«La vita è più forte di tutto.
La vita non ci appartiene, ci attraversa [..]
Bisogna andare avanti, senza guardarsi indietro,
perché l’energia che ci pervade non possiamo controllarla,
e anche disperati, menomati, ciechi continuiamo a nutrici,
a dormire, a nuotare contrastando il gorgo che ci tira giù»
Niccolò Ammaniti – Anna (2015) [1]
I principali elementi di debolezza del “quadro logico” dei Recovery Plan come emerge dal Reg. (UE) 2021/241 sul Dispositivo per la Ripresa e la Resilienza
Giovedì 18 Febbraio è stato finalmente pubblicato sulla GUUE (Serie L 57 del 18.02.2021) il Regolamento che disciplina il Dispositivo per la Ripresa e la Resilienza (Reg. (UE) 2021/241). [2]
Il testo definitivo del Regolamento ha subito molteplici cambiamenti significativi – soprattutto nell’ambito del Capo I e del Capo II – rispetto alle proposte che erano state avanzate il 28.05.2020 dalla Commissione con la Comunicazione COM(2020) 408.
Il Regolamento, rispetto alle proposte iniziali della Commissione, si caratterizza in primo luogo per una certa razionalizzazione degli obiettivi, anche se continuano ad apparire troppo numerosi sia gli ambiti di intervento, sia gli stessi obiettivi. Questi, come confermato dalle guidelines sui Piani Nazionali di Ripresa e Resilienza (PNRR) del 22 Gennaio scorso, sono stati riordinati nell’ambito dei seguenti sei “pilastri” (aree di intervento di pertinenza europea, come recita l’articolo 3):
1) transizione verde;
2) trasformazione digitale;
3) crescita intelligente, sostenibile e inclusiva (compresi coesione economica, occupazione, produttività, competitività, ricerca, sviluppo e innovazione e un mercato unico ben funzionante con PMI forti);
4) coesione sociale e territoriale;
5) salute e resilienza economica, sociale e istituzionale, anche al fine di aumentare la capacità di reazione e la preparazione alle crisi;
6) politiche per la prossima generazione, infanzia e gioventù, incluse istruzione e competenze.
Vincoli di concentrazione tematica stringenti delle risorse sono previsti solo per i primi due “pilastri”. Gli Stati dovranno concentrare il 37% delle risorse sulla transizione verde ed il 20% su quella digitale.
L’articolo 4, tuttavia, continua ad elencare un numero alquanto elevato di obiettivi di medio-lungo termine – quelli che nel c.d. “approccio di quadro logico” alla formulazione di progetti e programmi complessi vengono indicati come obiettivi generali – e, al tempo stesso, risultano essere alquanto vaghi:
• l’indicazione dell’obiettivo specifico del Dispositivo e dei “risultati attesi” (obiettivi operativi, ossia funzionali al raggiungimento di quello specifico e degli impatti strutturali di lungo termine); [3]
• la formulazione di una intelaiatura strategica che indichi chiaramente i nessi causali fra obiettivi sovraordinati (quelli indicati nell’art. 4), obiettivo specifico e “risultati attesi” ed anche la ratio dell’assegnazione degli strumenti di policy agli obiettivi.
In altri termini, si fa fatica a ricostruire una “matrice di quadro logico” del Dispositivo che possa essere parimenti il quadro logico dei PNRR. [4] La dimensione strategica (“scope”) e gli obiettivi della Facility (presentati negli articoli 3 e 4 del Regolamento), infatti, coprono troppe aree di policy. Ne consegue che, in corso d’opera, potranno emergere molteplici trade-off fra obiettivi di politica economica, essendo troppo numerosi, e, quindi, alcuni di essi verranno inevitabilmente sacrificati. Questo rischio è rafforzato dai tempi ristretti imposti agli Stati Membri per l’impegno delle risorse finanziarie (il 70% delle risorse erogate quali sovvenzioni dovrà essere giuridicamente impegnata già a fine 2022; l’intero montante delle sovvenzioni della Facility dovrà essere integralmente impegnato dagli Stati entro il 31.12.2023).
Peraltro, come anticipato, vi sono vincoli di allocazione delle risorse finanziarie solamente per i primi due pilastri che informano un po’ l’intera strategia di Next Generation EU, ossia transizione verde e transizione digitale. Per il resto mancano dei criteri di allocazione fra le diverse policy areas della Facility.
I rischi legati alla sovrapposizione di aree di policy e obiettivi con quelli dei Fondi Strutturali
Le aree di policy e le tipologie di intervento, peraltro, si sovrappongono ampiamente a quelle dei Fondi Strutturali nell’ambito della “politica di coesione”. Questo implica il duplice rischio di doppio finanziamento di alcuni interventi e/o di effetti di cannibalizzazione fra diversi strumenti finanziari, chiaramente posto in luce dalla Corte dei Conti Europea nella Opinione n. 6/2020 (rilasciata il 9.09.2020). Ivi veniva evidenziato che l’articolo 6 della proposta di Regolamento della Commissione sul Dispositivo per la Ripresa e la Resilienza consente il trasferimento di risorse finanziarie dei Fondi Strutturali e di altri strumenti di spesa dell’UE gestiti “in modalità concorrente” (tutti soggetti al principio di co-finanziamento) a quelli del Dispositivo che, inter alia, non è soggetto alle c.d. “condizioni abilitanti” (le “condizionalità” della programmazione in corso) che indirizzano la formulazione dei programmi pluriennali di spesa cofinanziati dai Fondi Strutturali. Questa opzione è stata confermata nella versione definitiva del Regolamento. [5]
Il rischio, chiaramente paventato dalla magistratura contabile dell’UE, è che tali trasferimenti di risorse possano non essere dettati dalla volontà politica di perseguire meglio certi obiettivi di medio-lungo termine, bensì da scelte tattiche volte a massimizzare la convenienza finanziaria e la facilità di gestione dei Fondi Strutturali oppure del Dispositivo. La Corte dei Conti Europea, non a caso, nella Opinione n. 6/2020 invitava esplicitamente la Commissione e gli organi legislativi a stabilire nel Regolamento finale delle condizionalità volte a limitare tali trasferimenti di risorse finanziarie e anche dei massimali al loro montante complessivo. Purtroppo, certe critiche mosse alla proposta iniziale della Commissione restano tuttora valide. [6]
Infine, sulla scorta delle critiche avanzate nelle due “relazioni speciali”, va evidenziato che, nonostante la sovrapposizione di obiettivi strategici fra Facility e Fondi Strutturali appena richiamata, questi strumenti hanno logiche di intervento e logiche di spesa (o, se si preferisce, “circuiti finanziari”) ben diversi (logiche di intervento e di spesa che ancora non sono completamente delineate per il Dispositivo). Questo, inter alia, potrebbe comportare una duplicazione di compiti per le Amministrazioni Pubbliche che verranno investite di responsabilità gestionali per il Dispositivo e per i Fondi Strutturali e notevole stress sia per il personale, sia a livello organizzativo. [7]
A fronte di questi fondati rischi, va parimenti rilevato che, di converso, la sovrapposizione di ambiti e tipologie di intervento potrebbe anche favorire una migliore e più celere esecuzione dei progetti di investimento nella misura in cui si riuscisse a fare tesoro di buone e cattive pratiche dell’esperienza pluriennale di programmazione e gestione degli interventi co-finanziati dai Fondi Strutturali. [8]
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[1] Le notizie sulla nuova “ondata” del virus e sulla maggiore trasmissibilità delle sue varianti diventano ogni giorno più terribili e angoscianti, ma come ammoniva Niccolò Ammaniti nel suo meraviglioso “Anna”, anche nelle condizioni più difficile dobbiamo e vogliamo continuare «a nuotare contrastando il gorgo che ci tira giù».
[2] Cfr. SERVIZIO STUDI DEL SENATO (2021), Il Dispositivo per la Ripresa e Resilienza, 11.02.2021.
[3] Quale obiettivo nevralgico del Dispositivo si potrebbe assumere l’obiettivo di aumentare la coesione economica, sociale e territoriale dell’Unione indicato dall’art. 4. Tuttavia, si tratta, com’è evidente, di un obiettivo abbastanza vago e, al tempo stesso, coincidente con quello della “politica di coesione”.
[4] A fronte di una letteratura internazionale sconfinata, per degli approfondimenti sul c.d. “approccio di quadro logico” si rimanda a due pregevoli Manuali in Italiano: ROSSI M. (2004), I progetti di sviluppo. Metodologie ed esperienze di progettazione partecipativa per obiettivi, F. Angeli, Milano; STROPPIANA A. (2009), Progettare in contesti difficili. Una nuova lettura del Quadro Logico, F. Angeli, Milano.
[5] Vanno tenuti a mente sia l’art. 7, sia l’art. 9 del Reg. (UE) 2021/241.
L’art. 7 prevede che gli Stati possano riallocare fondi “a gestione concorrente” (i più rilevanti e noti sono i Fondi Strutturali) sul Dispositivo e anche dei fondi a loro disposizione del programma InvestEU. L’art. 9 rimarca che “i progetti di riforma e di investimento possono essere sostenuti da altri programmi e strumenti dell’Unione, a condizione che tale sostegno non copra lo stesso costo”.
[6] Per farsi un’idea più completa dei vari elementi di debolezza del Dispositivo si vedano le due seguenti “relazioni speciali” rilasciate dalla Corte dei Conti Europea: “Opinion No 6/2020 concerning the proposal for a Regulation of the European Parliament and of the Council establishing a Recovery and Resilience Facility” (9.09.2020) e “Review No 06/2020 – Risks, challenges and opportunities in the EU’s economic policy response to the COVID-19 crisis” (9.12.2020).
[7] Su queste criticità si veda il contributo dell’esperto Vito Vacca, “Fondi europei: quattro interventi operativi da fare subito” (“Il Project Manager”, n. 45/2021).
[8] Molica e Fontàs della Conference of Peripheral Maritime Regions (CPMR) hanno messo in evidenza un’altra “minaccia” di NGEU alla programmazione e all’attuazione dei Fondi Strutturali 2021-2027, ossia che l’ingente mole di risorse mobilitate da NGEU e dal Recovery and Resilience Facility potrebbe spingere le autorità pubbliche (nazionali e regionali) e le parti economiche e sociali a concentrare “domanda di risorse” e proposte di progetti cardine per lo sviluppo strutturale sugli interventi del Dispositivo, con conseguente rallentamento della formulazione e dell’avvio dei Programmi Operativi cofinanziati dai Fondi Strutturali (cfr. MOLICA F., FONTÀS E.L. (2020), “Next Generation EU”: a threat to Cohesion Policy? CPMR Technical Note).