Il PON Città Metropolitane (PON Metro), già presentato in precedenti post, è uno dei Programmi del periodo 2014-2020 maggiormente utili per sostenere progetti di innovazione sociale. [1]
Stante la difficoltà di delineare i tratti distintivi dell’innovazione sociale, i progetti informati a tale paradigma emergente, in generale, sono caratterizzati da innovativi business models, da un maggior orientamento ai risultati e alla risoluzione dei problemi dei beneficiari e, non ultimo, da un maggiore orientamento alla “stewardship”, ossia a un utilizzo etico e responsabile delle risorse disponibili. [2]
Queste considerazioni sull’utilità del PON Metro per implementare progetti di innovazione sociale nelle Città Metropolitane istituite dalla “legge Delrio” si fondano soprattutto sulla disamina delle azioni dei seguenti Assi:
Asse 3 “Servizi per l’inclusione sociale” (FSE);
Asse 4 “Infrastrutture per l’inclusione sociale” (FESR).
Gli Assi 3 e 4 si inseriscono nell’alveo della strategia nazionale di “contrasto della povertà abitativa” e di quella di “contrasto della povertà e marginalità estrema”. [3]
E’ evidente che la formulazione del PON Metro è orientata a valorizzare delle utili sinergie fra l’Asse 3 e l’Asse 4 ed è proprio su queste sinergie che verte la possibilità di delineare e attuare progetti innovativi in campo sociale.
In questa luce, le Azioni più utili sono:
• le Azioni 3.1.1 “Azioni integrate di contrasto alla povertà abitativa” (FSE) e 4.1.1 “Realizzazione e recupero di alloggi” (FESR) che, se attuate congiuntamente, dovrebbero consentire di sperimentare su ampia scala anche in Italia il c.d. “paradigma housing first”, legato al concetto di fornire a dei drop out ed ad altri soggetti a rischio di marginalità sociale un “alloggio protetto” che diviene una sorta di base di partenza per un progressivo rientro nei circuiti lavorativi/sociali; [4]
• le Azioni 3.3.1 “Sostegno all’attivazione di nuovi servizi in aree degradate” (FSE) e 4.2.1 “Recupero di immobili inutilizzati e definizione di spazi attrezzati da adibire a servizi di volontariato sociale” (FESR) che, se attuate congiuntamente, possono consentire di sperimentare anche in Italia il c.d. paradigma “community hubs”, in base al quale più servizi di cura vengono erogati presso uno stesso centro polifunzionale. Tali interventi, peraltro, sostengono organizzazioni non profit e imprese “a vocazione sociale” disponibili a farsi carico dell’erogazione di “nuovi servizi in aree degradate” nell’ambito di innovativi partenariati con la PA. Questo anche per il fatto che tali organizzazioni, meglio di altre, sanno creare nuove relazioni sociali inclusive e stimolare la partecipazione fattiva degli stessi destinatari degli interventi, anche quelli in condizioni di maggiore difficoltà.
Il PON, in merito, richiama espressamente il concetto di “insurgent city” da intendere come «capacità di auto-organizzarsi per rispondere a una propria esigenza non colmata o non sufficientemente presa in carico dall’azione pubblica». (v. PON Metro, p. 16) [5]
Lo schema che segue fornisce una panoramica sintetica sui paradigmi innovativi che si potrebbero valorizzare attraverso le due combinazioni delle Azioni del PON Metro proposte sopra.
In conclusione, si evidenziano due aspetti, da esaminare ulteriormente in post successivi, che si profilano come condizioni di successo delle Azioni e dei progetti di innovazione sociale che verranno finanziati:
• la capacità di valorizzare adeguatamente i modelli di business di “organizzazioni ibride” innovative e di nuove start-up “a vocazione sociale” [6];
• la sperimentazione di modelli innovativi di finanziamento delle politiche pubbliche denominati Social Impact Bonds, sui quali rinvio al mio post ‘Riduzione delle spesa ed efficacia dell’intervento pubblico. Le potenzialità dei Social Impact Bonds’ del 20 dicembre 2015. [7]
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[1] Per una ampia presentazione dell’agenda urbana in Italia e del PON Città Metropolitane, si può consultare la Nota 8/2016 “I Fondi Strutturali e di Investimento Europeo in Italia: la priorità agenda urbana”, liberamente scaricabile dalla Sezione OpenLibrary di questo sito.
A titolo di completezza si segnala che il 10 agosto scorso il CIPE ha deliberato l’approvazione dei Programmi complementari ad alcuni importanti PON, fra cui il PON Governance e il PON Città Metropolitane (si veda il Comunicato stampa del CIPE).
[2] Nella Guida della Commissione Europea “Guide to Social Innovation” del febbraio 2013, l’innovazione sociale viene così definita “Social innovation can be defined as the development and implementation of new ideas (products, services and models) to meet social needs and create new social relationships or collaboration. […] They are innovations that are not only good for society but also enhance individuals’ capacity to act’.
Un utile progetto per capire meglio il legame fra problemi delle aree urbane, innovazione sociale e coesione sociale è certamente il progetto WILCO (Welfare Innovations at the Local level in favour of COhesion). Tale progetto è stato implementato fra dicembre 2010 e gennaio 2014 da un consorzio di 12 Istituti di ricerca – fra cui il Politecnico di Milano – fruendo di un contributo dell’UE a valere del VII Programma Quadro di R&ST di quasi 2,45 Milioni di Euro. Gli obiettivi di fondo del progetto, articolato in 8 Work Packages, sono stati:
• identificare pratiche sociali innovative nelle città europee e i fattori che catalizzano la loro diffusione;
• collocare opportunamente tali pratiche innovative nel contesto dato di politiche urbane e problematiche sociali;
• individuare suggerimenti concreti per sostenere l’innovazione sociale a livello locale.
[3] La strategia di “contrasto della povertà abitativa” è volta a ridurre il numero di famiglie e di individui che vivono condizioni di disagio abitativo, con particolare riguardo a individui e famiglie che restano esclusi dai percorsi agevolati dell’Edilizia Residenziale Pubblica (ERP).
Le Azioni 3.1.1, 3.2.1 (focalizzata su Rom, Sinti e Camminanti) e 3.2.2 (focalizzata su stranieri in emergenza abitativa estrema) supportano tale strategia nell’ambito del PON Metro.
Per quel che concerne la strategia di “contrasto della povertà e marginalità estrema” si deve garantire una adeguata pertinenza delle azioni con le “Linee di indirizzo per il contrasto della grande emarginazione pubblica” approvate dalla Conferenza Unificata il 5 novembre 2015.
[4] Nel PON Metro (v. p. 77) tale paradigma viene spiegato nei seguenti termini: «secondo il paradigma “Housing First” la disponibilità di una casa “adatta” alle esigenze dell’individuo fragile costituisce la precondizione essenziale per consentire l’innesco del graduale percorso necessario alla sua piena integrazione nella società».
La crescente attenzione per il paradigma “Housing First” è anche confermato dall’analisi del bando 2016 del Programma Housing della Fondazione Compagnia di San Paolo.
Un progetto molto interessante di applicazione di questo paradigma è il progetto Casa di Pina della Cooperativa Alice ad Alba (CN). Il progetto Casa Pina prende il nome dalla signora Pina che per anni si è dedicata all’accoglienza di migranti presso la sua casa di Alba (in provincia di Cuneo). La signora Pina ha donato la casa alla Cooperativa Alice affinchè continui ad assicurare l’accoglienza di persone in difficoltà. La descrizione completa del progetto si può trovare sul sito della Cooperativa Alice.
Come si legge sul sito della Cooperativa «A Casa Pina si cerca quindi di coniugare il “bisogno di casa” con il “bisogno degli abitanti”, la soluzione abitativa da sola non può costituire la risposta a quella che viene definita vulnerabilità sociale».
Esempi di altri progetti innovativi di housing sociale si possono trovare sul portale della FIOPSD (Federazione Italia degli Organismi per le Persone Senza Dimora).
Sull’importanza di puntare su una crescente integrazione dei servizi socio-assistenziali per affrontare adeguatamente vecchi e nuovi problemi di esclusione sociale e per ridurre la spesa pubblica si vedano i report: KPMG International, The Integration Imperative: reshaping the delivery of human and social services, 2013; Public Safety Canada, Promising Practices in Policing Substance Users: a Handbook of Integrated Models and Practices, 2012
[5] Un importante progetto pilota di riorganizzazione dei servizi sociali informato al paradigma “community hub” è in corso in Ontario (Canada). Si veda: Pitre et al.; Community Hubs in Ontario: a strategic frame work and action plan, 2015
Si veda anche l’interessante contributo “Community Hub: la rigenerazione urbana come occasione di innovazione sociale” degli esperti di Avanzi – Sostenibilità per Azioni.
[6] La letteratura sulle “organizzazioni ibride” è molto vasta. Fra i contributi più significativi si vedano
Grassl W. (2012), Business Models of Social Enterprises. A design approach to hybridity, in ‘ACNR Journal of Entrepreneurship Perspectives’, 1;1, pp. 37-60
Haigh N., Hoffman A.J. (2012), Hybrid organizations: the next chapter of sustainable business, in ‘Organisational Dynamics’, 41, pp. 126-134
Mintzberg H. (2015), Time for the Plural Sector, in ‘Stanford Social Innovation Review’, Summer 2015, pp. 27-33
Sulla normativa italiana sulle Start Up Innovative a Vocazione Sociale (SIAVS) si veda il mio post “Riforma del terzo settore, organizzazioni ibride e normativa sulle startup innovative a vocazione-sociale” del 20 febbraio scorso.
[7] Avrò il piacere di approfondire tali questioni nel corso del Seminario del CEIDA “Finanziamenti dell’UE e strumenti di ‘impact investing’ per le smart cities” (Roma, 5 e 6 dicembre p.v.).