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Recovery and Resilience Facility vs Fondi Strutturali. Bisogna tenere maggiormente conto dei diversi “metodi di gestione”

«I diritti degli uomini devono essere di tutti gli uomini,
proprio di tutti, sennò chiamateli privilegi»
Gino Strada (21.04.1948 – 13.08.2021)

Recovery and Resilience Facility, Fondi Strutturali e possibili revisioni della politica di coesione dell’UE

Negli ultimi mesi, diversi osservatori, esaminando caratteristiche e meccanismi di spesa dei Fondi Strutturali e del Dispositivo per la Ripresa e la Resilienza (lo strumento – indicato in Inglese come Recovery and Resilience Facility – che finanzia i Piani Nazionali di Ripresa e Resilienza – PNRR), hanno posto in luce che il focus di attenzione di Istituzioni europee, Governi Centrali ed Enti decentrati sui PNRR sta comportando dei ritardi nell’approvazione dei documenti programmatici caratteristici dell’attuazione dei Fondi Strutturali (Accordi di Partenariato nazionali e Programmi Operativi nazionali e regionali). [1] Questo ritardo appare preoccupante non solo nel breve termine, ma anche nel lungo termine, in quanto i Programmi Operativi cofinanziati dai Fondi Strutturali inevitabilmente potrebbero patire dei ritardi attuativi (in assoluto e in comparazione coi tempi di attuazione dei PNRR) fino al termine della programmazione a causa di almeno due ordini di fattori:
• i ritardi iniziali nell’approvazione (ritardi che non sono una novità della programmazione 2021-2027, ma che in questa fase sono particolarmente “visibili” considerando che, in confronto, i tempi contingentati di approvazione dei PNRR sono stati assolutamente rispettati);
• la maggiore attenzione che Governi centrali ed Enti Locali certamente riserveranno ai cronogrammi di spesa dei PNRR e dei progetti da questi finanziati. Questo per almeno due ordini di motivi: (i) il montante di risorse finanziarie mobilitato dai PNRR è talmente consistente che, giocoforza, sarà oggetto di particolare attenzione da parte di analisti e media (e, si spera, dei cittadini); (ii) i rimborsi dell’UE agli Stati Membri è condizionato al raggiungimento di milestone e target concordati fra Stati e Istituzioni dell’UE. Questo comporterà un maggiore impegno dei soggetti attuatori per la celere attuazione e il buon esito dei progetti implementati a valere della Recovery and Resilience Facility (RRF). [2]
Di conseguenza, decision-makers europei e analisti critici nei confronti della politica di coesione, in vista della programmazione comunitaria post-2027, potrebbero richiedere:
• una riduzione del montante di risorse del bilancio europeo da destinare alla politica di coesione. Questa, infatti, qualora nel periodo 2021-2027 si registrassero effettivamente dei ritardi di spesa anche superiori a quelli registrati nelle precedenti programmazioni, verrebbe ancora di più additata come una politica “comune” caratterizzata da esecrabili lentezze sia nei processi decisionali, sia nell’assorbimento delle risorse stanziate;
• un depotenziamento delle prerogative politiche di Regioni ed Enti Locali per garantire l’estensione anche ai Fondi Strutturali del modello di governance del RRF.
I rischi paventati in questi studi non sono infondati, ma vanno considerati meglio due aspetti trattati nel prossimo paragrafo:
• appaiono poco fondati i rischi che il modello di governance del Dispositivo venga esteso ai Fondi Strutturali, o addirittura all’intero bilancio dell’UE, per il fatto che i molteplici strumenti di finanziamento dell’UE sono caratterizzati ciascuno da peculiari “metodi di gestione”;
• il modello di governance del Dispositivo, di per sé, non è affatto lesivo delle prerogative di Regioni ed altri Enti Locali, in quanto esso è uno strumento “a gestione diretta”.

I diversi “metodi di gestione” di Recovery and Resilience Facility e Fondi Strutturali

Come ho evidenziato nel post dello scorso 25 Luglio, quando si ragiona sulle possibili future implicazioni sul sistema di finanza pubblica dell’UE del varo del Dispositivo per la Ripresa e la Resilienza si devono considerare, tuttavia, tre aspetti basilari trascurati dagli autorevoli contributi a cui si è fatto cenno (richiamati nella Nota 1):
• le caratteristiche peculiari – anche in termini di relazioni istituzionali fra Stati Membri e fra più livelli di governo – di ciascuno dei “metodi di gestione” dei Fondi dell’UE (“metodi di gestione” disciplinati dall’art. 62 del Regolamento Finanziario vigente, ossia il Reg. (UE, Euratom) 2018/1046). In particolare va considerato che ciascun “metodo di gestione” ha implicazioni rilevanti sui sistemi di governance e sull’attuazione dei vari dispositivi di spesa;
• la diversa base normativa e i meccanismi di delivery territoriale dei vari strumenti;
• i diversi meccanismi di rimborso delle spese sostenute dai beneficiari che caratterizzano i Fondi dell’UE (come evidenziato in diversi post, il meccanismo di rimborso del Dispositivo per la Ripresa e la Resilienza è assolutamente innovativo e la sua estensione anche ad altri Fondi dell’UE comporterebbe cambiamenti radicali anche dei meccanismi di selezione, attuazione e rendicontazione dei progetti).
Con riferimento al primo punto, esaminato in questo post, per amor di precisione si puntualizza che l’art. 62 del Regolamento Finanziario vigente parla di “metodi di esecuzione del bilancio” da parte della Commissione Europea. Questi sono tre:
• “gestione diretta” (i dispositivi di spesa sono gestiti direttamente dai servizi della Commissione, incluso il personale presso le delegazioni dell’UE, oppure da Agenzie Esecutive);
• “gestione concorrente” fra Commissione e Stati Membri (i dispositivi di spesa sono programmati e gestiti sulla base di un peculiare sistema di governo multi-livello);
• “gestione indiretta”, che implica la responsabilizzazione di organismi terzi rispetto a Commissione e Stati, fra cui organismi internazionali, Banca Europea degli Investimenti e anche organizzazioni di diritto pubblico degli Stati Membri.
I Fondi Strutturali sono i principali strumenti dell’UE “a gestione concorrente”, per cui la formulazione dei Programmi Operativi e la loro gestione e rendicontazione sono imperniate su un peculiare sistema di governo multi-livello “verticale” in cui hanno un ruolo assolutamente centrale le Regioni (si veda la Figura che segue, ripresa da Bagarani, Bonetti (2005), p. 76). [3]

Multi Level Governance

Sistema di Multi Level Governance alla base della gestione dei Fondi Strutturali

Il Dispositivo per la Ripresa e la Resilienza, invece, è uno strumento “a gestione diretta” (l’articolo 8 del Reg. (UE) 2021/241 sul Dispositivo in merito è chiarissimo).

E’ certamente vero, come rimarcato da più analisti, che il Reg. (UE) 2021/241 richiama gli articoli 174 e 175 del Trattato sul Funzionamento dell’UE – TFUE, che sono i due articoli alla base della politica di coesione dell’UE.
Nella realtà dei fatti, tuttavia, esso si fonda sull’art. 122, comma 2 del TFUE, che dispone che “qualora uno Stato Membro si trovi in difficoltà o sia seriamente minacciato da gravi difficoltà a causa di calamità naturali o di circostanze eccezionali che sfuggono al suo controllo, il Consiglio, su proposta della Commissione, può concedere a determinate condizioni un’assistenza finanziaria dell’Unione allo Stato Membro interessato”.
Quest’assistenza finanziaria, peraltro, ha una natura giuridica particolare e, nell’ambito del complesso sistema di finanza pubblica dell’UE, va trattata come “external assigned resource” ai sensi dell’art. 21 del Regolamento Finanziario.
Il Dispositivo, quindi, è stato varato come:
• strumento di “coesione” fra gli Stati per sostenere la ripresa economica e l’attuazione di riforme strutturali in quegli Stati che erano stati colpiti maggiormente dalla pandemia nella prima metà del 2020;
• strumento “a gestione diretta”, per cui vi è un rapporto diretto fra la Commissione (organo esecutivo dell’UE) e gli Stati Membri (e fra questi e i beneficiari/soggetti attuatori).
Alla luce di queste ultime considerazioni, quindi, si possono proporre due riflessioni conclusive:
• per ora, a livello giuridico, il Dispositivo si configura appieno come strumento di natura eccezionale, una tantum per il quale i riferimenti agli articoli 174-175 del TFUE sono un po’ una forzatura, motivata solo dal fatto che è uno strumento di coesione fra gli Stati (lo stesso si può dire, mutatis mutandis, per l’Iniziativa Next Generation EU nel suo insieme). Per ora, in altri termini, il RRF e i Fondi Strutturali sono strumenti che afferiscono a due ambiti di policy separati e caratterizzati da “metodi di gestione” ben diversi. Un’eventuale successiva estensione ai Fondi Strutturali del sistema di governance del Dispositivo sarebbe un processo politico e giuridico molto complesso e, quindi, poco probabile;
• se da un lato in Italia sarebbe stato desiderabile un maggior coinvolgimento delle Regioni in sede di formulazione del PNRR, dall’altro il loro mancato coinvolgimento ha un suo solido fondamento giuridico proprio nella natura di strumento “a gestione diretta” del Dispositivo.

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Immagine ex Pixabay

Immagine ex Pixabay

[1] Si vedano: BACHTLER J., DOZHDEVA V., (2021). The Recovery & Resilience Fund: an economic stimulus at the expense of territorial cohesion?, European policy Research Centre, EPRC; CORTI F., FRANCESCO AND NUNEZ-FERRER J. (2021), Steering and Monitoring the Recovery and Resilience Plans: Reading between the Lines, CEPS Recovery and Resilience Reflection Papers 2021; MOLICA F., FONTAS L. (2020), Next Generation EU: a threat to Cohesion Policy?, CPMR Technical Note, Conference of Peripheral and Maritime Regions; MOLICA F. (2021), Programming delays: a comparison with previous periods and a look at future implications CPMR Policy Brief July 2021, Conference of Peripheral and Maritime Regions.
[2] I PNRR, come richiesto dal Reg. (UE) 2021/241 e dalle Guidelines della Commissione sulla loro formulazione, fondamentalmente vertono su due grandi azioni di policy:
• le riforme;
• gli investimenti.
Sulla genesi dell’Iniziativa Next Generation EU (NGEU) e del Recovery and Resilience Facility si rimanda a: BONETTI A. (2021), Next Generation EU e i Piani Nazionali di Ripresa e Resilienza, Centro Studi FUNDS FOR REFORMS LAB, Policy Brief 1/2021, 2.02.2021; SERVIZIO STUDI DEL SENATO (2021), Il Dispositivo per la Ripresa e Resilienza, 11.02.2021; SAPALA M., THOMASSEN L. (2021); Recovery Plan for Europe: State of Play; European Parliamentary Research Service, PE690.656; June 2021.
[3] I sistemi di governance multi-livello si suddividono, fondamentalmente, in due tipologie:

Politiche regionali e Fondi Strutturali

• “verticale” (o “istituzionale”), in cui hanno un ruolo determinante le Istituzioni pubbliche;
• “orizzontale”, in cui sono cittadini e forme di autorganizzazione della società civile e determinare i sistemi di governance di risorse finanziarie (e non solo).

Si vedano:
• HOOGHE L., MARKS G. (2001), “Types of Multi-Level Governance”, European Integration online Papers, Vol. 5/2001;
• MARKS G., HOOGE L. (2005), “Contrasting Vision of Multi-Level Governance”, in Bache I., Flinders M. (eds.), Multi-Level Governance, Oxford University Press;
• BAGARANI M., BONETTI A. (2005), Politiche regionali e Fondi Strutturali. Programmare nel Sistema di governance della UE; Ed. Rubbettino, Soveria Manneli (CZ);
• BAGARANI M., BONETTI A. (2012), Evoluzione del Sistema di governo delle politiche comunitarie e cambiamenti nella politica regionale nazionale; in BAGARANI M. (a cura di), Il governo delle Regioni e lo sviluppo economico; Edizioni dell’Orso, Alessandria.

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