Nel post del 10 agosto scorso “Il bando della Misura 7 del PSR Lazio sui Piani di Sviluppo dei Comuni: molto rumore per nulla?” ho espresso delle critiche sull’avviso pubblico attuativo della Sottomisura 7.1 “Sostegno per la stesura e l’aggiornamento dei Piani di Sviluppo dei Comuni e dei villaggi rurali” del PSR Lazio 2014-2020.
In particolare, ho evidenziato che questo avviso, da un lato (v. art. 7) richiede di allegare a corredo della domanda di finanziamento “una relazione tecnica illustrante le motivazioni che inducono all’adozione del Piano di Sviluppo e la coerenza con i parametri e gli obiettivi fissati nella Misura, evidenziando attraverso l’analisi SWOT dei fabbisogni dei territori interessati e linee di intervento atte a superare le criticità rilevate nell’analisi stessa”. Dall’altro, in modo quasi contraddittorio, inserisce dei criteri di selezione (v. art. 9), che sono criteri meramente territoriali e/o formali che nulla hanno a che fare con la valutazione della capacità degli Enti di proporre Piani di Sviluppo dei loro territori realmente congruenti con fabbisogni e punti di forza locali e/o innovativi.
Nonostante queste lacune dell’avviso che, inevitabilmente, inibiscono la volontà e capacità di alcune Amministrazioni locali di proporre interventi di sviluppo realmente “integrati” rispondenti ai fabbisogni locali, il mio umile parere è che sia pragmatico e utile seguire un percorso di formulazione dei Piani di Sviluppo dei Comuni che sia ampiamente in linea con quello dettato a suo tempo dal bando per la selezione dei Gruppi di Azione Locale e dei Piani di Sviluppo Locale (PSL) attuativi dell’approccio LEADER (Misura 19 del PSR). Le considerazioni in merito che seguono valgono, fondamentalmente, con riguardo alla “relazione tecnica illustrante le motivazioni che inducono all’adozione del Piano di Sviluppo e la coerenza con gli obiettivi e i parametri fissati nella Misura (Misura 7 del PSR)” di cui al punto 6 dell’art. 7 del bando. Inoltre, sono in linea di massima applicabili sia nel caso i Comuni presentino la domanda di finanziamento in forma associata, sia nel caso la presentino in forma singola. [1]
Questo significa ripartire della scelta prioritaria di un ambito tematico (o al più tre) fra quelli indicati nell’Accordo di Partenariato nazionale (e, a suo tempo, nel bando della Regione Lazio per la selezione dei PSL dei GAL). [2]
Tale scelta, inevitabilmente, è influenzata soprattutto dal parere degli amministratori locali e degli operatori privati che si vogliano proporre come i principali promotori della elaborazione dei Piani di Sviluppo. Questo è un punto metodologicamente discutibile, che tradisce un po’ lo spirito dell’approccio “bottom up”, ma è anche una scelta obbligata alla luce dei tempi molto ristretti per la formulazione dei Piani.
Il bando per la selezione dei PSL dei GAL del 2016 vincolava la loro formulazione alla scelta di, al più, tre ambiti tematici.
Nell’ipotesi si vogliano selezionare anche per l’elaborazione dei Piani di Sviluppo al più tre ambiti di intervento, una volta che tale scelta è stata fatta, si possono individuare, fino al 15 settembre 2017 (data limite per la presentazione dei PSL), due fasi di lavoro verticali (sequenziali) e due fasi trasversali [3].
Le fasi verticali (necessariamente da chiudere almeno due settimane prima della scadenza del bando) sono:
I. individuazione dei fabbisogni (problemi del contesto locale) congruenti con gli ambiti tematici selezionati e loro gerarchizzazione, tenendo conto di:
• analisi on the desk di dati statistici (dati a livello comunale a questo punto inevitabilmente un pò obsoleti, considerando che la principale fonte è quella censuaria) e indagini sul quadro socio-economico. A livello comunale – o di ambiti di intervento dei servizi socio-assistenziali – sarebbe opportuno rilevare dati inerenti l’offerta di servizi socio-assistenziali, di servizi culturali e sulla capacità ricettiva (agriturismi e non solo);
• indicazioni dei portatori di interesse sui fabbisogni di interventi (problemi) per ciascuno degli ambiti tematici selezionati (a mio modesto avviso, guidate sulla base di schede di rilevazione dei fabbisogni pre-impostate) [4];
• indicazioni dei portatori di interesse (anche qui guidate sulla base di schede di rilevazione pre-impostate) sugli interventi più rispondenti ai fabbisogni rilevati e, auspicabilmente, su altri possibili canali di finanziamento aggiuntivi per le tipologie di investimento prefigurate.
L’obiettivo principale di questa fase è quello di delineare una analisi SWOT per ciascuno degli ambiti tematici. In base a tale analisi si possono già abbozzare delle ipotesi di intervento strutturate;
II. analisi approfondita e condivisa con i portatori di interesse sugli interventi da realizzare, attraverso dei focus tematici più ristretti.
In sostanza si dovrebbero tenere tre focus tematici (uno per ciascun ambito di intervento), in cui:
• si validano le indicazioni emerse nella fase I sulla gerarchizzazione dei fabbisogni;
• si raccolgono le indicazioni dei portatori di interesse sulle “operazioni” da inserire nel Piani sulla base di schede di rilevazione pre-impostate su Misure/sottomisure e “operazioni” ammissibili a beneficio;
• si raccolgono le indicazioni dei portatori di interesse anche in merito alla fattibilità amministrativa e finanziaria degli interventi, anche considerando le “lezioni dell’esperienza” sulla realizzazione e sugli impatti nel tempo di interventi simili realizzati nel passato.
Le fasi trasversali sono:
• attività di animazione, volte a informare l’intera popolazione interessata e raccogliere le loro domande latenti e le loro indicazioni sugli interventi da inserire nei Piani di Sviluppo (spiegando adeguatamente a tutti gli stakeholders che gli interventi devono in sostanza coincidere con le “operazioni” riportate nelle Sottomisure della Misura 7 del PSR);
• raccolta di schede su possibili progetti già ben definiti o addirittura cantierabili, proposti da amministratori locali, operatori produttivi privati, associazioni e cittadini. [5]
Il prospetto che segue riassume il complesso e intenso percorso di lavoro.
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[1] Questi suggerimenti concernono gli aspetti centrali del percorso di formulazione dei Piani di Sviluppo al fine di garantirne la compatibilità con i fabbisogni di intervento locali (analisi di contesto e gerarchizzazione dei fabbisogni, scelta degli ambiti tematici e individuazione delle filiere di intervento più significative). Il post non entra nel merito della compatibilità di questi interventi con gli strumenti di programmazione territoriale previsti dal Testo Unico sugli Enti Locali (TUEL).
[2] Gli ambiti tematici in questione sono:
• Sviluppo e innovazione delle filiere e dei sistemi produttivi locali,
• Sviluppo della filiera dell’energia rinnovabile (produzione e risparmio energia),
• Turismo sostenibile,
• Cura e tutela del paesaggio, dell’uso del suolo e della biodiversità (animale e vegetale),
• Valorizzazione e gestione delle risorse ambientali e naturali,
• Valorizzazione di beni culturali e patrimonio artistico legato al territorio,
• Accesso ai servizi pubblici essenziali,
• Inclusione sociale di specifici gruppi svantaggiati e/o marginali,
• Riqualificazione urbana con la creazione di servizi e spazi inclusivi per la comunità,
• Reti e comunità intelligenti,
• Diversificazione economica e sociale connessa ai mutamenti nel settore della pesca.
[3] Tale scelta si potrà fare nel corso di un paio di riunioni tecniche ristrette, nelle quali coinvolgere gli amministratori locali e gli operatori privati maggiormente determinati rispetto all’obiettivo di elaborare un Piano coerente con caratteristiche e vocazioni del territorio e, al tempo stesso, in grado di corrispondere ai vari vincoli inerenti l’attuazione degli interventi infrastrutturali.
[4] Il percorso qui suggerito implica che, dopo che sono state raccolte dagli amministratori locali e dai portatori di interesse privati più motivati le indicazioni su un solo ambito di intervento (o sugli ambiti di intervento), in un arco di tempo di circa due settimane, vadano distribuite (e raccolte compilate) ai portatori di interesse più influenti delle schede di rilevazione semi-strutturate (da riprendere non oltre il prossimo 5 settembre).
Tali schede dovranno essere brevi, di immediata e di inequivoca interpretazione (e, quindi, corredate anche di brevi note esplicative di supporto) e composte in massima parte di domande a risposta chiusa.
[5] Le schede sui progetti si possono impostare in termini semplici sulla base della c.d. “matrice 5Ws + How”, ossia sulla base delle seguenti domande:
WHO? – Chi sono i beneficiari del progetto? (gruppo target)
WHAT? – Quali interventi attuare per risolvere i loro problemi?
WHY? Perché il gruppo target ha bisogno di quegli interventi (in sostanza, perché quegli interventi risolvono dei problemi del gruppo target?)
WHERE? Dove sono localizzati i beneficiari e di riflesso gli interventi?
WHEN? Quando, e per quanto tempo, attuare quegli interventi? (in termini semplici, durata del progetto)
HOW? Come realizzare gli interventi? Quali risorse umane, fisiche ed organizzative sono necessarie? Eventualmente, sono necessarie autorizzazioni pubbliche per l’attuazione del progetto?
Tramite tale scheda è opportuno raccogliere anche indicazioni sulla loro dimensione finanziaria (stima), sui proponenti del progetto e su eventuali partners disponibili a impegnarsi nel progetto.