I Sustainable Development Goals (SDGs) sono gli obiettivi “globali” di sviluppo sostenibile e di riduzione della povertà fissati dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite nel settembre 2015 (da raggiungere entro il 2030). [1]
I 17 Obiettivi per lo Sviluppo Sostenibile (Sustainable Development Goals – SDGs nella lingua Inglese) dell’Agenda 2030 (Agenda Globale per lo Sviluppo Sostenibile) sono riportati nella Figura 1, figura ripresa dal portale dell’UNRIC (Centro Regionale di Informazione delle Nazioni Unite).
Fig. 1 – I 17 Obiettivi per lo Sviluppo Sostenibile
Il 17 aprile l’ISTAT presenterà presso la sede centrale di Roma il Secondo Rapporto sugli SDGs e il quadro aggiornato degli indicatori utilizzati per monitorare l’Agenda 2030 in Italia. In merito va ricordato che, come si legge sul portale dell’ISTAT, “a partire dal dicembre 2016 l’Istat rende disponibili con cadenza semestrale molti indicatori per l’Italia sulla piattaforma informativa dedicata agli SDGs del sito, costruita in collaborazione con diversi enti del Sistema Statistico Nazionale”.
In relazione all’Agenda 2030, infatti, non va mai dimenticato che uno degli aspetti più innovativi emersi dal lungo dibattito in seno alle Nazioni Unite per andare oltre e rafforzare i c.d. “Millenium Development Goals” approvati dai vertici delle Nazioni Unite nel settembre 2000 concerne la necessità di assumere tali Obiettivi come riferimenti vincolanti non solo delle politiche pubbliche dei paesi recipienti di aiuti allo sviluppo, ma anche di quelle dei paesi donatori. Anche le Istituzioni europee e gli Stati Membri dell’UE, pertanto, dovrebbero indirizzare la formulazione di politiche pubbliche sul raggiungimento dei nuovi “obiettivi di sviluppo del millennio” 2030. [2]
I Sustainable Development Goals 2030 sono, in ampia misura, obiettivi di sviluppo economico, umano e sociale (il background epistemologico lo ha dettato negli anni ’80 e ’90 il Premio Nobel per l’economia Amartya Sen) e, quindi, sono di per sé orientati alla promozione di pratiche e progetti che, a fianco degli obiettivi di crescita economica, tengano in adeguata considerazioni obiettivi di tutela della qualità della vita (e dei territori in cui si vive), di inclusione sociale e di tutela del territorio e dell’ambiente.
Al momento, quantunque sia già iniziato il negoziato sui fondi europei post 2020, non è ben chiaro quale potrà essere la nuova strategia decennale di sviluppo dell’UE che sostituirà “Europe 2020”.
Ciò che è chiaro e assolutamente condivisibile è che i 17 Obiettivi per lo Sviluppo Sostenibile saranno fra le fondamenta su cui l’UE informerà la sua nuova strategia generale e le politiche territoriali di sviluppo cofinanziate dai Fondi Strutturali (si veda il recente report della Commissione “Towards a sustainable Europe by 2030”).
Ecco che di conseguenza, appare quasi fisiologico che i 17 Obiettivi per lo Sviluppo Sostenibile vadano posti sempre di più al centro del dibattito politico e tenuti in debita considerazione nel corso del negoziato sui fondi europei e anche in sede di formulazione dei nuovi programmi di spesa (nazionali e regionali) del periodo di programmazione 2021-2027. Il nuovo Rapporto dell’ISTAT potrebbe essere, quindi, una buona base di partenza per rilanciare un dibattito più serio e civile sulle priorità di sviluppo del nostro Paese e dell’Europa intera.
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[1] L’Agenda 2030 è stata ratificata in sede ONU nel settembre 2015 e, di fatto, segna il passaggio dalla visione di un nuovo modello di sviluppo definita dall’ONU nel 2000 con gli “Obiettivi di Sviluppo del Millennio” al 2015 ad una visione ancora più articolata ed innovativa che responsabilizza non solo i Paesi beneficiari dell’aiuto allo sviluppo, ma anche i Paesi ricchi (anch’essi chiamati a rivedere le loro politiche sulla base dei 17 Obiettivi dell’Agenda 2030) e, non ultimo, il settore privato.
[2] L’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile è strutturata su 17 obiettivi (Sustainable Development Goals – SDGs) e 169 sotto-obiettivi che riguardano tutte le dimensioni della vita umana sul pianeta e che dovranno essere raggiunti, entro il 2030, da tutti i paesi (anche quelli “sviluppati”).