1. Questo contributo affronta la questione delle azioni di capacity building per migliorare efficacia ed efficienza delle Istituzioni pubbliche nella gestione dei Fondi Strutturali. In particolare, si sofferma sull’esigenza di differenziare queste azioni sulla scorta dei fabbisogni formativi e di aggiornamento professionale di quattro gruppi target: (i) dirigenti apicali; (ii) posizioni organizzative (quadri intermedi); (iii) funzionari; (iv) soggetti attuatori (entri terzi rispetto alle Istituzioni incaricate della gestione dei Programmi cofinanziati dai Fondi Strutturali).
2. Nei post di Settembre 2023 avevo rimarcato che l’approccio della Commissione Europea alle azioni di rafforzamento amministrativo delle Autorità di Gestione (ADG) dei Programmi cofinanziati dai Fondi Strutturali appare ampiamente discutibile. [1]
3. Muovendo dal modello di definizione e di valutazione delle azioni di capacity building di UNDP (United Nations Development Programme), in quei post avevo prima esaminato le tre “domande guida” del modello:
• Capacity for why? (domanda che serve per definire in modo circostanziato quali sono le ragioni alla base e gli obiettivi specifici delle attività di capacitazione amministrativa);
• Capacity for whom? (domanda intesa a individuare puntualmente quale gruppo target specifico del personale della PA necessita delle azioni di rafforzamento di capacità generali e competenze specifiche);
• Capacity for what? (serve per individuare in modo coerente con le scelte fatte in relazione alle domande precedenti le azioni di capacitazione amministrativa da implementare).
Figura 1 – Domande guida delle strategie di capacity building di UNDP
Poi, soprattutto nel post del 25.09.2023, avevo posto in luce come l’approccio della Commissione Europea, che per il periodo 2021-2027 viene delineato nella c.d. “tabella di marcia per lo sviluppo delle capacità amministrative” (rilasciato nel 2020), si possa giudicare ampiamente debole soprattutto in merito al “capacity for whom?”.
In particolare, va considerato che in questo documento, che ha informato ampiamente la definizione dei Piani di Rigenerazione Amministrativa (PRigA), la Commissione si concentra solo sulle Autorità di Gestione (ADG) dei Programmi e le considera come se fossero un monolite. [2]
Invece, è noto che parlare dell’ADG di un Programma Regionale multi-obiettivo e multi-azioni (sia esso finanziato da FESR o da FSE Plus), di fatto, significa parlare dell’intera Amministrazione Regionale, dato che sono coinvolti nell’implementazione molteplici Dipartimenti/Settori regionali. Inoltre, possono essere investiti di responsabilità attuative anche degli Enti in house e soggetti esterni all’Amministrazione Regionale (alcuni dei quali possono agire come Organismi Intermedi). [3]
4. L’esigenza di tenere conto dell’eterogeneità delle risorse umane interne e delle loro competenze viene sostanzialmente trascurata. In questa luce il documento metodologico del 2020 segna un ampio passo indietro rispetto a quello pubblicato nel 2017 – EU Competency Framework for the management and implementation of the ERDF and Cohesion Fund – che, quanto meno, definiva chiaramente tre tipi di competenze (“capacità”) su cui agire:
• competenze manageriali (management competencies), chiaramente riferibili a dirigenti e/o posizioni organizzative, che debbono saper valorizzare capacità di leadership e di delega, capacità di gestione delle questioni complesse e anche capacità di condurre relazioni istituzionali;
• competenze operative (capacità di assolvere funzioni tecniche specifiche connesse alla padronanza di materie complesse, quali la normativa sugli appalti, quella sui regimi di aiuto o anche quella alla base delle Opzioni di Costo Semplificate e/o alla capacità di saper implementare interventi particolari);
• competenze professionali che si possono inquadrare con le c.d. soft skills e/o con competenze trasversali e attitudini personali (capacità di problem solving, orientamento ai risultati etc.). [4]
5. Queste considerazioni critiche sull’approccio della Commissione risultano ancora più rilevanti se si assume quale modello di riferimento realisticamente da considerare per capire meglio la capacità amministrativa delle Istituzioni pubbliche quello che Andrea Lippi – docente presso l’Università di Firenze, fra i massimi esperti italiani di analisi delle politiche pubbliche – ha battezzato, nel suo saggio del 2007 sulla valutazione delle politiche pubbliche, paradigma “debole” del policy making, o governance (si vedano gli ultimi post).
Nel paradigma “debole” del policy making,
• la leadership può essere esercitata ai vari livelli organizzativi della PA;
• la leadership non va intesa come esercizio del potere di scelta del decisore politico (che è intitolato all’esercizio del “potere legittimo” teorizzato da Weber). La ragione risiede nel fatto che il paradigma “debole” del policy making si fonda sull’idea che nelle democrazie mature il processo decisionale pubblico si è aperto nel tempo a più “attori”. Come chiarisce Lippi nel saggio citato sopra (v. p. 48), «la governance delle politiche pubbliche [….] connota uno stato dove la responsabilità di chi decide e di chi attua è diffusa, e quindi problematica, poiché nell’indeterminatezza e nella fluidità dei rapporti tra gli stakeholder diviene addirittura ancora più diffusa la catena della responsabilità»;
• i dirigenti in posizione apicale nella PA possono incidere sulle scelte pubbliche dei decisori politici. [5]
Peraltro, va tenuto debitamente in conto che:
• nel caso degli interventi “a regia regionale” – in sintesi, quelli per i quali la responsabilità attuativa ricade su soggetti attuatori esterni alle ADG (o, per essere più corretti, esterni alle Amministrazioni Regionali che gestiscono i Programmi comunitari) – va considerata non solo l’esigenza di rafforzare le loro competenze tecniche, ma anche quella di implementare delle autentiche campagne informative sugli elementi fondamentali dei processi di monitoraggio e di controllo;
• vanno considerate sia l’influenza esercitata dagli stakeholder su decisori politici, staff amministrativo e soggetti attuatori (principalmente i Comuni), sia l’esigenza (di fatto un autentico vincolo, ex Codice di condotta europeo sul partenariato di cui al Regolamento delegato (UE) 2014/240, che ricade sulle ADG) di attuare delle ampie campagne informative e anche delle attività di capacity building a loro favore. [6]
Se si prende come termine di riferimento dei processi decisionali pubblici il paradigma “debole” del policy making e per quanto concerne le azioni di capacity building si muove dai tre tipi di competenze delineati dalle guidelines del 2017 della Commissione, operando dei piccoli aggiustamenti terminologici rispetto alle guidelines in parola, si possono individuare quattro gruppi target di tali azioni (dirigenti apicali delle PA; posizioni organizzative, funzionari e soggetti attuatori terzi rispetto alle PA). Per ciascuno di questi gruppi target si profilano degli specifici interventi di rafforzamento delle competenze generali e specifiche (v. figura 2):
• per i dirigenti apicali, che agiscono come “agenti” nei confronti dei decisori politici e come “principali” nei confronti di posizioni organizzative e funzionari (si veda il post del 10 Gennaio scorso sulla teoria principale agente nella PA), si profila soprattutto l’esigenza di rafforzare le loro competenze relazionali (incluse le capacità di gestione dei conflitti), quelle manageriali e, non ultimo, la loro capacità di leadership, per guidare adeguatamente e motivare il loro staff di supporto. Appare meno pressante l’esigenza di sostenerli anche nell’acquisizione di competenze idiosincratiche in materia di gestione, monitoraggio e controllo dei Programmi comunitari;
• per le posizioni organizzative (middle management), avendo anch’esse compiti di coordinamento di gruppi operativi di funzionari, appare opportuno rafforzarne le capacità di leadership e, al tempo stesso, accompagnarle nel processo di miglioramento delle competenze idiosincratiche nella gestione dei Fondi Strutturali e di altre competenze molto rilevanti per l’attuazione degli interventi (competenze in materia di appalti pubblici, in materia di aiuti di Stato e di Strumenti Finanziari e anche di nuovi principi trasversali molto influenti su programmazione e gestione degli interventi, in primo luogo, in questa fase, principio Do No Significant Harm – DNSH – e principio “energy efficiency first”);
• per i funzionari, specialmente quelli più giovani e/o assunti di recente, certamente è opportuno in primo luogo potenziare le competenze tecniche appena richiamate sopra. Ciò detto, è senz’altro opportuno migliorare parimenti le loro soft skills, puntando a potenziare soprattutto la loro attitudine a collaborare e a lavorare per obiettivi;
• per i soggetti attuatori, ancor prima che azioni di rafforzamento delle competenze andrebbero implementate delle autentiche campagne informative. Essi, infatti, sovente non hanno pienamente contezza di quanto sia importante che non solo eseguano correttamente gli interventi finanziati, ma che carichino anche correttamente i dati di monitoraggio. Inoltre, sono assolutamente inconsapevoli dell’importanza e della ratio dei controlli di primo livello e dei controlli in loco. Molto spesso i soggetti attuatori, soprattutto quelli oggettivamente più deboli, quali i Comuni più piccoli o delle organizzazioni senza scopo di lucro meno strutturate, non solo non corrispondono alle richieste dei controllori per mancanza di competenze tecniche e organizzative, ma anche per il fatto che non hanno proprio contezza del fatto che l’esito positivo dei controlli di primo livello è conditio sine qua non per l’erogazione di tranche intermedie di finanziamento e/o del saldo finale (questi aspetti saranno approfonditi nel prossimo post del 10 Febbraio 2024). [7]
Figura 2 – Paradigma “debole” del policy making, livelli gerarchici
delle Amministrazioni Regionali e azioni di capacity building
6. La Commissione, il 25 Ottobre 2023, ha lanciato una nuova Iniziativa intesa a rafforzare i processi di omogeneizzazione e di progressivo rafforzamento della capacità amministrativa delle PA europee. L’Iniziativa – ComPAct – è davvero molto ambiziosa, visto che l’obiettivo finale è creare un autentico “spazio amministrativo europeo”. [8]
La Comunicazione su ComPAct – si veda pagina 4 della Comunicazione (COM(2023) 667 del 25.10.2023 “Enhancing the European Administrative Space” – enfatizza, infatti, che le PA degli Stati Membri, nonostante i diversi assetti istituzionali e le diverse tradizioni amministrative, condividono un articolato set di valori, compiti e principi di “buona amministrazione”.
La Comunicazione delinea tre pilastri dello “spazio amministrativo europeo”:
• una agenda di sviluppo delle competenze delle PA europee;
• il rafforzamento delle competenze delle PA per la loro trasformazione digitale;
• il rafforzamento delle competenze delle PA per la transizione verde.
7. Il nodo della questione è che, nel momento in cui si esaminano le azioni attraverso le quali la Commissione vorrebbe dare corso ai tre pilastri di cui sopra, emergono gli stessi limiti già evidenziati per le linee guida sul rafforzamento della capacità amministrativa delle Istituzioni pubbliche che gestiscono i Fondi Strutturali rilasciate dalla Commissione nel 2020.
A essere più precisi, il nodo della questione concerne il fatto che vengono fornite delle indicazioni di ordine generale sulle azioni prioritarie. Anzi, verrebbe da dire indicazioni di buon senso e assolutamente in linea con quelle già sperimentate in passato, senza che vi sia stata alcuna valutazione fondata sull’efficacia delle azioni di capacity building già attuate.
Queste possono andare bene per le diverse tipologie di PA?
Le Istituzioni a livello locale avranno la possibilità di accedere a delle azioni di supporto tecnico della Commissione dello spessore e della qualità di quelle che verranno erogate alle Amministrazioni Centrali?
Come si cercherà di migliorare il processo di “sgocciolamento” per cui le attività di supporto tecnico della Commissione alle Amministrazioni Centrali, verranno poi da queste attuate a favore di quelle locali?
Come si cercherà di migliorare attitudine a lavorare per obiettivi e a cooperare di tutto il personale della PA?
8. In estrema sintesi,
• l’ambizioso obiettivo di creare un autentico “spazio amministrativo europeo” è un obiettivo implicito della “politica di coesione” sin dal suo primo ciclo di programmazione 1989 – 1993. E’ abbastanza evidente che, finora, non vi sia stato un soddisfacente processo di “convergenza” della capacità amministrativa delle PA europee nella gestione dei Fondi Strutturali (e di altri Fondi dell’UE “a gestione concorrente”). Se dopo oltre 30 anni di attuazione dei Programmi europei “a gestione concorrente” continuano a registrarsi dei divari molto rilevanti nella capacità di gestirli, una Iniziativa così ambiziosa appare quasi come wishful thinking;
• la Comunicazione su ComPAct persevera nel tratteggiare una modello di PA che è un’autentica scatola nera – un’entità oscura senza articolazioni organizzative interne – in cui si muovono dei burocrati “senza volontà” alla Max Weber, che implementano pedissequamente, quasi fossero delle cianografie, le direttrici strategiche fissate dai decisori politici (da quelli comunitari a quelli locali) e le linee guida sulla “buona amministrazione” della Commissione. [9]
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[1] Si vedano: UNDP (2008a); Capacity Development. Practice Note, New York; UNDP (2008b); Capacity Assessment. Practice Note, New York.
[2] Cfr. European Commission (2020), Roadmap for Administrative Capacity Building. Practical toolkit, Brussels.
[3] Il documento metodologico della Commissione rilasciato nel 2020, peraltro, è alquanto generico anche sul what?
In primo luogo, non considera che le azioni di capacitazione amministrativa dovrebbero essere differenziate a seconda delle modalità di creazione di valore pubblico all’interno delle varie unità organizzative (non si capisce per quale motivo le analisi suggerite dalla Commissione non considerano le diverse modalità di gestione e le diverse criticità operative che caratterizzano le routine – funzioni organizzative – e quelle che caratterizzano i progetti).
La “tabella di marcia per lo sviluppo delle capacità amministrative”, soprattutto, non considera che i fabbisogni di capacitazione amministrativa saranno ampiamente diversi a seconda di:
• macro-fasi e fasi operative dei processi di gestione in senso lato degli interventi cofinanziati dai Fondi Strutturali (è del tutto intuitivo che le competenze necessarie nella fase di pianificazione strategica – fase di elaborazione iniziale dei Programmi e fase del “riesame intermedio” – sono diverse da quelle necessarie per gestire i controlli e/o presidiare in modo efficace i circuiti finanziari);
• macro-tipologia e tipologia degli interventi (natura degli interventi). Infatti, è cosa ben diversa dare corso a interventi di sostegno alle imprese, oppure alla progettazione e realizzazione di opere pubbliche, interventi questi ultimi che, peraltro, presentano delle specificità diverse anche in relazione all’ambito settoriale e alla loro dimensione tecnico-ingegneristica);
• tipo di modalità attuativa (un conto è valutare la “capacità amministrativa” per gli interventi “a titolarità regionale” per i quali, di fatto, il giudizio di merito ricade sostanzialmente solo sulle ADG dei Programmi ed un conto è farlo per quelli “a regia regionale”, in relazione ai quali è strettamente necessario capire come incide sulla “capacità amministrativa” generale anche quella specifica dei soggetti attuatori degli interventi ammessi a beneficio, che agiranno da stazioni appaltanti.
[4] Cfr. European Commission (2017), EU Competency Framework for the management and implementation of the ERDF and Cohesion Fund.User guidelines for the EU Competency Framework and Self-Assessment Tool, Brussels; pp. 8-9.
[5] Come puntualizzato negli ultimi post, queste considerazioni muovo soprattutto dalla lettura/rilettura di due saggi davvero pregevoli: Lippi A. (2007); Valutazione delle politiche pubbliche, Il Mulino, Bologna; Saporito R. (2023); Public leadership. Cinque modi di fare il dirigente pubblico, EGEA, Milano.
[6] Per quanto concerne le possibili azioni informative e formative a favore degli stakeholder si ricorda che l’art. 8 par. 2 del RDC prevede l’opzione che le ADG riservino una percentuale delle risorse provenienti dai Fondi per lo sviluppo delle capacità amministrative delle parti sociali e delle organizzazioni della società civile.
[7] Le azioni informative e formative a favore dei soggetti attuatori sono molto rilevanti, sia per il fatto che migliorando la loro capacità amministrativa, si migliora anche quella complessiva, sia per il fatto che essi hanno un margine di discrezionalità nell’indirizzare l’azione pubblica sovente trascurata. In merito si ricordano i contributi di Michael Lipsky sui c.d. “street-level bureaucrats”. Cfr.: Lipsky M. (1969); Toward a Theory of Street-Level Bureaucracy; Institute for Research on Policy Discussion Paper, No. 48-69; Lipsky M. (1980); Street-level bureaucracy. Dilemmas of the individual in public services, Russel Sage Foundation, New York.
Va assolutamente aggiunto che in questo post si fa riferimento al concetto di Street-Level-Bureaucracy (SLB) in termini alquanto ampi, visto che Lipsky faceva riferimento a operatori della PA a stretto contatto con i cittadini (agenti di polizia, vigili del fuoco, operatori socio-assistenziali, operatori delle Corti di giustizia, insegnati scolastici), mentre qui si fa riferimento a questo concetto per considerare tutti i possibili soggetti attuatori e agli operatori che vi lavorano). Il concetto di SLB viene usato, fondamentalmente per evidenziare che: (i) per inquadrare l’efficienza amministrativa dell’azione pubblica non si deve considerare solo una prospettiva top-down che non va molto oltre la disamina dell’azione dei decisori politici e quella di dirigenti e di “burocrati” che affiancano da vicino i dirigenti, ma bisogna considerare parimenti l’azione dei funzionari a stretto contatto con i destinatari finali degli interventi (prospettiva bottom-up); (ii) non va trascurata quanto siano rilevanti per gli effetti sui destinatari finali le scelte discrezionali dei “street-level bureaucrats”.
[8] Cfr. European Commission (2023), Enhancing the European Administrative Space (ComPAct), COM(2023) 667 final, Brussels, 25.10.2023.
[9] A tale riguardo preme evidenziare che l’unico segnale positivo si ravvisa a pagina 4 della Comunicazione dove, fra i principi generali (“overarching principles”) che sostengono la qualità delle PA europee, vengono richiamati la visione strategica e la leadership che dovrebbero assicurare capacità amministrativa, resilienza, e fiducia nelle Istituzioni pubbliche.