizzazioni non profit e imprese “a vocazione sociale” disponibili a farsi carico dell’erogazione di “nuovi servizi in aree degradate” nell’ambito di innovativi partenariati con la PA. Questo anche per il fatto che tali organizzazioni, meglio di altre, sanno creare nuove relazioni sociali inclusive e stimolare la partecipazione fattiva degli stessi destinatari degli interventi, anche quelli in condizioni di maggiore difficoltà. Il PON, in merito, richiama espressamente il concetto di “insurgent city” da intendere come «capacità di auto-organizzarsi per rispondere a una propria esigenza non colmata o non sufficientemente presa in carico dall’azione pubblica». (v. PON Metro, p. 16). [5]
Figura 1 – Il PON METRO a sostegno di alcuni paradigmi emergenti nelle politiche sociali
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[1] Stante la difficoltà di delineare i tratti distintivi dell’innovazione sociale, i progetti informati a tale paradigma, in generale, sono caratterizzati da innovativi modelli di business, da un maggior orientamento ai risultati e alla risoluzione dei problemi dei beneficiari e, non ultimo, da un maggiore orientamento alla “stewardship”, ossia a un utilizzo etico e responsabile delle risorse disponibili.
[2] Il PON Metro prevede interventi nei settori dell’agenda digitale, dell’efficienza energetica, della mobilità sostenibile, del disagio abitativo e dell’inclusione sociale (i suoi quattro Assi operativi, a cui si aggiunge l’Asse di assistenza tecnica). Esso, peraltro, è funzionale all’attuazione del dettato della L. 56/2014 (“riforma Delrio”) che ha istituito le Città Metropolitane e, infatti, interessa solo queste.
Per una più ampia trattazione del PON Città Metropolitane, mi sia consentito rinviare a: Bonetti A. (2018), Il contributo del PON Città Metropolitane ai processi di inclusione e di innovazione sociale, Centro Studi Funds for Reforms Lab, Policy Brief N. 3/2018.
[3] A tale riguardo si ricordi che, fra le “condizionalità ex ante” previste dal regolamento generale sui Fondi SIE, vi sono le seguenti (specificamente riferite all’OT 9 Inclusione sociale):
• esistenza e attuazione di un quadro politico strategico nazionale per la riduzione della povertà;
• esistenza e attuazione di un quadro politico strategico nazionale per l’inclusione dei Rom.
La strategia di “contrasto della povertà abitativa” è volta a ridurre il numero di famiglie e di individui che vivono condizioni di disagio abitativo, con particolare riguardo a individui e famiglie che restano esclusi dai percorsi agevolati dell’Edilizia Residenziale Pubblica (ERP). Per quel che concerne la strategia di “contrasto della povertà e marginalità estrema” si deve garantire una adeguata pertinenza delle azioni con le “Linee di indirizzo per il contrasto della grande emarginazione pubblica” approvate dalla Conferenza Unificata il 5 novembre 2015.
Le Azioni 3.1.1, 3.2.1 (focalizzata su Rom, Sinti e Camminanti) e 3.2.2 (focalizzata su stranieri in emergenza abitativa estrema) supportano le strategie di cui sopra nell’ambito del PON Metro. Gli interventi sono fondamentalmente gli stessi, ma le Azioni 3.2.1 e 3.2.2 sono finalizzate su gruppi target in condizioni di disagio estremo.
[4] Nel PON Metro (v. p. 77) tale paradigma viene spiegato nei seguenti termini: «secondo il paradigma “Housing First” la disponibilità di una casa “adatta” alle esigenze dell’individuo fragile costituisce la precondizione essenziale per consentire l’innesco del graduale percorso necessario alla sua piena integrazione nella società». Esempi di progetti innovativi di housing sociale si possono trovare sul portale della FIOPSD (Federazione Italia degli Organismi per le Persone Senza Dimora).
A latere dell’Azione 3.1.1 vanno considerate le Azioni: 3.2.1 Percorsi di accompagnamento alla casa per le comunità emarginate e 3.2.2 Servizi a bassa soglia per l’inclusione dei senza dimora o assimilati (stranieri in emergenza abitativa estrema). L’Azione 4.1.1 finanzia la realizzazione di “alloggi protetti” – sistemi abitativi con forte valenza sociale – per ridurre il numero di individui/famiglie in condizioni di disagio abitativo.
In relazione all’Asse 4 del PON Metro, va rimarcata l’importanza del c.d. “piano Prodi”, presentato a Bruxelles il 23 gennaio scorso, per rilanciare gli investimenti nelle infrastrutture sociali. Si tratta di una sorta di piano complementare al più noto “piano Juncker”, volto a contrastare il tendenziale declino degli investimenti materiali nel sistema formativo (dai nidi alle università), nelle strutture sanitarie e nell’edilizia sociale in Europa (declino ampiamente rilevato nel rapporto “Boosting investment in social infrastructure in Europe”, a cui ha contribuito anche la Cassa Depositi e Prestiti). Questo piano stima un fabbisogno di investimenti aggiuntivi di circa 150 miliardi di euro entro il 2030, da finanziare attraverso un Fondo Europeo per gli Investimenti Sociali a maggioranza pubblica e un ampio ricorso a schemi di finanziamento delle infrastrutture sociali e di esternalizzazione dei servizi pubblici informati al paradigma “payment-by-results”, in primis ai c.d. Social Impact Bonds (SIBs), uno strumento di finanza strutturata assimilabile al “project finance”, ma finalizzato a sostenere gli investimenti in campo sociale.
I SIBs sono uno strumento particolare, il cui uso per sostenere gli investimenti sociali è in forte espansione, come ricorda la recente nota breve “Social Impact Bonds reach global mass: 108 projects launched in 24 countries” (30.01.2018) di Social Finance UK, promotrice del I SIB sperimentato nel Regno Unito nel 2010.
[5] Questo breve articolo costituisce una occasione importante per ricordare due importanti appuntamenti:
• il seminario “Nessuno escluso. Contro la povertà e l’esclusione sociale” (12.02.2018), organizzato dallo SPI CGIL di Roma e del Lazio presso la sede romana di Via Buonarroti 12;
• il corso del CEIDA “Finanziamenti dell’UE e strumenti di “impact investing” per le Smart Cities” (Roma, 20 e 21 marzo 2018), in cui terrò circa 13 ore di docenza sui fondi UE per l’agenda urbana e l’attuazione del paradigma “smart cities”.