Il post evidenzia che, in genere, l’analisi dei processi decisionali non è debitamente considerata nell’approccio alla valutazione dei Programmi cofinanziati dai Fondi Strutturali tradizionalmente suggerito dalla Commissione Europea.
Se si tiene in debita considerazione la rilevanza dell’analisi dei processi decisionali, alla valutazione si possono legare tre grandi focus di analisi: (i) perché è stato deliberato un certo intervento di politica economica? (analisi dei processi decisionali che hanno portato a deliberare un certo intervento e a stanziare dei soldi pubblici per attuarlo); (ii) come è stato attuato? (analisi dei processi di implementazione e dell’efficienza amministrativa); (iii) l’intervento ha prodotto gli effetti sperati? (analisi di efficacia e di impatto).
In estrema sintesi, monitoraggio e audit consentono di rispondere alla domanda “come sono spesi i soldi pubblici?”; la valutazione risponde alla domanda “sono soldi ben spesi?”.
Processi decisionali pubblici e “ciclo della valutazione”
Il post rimarca l’importanza di considerare parte del “ciclo di valutazione” delle politiche pubbliche anche l’analisi dei processi di policy making (generalmente un pò trascurati). Questo per due motivi principali: (i) ‹‹la valutazione è normalmente parte di un processo politico›› e (ii) la stessa validità dell’analisi di efficacia, di efficienza e di impatto delle politiche verrebbe ampiamente menomata dalla mancata analisi di come si è giunti a definire certe priorità e certe azioni di policy. Inoltre, esaminare in profondità i processi decisionali, in genere, è di grande aiuto anche per capire le criticità attuative che si possono registrare in corso d’opera.
Il post, inoltre, sottolinea che inquadrando la valutazione come strumento di supporto al miglioramento dei processi decisionali e dell’intero “ciclo di policy making”, bisogna tenere parimenti conto del passaggio dalla fase dell’offerta di politiche pubbliche dichiarate (in Inglese, policy finctions) a quella dell’offerta effettiva di politiche pubbliche (in Inglese, policy facts).
Queste considerazioni sull’approccio valutativo informano lo stesso “ciclo della valutazione”.
Gestione dei Fondi Strutturali. Le azioni di supporto ai beneficiari
Il post, che tratta le azioni di capacity building per i soggetti attuatori terzi rispetto alle Amministrazioni Regionali che implementano i Programmi cofinanziati dai Fondi Strutturali (beneficiari), rimarca che non sono sufficienti solo azioni formative o di supporto on the job. Ancor prima servono azioni informative. Per essere concreti sulle azioni informative a favore dei soggetti attuatori (beneficiari), si ricorda che essi sono, di fatto, il primo anello del sistema di monitoraggio. Infatti, essi sono investiti della responsabilità della registrazione dei dati di monitoraggio e del caricamento di altri documenti rilevanti ai fini della sana gestione delle risorse finanziarie e della realizzazione dei controlli. Il principale riferimento concreto delle operazioni di monitoraggio è costituito dall’Allegato XVII al Regolamento sulle Disposizioni Comuni (RDC) per il periodo 2021-2027 sulle modalità di registrazione e conservazione elettronica, per ciascuna operazione, dei dati. Si tratta di un Allegato molto articolato e che presuppone una conoscenza alquanto approfondita sui meccanismi di gestione, monitoraggio e controllo dei Fondi Strutturali. Le attività di monitoraggio sono parimenti descritte nella Sezione specifica del documento sul Sistema di Gestione e Controllo (Si.Ge.Co.) che, congiuntamente al Manuale delle procedure, fornisce indicazioni operative molto rilevanti anche sui controlli, sulle piste di controllo e sulle stesse check list di controllo (in genere, allegate ai Manuali delle procedure). Anche in relazione a questi aspetti così rilevanti per la sana gestione dei Fondi Strutturali si profila l’esigenza di dare corso a delle campagne informative su questi strumenti di lavoro, sui controlli, sulla ragione dell’inserimento di certi item di controllo nelle check list e anche sugli errori che i controllori riscontrano più frequentemente.
Prima scadenza importante dell’anno per le AdG dei Programmi cofinanziati dai Fondi Strutturali
Il post ricorda che entro il prossimo 31 Gennaio le AdG dei Programmi comunitari devono trasmettere i dati cumulativi di monitoraggio, ai sensi dell’art. 42 del Reg. (UE) 2021/1060. Le scadenze inerenti all’invio dei dati di monitoraggio sono finanche più importanti che non nel precedente periodo di programmazione, in quanto il RDC 2021-2027 non prevede più l’obbligo per le AdG di elaborare e trasmettere una Relazione di Attuazione Annuale (RAA), che nel precedente periodo era disciplinata dall’art. 50 del Reg. (UE) 2013/1303 (il RDC della precedente programmazione). L’art. 42, di conseguenza, puntualizza molto dettagliatamente i dati di monitoraggio che le AdG devono trasmettere periodicamente e le scadenze per il loro invio.
Nuova Iniziativa ComPAct sul rafforzamento delle PA europee e strategie di capacity building per la gestione dei Fondi Strutturali
Il post propone: (i) alcune riflessioni critiche sulle azioni di capacity building per rendere più efficace la gestione dei Fondi Strutturali suggerite dalla Commissione (tali critiche riguardano segnatamente il documento di indirizzo del 2020 “tabella di marcia per lo sviluppo delle capacità amministrative”; (ii) alcune indicazioni pragmatiche su come migliorarle. Queste ultime muovono soprattutto dalla considerazione che non è opportuno fornire indicazioni di ordine generale alle Autorità di Gestione (ADG) dei Programmi senza considerare le tante articolazioni interne delle macrostrutture regionali e delle stesse ADG. Se la Commissione considerasse maggiormente l’articolazione organizzativa di Amministrazioni Regionali e ADG e le forme di gestione delle azioni inserite nei Programmi potrebbe migliorare anche il targeting degli interventi di capacity building, che andrebbero differenziati sulla scorta delle esigenze di almeno quattro diversi gruppi target: (a) dirigenti apicali delle Regioni; (b) posizioni organizzative; (c) funzionari e (d) soggetti attuatori esterni all’Amministrazione regionale.
Il post si chiude con delle amare considerazioni sull’Iniziativa ComPAct lanciata dalla Commissione il 25 Ottobre 2023. A fronte dell’ambizioso obiettivo di creare un autentico “spazio amministrativo europeo”, la Comunicazione su ComPAct propone una serie di azioni di sostegno al miglioramento delle PA che, così come riscontrato per le linee guida sul miglioramento della gestione dei Fondi Strutturali, non tengono adeguatamente conto dell’articolazione interna delle PA e della necessità di sperimentare anche azioni specifiche intese a rafforzare attitudine a collaborare e a lavorare per obiettivi di tutto il personale pubblico.
Management pubblico e teoria principale agente dentro la scatola nera della PA
Per capire come si deve la capacità amministrativa delle Istituzioni pubbliche è necessario aprire la scatola nera della macchina amministrativa e considerare i “burocrati” per quelli che sono, ossia persone con delle volontà, delle strategie e dei sistemi di valori che ne condizionano motivazioni e operato.
Inoltre, va considerato che: (i) la leadership può essere esercitata ai vari livelli organizzativi della PA; (ii) vanno considerate più relazioni di delega (fra persone collegate su più livelli della gerarchia amministrativa). Queste relazioni di delega si possono capire meglio applicando la “teoria principale agente” e considerando che la creazione di valore pubblico si fonda su una catena di responsabilità all’interno della PA. Questo comporta che tutti possono essere principali e, allo stesso tempo, agenti.
Se si accetta l’idea che vada superato l’archetipo weberiano del burocrate “senza volontà” e si debba considerare il comportamento strategico di tutto lo staff della PA, pertanto, bisogna tenere anche conto degli oneri amministrativi impliciti (inefficienze) comportati dai c.d. “costi di influenza” e dai “costi di transazione”.
Management pubblico e revisione delle strutture organizzative della PA: il modello di cambiamento in otto step di Kotter
Il post evidenzia come, in questa fase, in cui si discute ampiamente della capacità di adattamento ai cambiamenti delle Pubbliche Amministrazioni e di innovative azioni di capacity building, sarebbe opportuno: (i) approfondire maggiormente la questione delle differenze fra leadership e management nelle Istituzioni pubbliche, prima di parlare di nuove riforme e di nuovi processi di change management nella PA; (ii) considerare che gli interventi di capacity building della PA saranno forieri di cambiamenti e miglioramenti duraturi se e solo se cambieranno attitudini e modus operandi le risorse umane e si delineeranno anche nuovi modelli organizzativi; (iii) focalizzare le azioni di formazione e di aggiornamento dei dirigenti pubblici su capacità di leadership; sulla definizione della visione e della missione delle organizzazioni e sulle specificità del management pubblico, dato che, come pertinentemente evidenziato dalla professoressa Raffaella Saporito nel saggio Public Leadership, i processi di creazione di valore nella PA sono, fondamentalmente, processi immateriali. Dal momento che le azioni di capacity building saranno tanto più efficaci quanto più cambieranno anche attitudini delle risorse umane della PA e assetti organizzativi, sarebbe sempre bene ragionare non solo sulle azioni di capacitazione amministrativa, ma anche su dei cambiamenti organizzativi intesi a valorizzare meglio le nuove competenze e le nuove capacità operative. Quale modello di cambiamento organizzativo della PA il post propone il modello in otto step di John Kotter, professore emerito ad Harvard.
Leadership orientata al cambiamento e revisione del modello organizzativo delle Pubbliche Amministrazioni
Il post, muovendo dal recente saggio Public Leadership della professoressa della Bocconi Raffaella Saporito, rimarca l’importanza di: (i) associare a qualsiasi modello di leadership nella PA anche un modello di gestione delle risorse umane; (ii) considerare la rilevanza dei processi di apprendimento individuali e organizzativi se si informa lo stile di leadership alla promozione del cambiamento. In estrema sintesi, se un dirigente pubblico intende promuovere nuovi strumenti manageriali e di gestione delle risorse, tutto questo produrrà degli effetti rilevanti se e solo se cambieranno anche mentalità e propensione all’apprendimento delle persone del team di riferimento e l’intero assetto organizzativo.
Appunti su leadership nella PA, management pubblico e ciclo di policy making
Il recente saggio Public Leadership della professoressa della Bocconi Raffaella Saporito fornisce il destro per ritenere superata la “dicotomia” tra politica e amministrazione che, di fatto, è un elemento portante del modello di burocrazia ideale tratteggiato da Max Weber. Il superamento della “dicotomia” fra politica e amministrazione implica che non è corretto considerare la PA come una scatola nera al cui interno si muovono dei “burocrati” nel senso tradizionale del termine, “senza volontà” e completamente asserviti: (i) al rispetto degli indirizzi strategici e delle scelte di politica pubblica del decisore politico; (ii) al mero rispetto della norma.
E’ necessario aprire la scatola nera della macchina amministrativa e considerare i “burocrati” per quelli che sono, ossia persone con delle volontà, delle strategie e dei sistemi di valori che ne condizionano motivazioni e operato.
Inoltre, come emerge dalla lettura dell’intrigante saggio di Raffaella Saporito, (i) la leadership può essere esercitata ai vari livelli organizzativi della PA; (ii) la leadership non va intesa come esercizio del potere di scelta del decisore politico (e, invece, purtroppo, molti dirigenti apicali della PA la intendono così, confondendo la leadership che essi possono legittimamente esercitare con il management pubblico); (iii) i dirigenti in posizione apicale nella PA possono incidere sulle scelte pubbliche dei decisori politici.