La Commissione Europea, in vista del Consiglio Europeo di metà dicembre, aveva di nuovo invitato Istituzioni UE e Stati Membri a chiudere rapidamente il negoziato sui fondi europei post 2020. Ma qual è la vera dimensione finanziaria, in termini “reali”, del negoziato? Il post, muovendo dalle osservazioni autorevoli della Corte dei Conti Europea, invita a una maggiore attenzione in merito alla dimensione finanziaria, espressa in termini “reali”, del Quadro Finanziario Pluriennale dell’UE per il periodo 2021-2027 e anche ai molteplici cambiamenti, rispetto a quello attuale, nella sua struttura.
Il negoziato sui fondi europei 2021-2027. Una breve presentazione del prossimo Quadro Finanziario Pluriennale dell’UE
Il post sollecita una maggiore attenzione di media ed osservatori qualificati sull’importanza del negoziato sul bilancio pluriennale dell’UE (Quadro Finanziario Pluriennale) per il periodo 2021-2027 (ossia il negoziato sui fondi europei post 2020). Dopo il serrato dibattito sui contenuti della Legge di stabilità 2019, sarebbe desiderabile la stessa attenzione per il negoziato su dimensione finanziaria e struttura del prossimo bilancio pluriennale dell’UE.
Anche il negoziato sui fondi europei post 2020, infatti, implica risvolti rilevanti, anche se in modo indiretto, sia per la sostenibilità dei conti pubblici (in particolare, ha risvolti importanti anche sul dibattito sui processi di sorveglianza multilaterale della sostenibilità dei conti pubblici dei vari Stati Membri), sia per la credibilità internazionale dell’Italia.
La politica di coesione in Italia: sono i vincoli europei a spingere la spesa dei Fondi Strutturali?
Il post, esaminando il diverso andamento di spesa di Fondi Strutturali e Fondo per lo sviluppo e la coesione (Fsc), rimarca che non sono tanto i vincoli europei a determinarlo. Bensì, va in primo luogo considerato il fatto che l’Fsc finanzia principalmente opere infrastrutturali. Pertanto, sono i tempi biblici di realizzazione delle opere infrastrutturali in Italia la causa primaria dei ritardi di spesa dell’Fsc.
I ritardi di spesa dei Fondi Strutturali 2014-2020 e la qualità dei progetti
Il post indaga brevemente sui ritardi nella spesa dei Fondi Strutturali 2014-2020. Le principali criticità, una volta di più, sembrano coinvolgere soprattutto la sfera decisionale politica (e le classi dirigenti del Paese in generale), anche se non mancano criticità varie sul piano amministrativo, in quanto:
i Fondi Strutturali, in Italia, continuano a essere considerati più uno strumento per creare e consolidare costituencies che non una leva per avviare processi di sviluppo strutturale;
si continuano a tollerare (nonostante i grandi annunci pubblici) corruzione e pratiche collusive, che distorcono le modalità di selezione delle proposte progettuali e, inevitabilmente, vanno a detrimento delle forze produttive e sociali più innovative.
Progetti, Piani di Sviluppo Locale e strategie di accesso ai fondi europei
Il post evidenzia come i Piani di Sviluppo Locale (PSL) debbano necessariamente essere caratterizzati da una pertinenza “verticale” (di natura più politica) e da una pertinenza “orizzontale” (di natura più tecnica) molto elevate. L’accesso o meno ai fondi europei per implementare i PSL si gioca, fondamentalmente, lungo l’asse verticale della pertinenza. E il rebus è sempre lo stesso: come conciliare volontà dei soggetti proponenti dei PSL di corrispondere alle domande di intervento della cittadinanza locale e degli operatori economici del territorio e, al tempo stesso, garantire una adeguata coerenza verso l’alto delle strategie di sviluppo con obiettivi e linee di finanziamento delle Istituzioni sovra-ordinate (Enti finanziatori).
Alla ricerca dei finanziamenti europei
Tutte le organizzazioni sono perennemente alla ricerca di fonti di finanziamento accessibili e convenienti per alimentare il loro ciclo tecnico-operativo. Da svariati anni è molto dibattuto il tema dell’accesso ai finanziamenti pubblici dell’UE. In merito, nel mio piccolo, mi sono sempre espresso criticamente nei confronti di coloro che li presentano quasi fossero una sorta di “sacro Graal”. Il mio parere, già espresso su questo blog, è che per alcune organizzazioni, in una data fase del loro ciclo di vita o per implementare determinati progetti, possono essere molto utili. Per altre potrebbe essere molto più ragionevole, ceteris paribus, ricercare altri strumenti di finanziamento. Inoltre, tutte le organizzazioni dovrebbero delineare un approccio strategico – e non estemporaneo – alla ricerca dei finanziamenti europei.
Alla ricerca di modelli di welfare pubblico che remunerino gli impatti
Il post, che muove dall’analisi di un contributo recente dell’esperto Federico Mento, evidenzia come i Social Impact Bonds siano strumenti potenzialmente molto efficaci per definire modelli di welfare pubblico che remunerino gli impatti socio-economici. Si tratta di modelli dei quali in Italia se ne sente strettamente la necessità. Appare evidente a tutti, infatti, l’esigenza di superare i meccanismi di esternalizzazione dei servizi pubblici informati alle logiche del “massimo ribasso”. Le “gare al massimo ribasso”, invero, sono la negazione della ricerca della qualità progettuale e di significativi impatti sociali delle politiche pubbliche.
Progetti per le smart cities: un aggiornamento sui fondi europei 2014-2020 disponibili
Il post fornisce un quadro aggiornato sui fondi UE potenzialmente disponibili per implementare progetti per sostenere l’attuazione del paradigma “smart cities”. Tale quadro è sintetizzato in una figura/matrice elaborata prendendo come termine di riferimento l’approccio della multinazionale Ericsson alla modellizzazione delle “smart cities”.
Lo spazio dell’agenda urbana europea nella politica di coesione 2021-2027
Il post discute lo spazio strategico dell’agenda urbana nella programmazione 2021-2027 della politica di coesione come emerge dalle proposte di regolamento della Commissione. Tale spazio appare chiaramente più ampio, a fronte di una attenzione per le strategie di sviluppo territoriale integrato confermata formalmente, anche se, nei fatti, l’integrazione degli interventi rischia di essere eccessivamente concentrata su città grandi e medie (penalizzando le esigenze di sviluppo dei centri urbani più piccoli e delle zone rurali).