Le proposte avanzate dalla Commissione Europea il 27.05.2020 non solo delineano un ambizioso piano di ripresa socio-economica in Europa (“Next Generation EU”), ma rilanciano anche il negoziato sui fondi UE post 2020. A livello europeo, pertanto, è in corso un duplice negoziato molto complesso.
Il post, volutamente didascalico, tenta di chiarire meglio alcuni elementi essenziali di questo duplice negoziato e rimarca che lo Strumento dell’UE per la ripresa (da molti giornalisti indicato con approssimazione come “recovery fund”), sia sul piano logico sia su quello giuridico andrebbe accostato più correttamente al “sistema delle risorse proprie” dell’UE e non tanto al Quadro Finanziario Pluriennale post 2020 (che delinea il profilo delle spese dell’Unione dal 2021 al 2027).
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La riprogrammazione degli “strumenti finanziari” della politica di coesione per contenere gli effetti recessivi dell’epidemia di COVID-19
Il contributo tratta gli interventi di riprogrammazione degli “strumenti finanziari” della politica di coesione finalizzati a contrastare gli effetti recessivi dell’epidemia di COVID-19. A tale riguardo viene posto l’accento sull’importanza delle misure di semplificazione del loro utilizzo, dal momento che il regolamento generale del 2013 sui Fondi SIE e il Regolamento di esecuzione (UE) N. 821/2014 prevedono procedure alquanto time-consuming sia per la loro gestione, sia per il loro monitoraggio. Le misure di semplificazione, quindi, potrebbero accelerare di molto sia il set up di nuovi strumenti finanziari, sia la rendicontazione finale delle spese.
Iniziativa di investimento in risposta al Coronavirus e rafforzamento della capacità di spesa dei Fondi Strutturali
Il post esamina le azioni dell’Iniziativa di investimento in risposta al Coronavirus volte a potenziare la capacità di spesa dei programmi pluriennali cofinanziati dai Fondi Strutturali. Quelle più rilevanti sono le seguenti: (i) riallocazione delle risorse finanziarie ancora non impegnate/spese fra Assi prioritarie dei programmi (all’interno di un dato Fondo); (ii) riallocazione delle risorse fra Fondi “per la coesione” (in Italia FESR e FSE); (iii) riallocazione delle risorse fra “categorie” di regioni (regioni “più sviluppate”, “in transizione” e “meno sviluppate”).
La riprogrammazione dei Fondi Strutturali per contrastare gli effetti recessivi dell’epidemia di Coronavirus. Una lettura d’insieme
Il contributo propone una lettura di insieme degli interventi di contrasto della crisi economica ex epidemia di Coronavirus, formulati dalla Commissione per valorizzare i pre-finanziamenti a valere dei Fondi Strutturali non spesi nel 2019 e le risorse stanziate per l’anno 2020. Si fa riferimento agli interventi previsti dalla c.d. Iniziativa di investimento in risposta al Coronavirus (Coronavirus Response Investment Initiative Plus – CRII Plus), che ruotano intorno a tre linee strategiche: (i) ampliamento della sfera di intervento dei Fondi Strutturali; (ii) rafforzamento della capacità di assorbimento delle risorse stanziate (e, quindi, della capacità di spesa dei programmi cofinanziati dai Fondi SIE); (iii) semplificazione delle procedure amministrative.
Gli interventi dell’UE per fronteggiare le conseguenze economiche dell’epidemia di Coronavirus attraverso i Fondi Strutturali
Questo breve articolo presenta i principali interventi di mitigazione della crisi economica provocata dalla pandemia di COVID-19 proposti dalla Commissione a valere dei Fondi Strutturali. In particolare, si sofferma su quelli previsti dalla c.d. Iniziativa di investimento in risposta al Coronavirus (Coronavirus Response Investment Initiative – CRII). Si pone in evidenza che se, da un lato, la pandemia in corso pone sfide del tutto nuove ai decisori politici, dall’altro gli interventi ricalcano ampiamente quelli lanciati dalla Commissione su finire del 2008 per contrastare gli effetti negativi della crisi finanziaria globale avviatasi nel biennio 2007-2008. Di conseguenza, la Commissione e le Autorità di Gestione dei programmi cofinanziati dai Fondi Strutturali, appunto per il fatto che gli interventi emergenziali di risposta della CRII sono già stati sperimentati una volta, hanno già maturato una base di conoscenza su come valorizzarli al meglio.
I “building block” dei progetti di sviluppo e l’analisi di contesto
Il post propone delle riflessioni sui “building block” dei progetti di sviluppo da considerare nella fase di formulazione. Nel corso della formulazione sono fondamentali due elementi che appartengono al “nucleo centrale” dei progetti (dimensione strategica e settore di intervento) e due elementi a latere del nucleo centrale (stakeholder da coinvolgere e contesto territoriale). L’analisi del contesto territoriale è importante non solo per capire meglio pertinenza dei progetti rispetto a problemi e bisogni insoddisfatti dei beneficiari (ed anche rispetto ad altri interventi attuati in un dato territorio), ma anche per individuare “pre-condizioni” ed “ipotesi” fondamentali per la riuscita dei progetti (si tratta di fattori su cui non si può intervenire con il progetto e che, in corso d’opera, potrebbero agire o come catalizzatori della sua riuscita, o come autentiche “minacce”).
La pertinenza “verticale” dei progetti di sviluppo con i fondi europei
Il post evidenzia come dei buoni progetti di sviluppo debbano necessariamente essere caratterizzati da una pertinenza “verticale” (di natura più politica) e da una pertinenza “orizzontale” (di natura più tecnica) molto elevate. Ciò detto, l’accesso o meno ai fondi europei per implementare tali progetti si gioca, fondamentalmente, lungo l’asse verticale della pertinenza (ossia della pertinenza con desiderata e linee di policy degli enti istituzionali sovra-ordinati). Per tutti i progettisti, quindi, il rebus è sempre lo stesso: come conciliare volontà dei soggetti proponenti dei progetti di corrispondere alle domande di intervento della cittadinanza locale e degli operatori economici del territorio e, al tempo stesso, garantire una adeguata coerenza verso l’alto delle strategie di sviluppo con obiettivi e linee di finanziamento delle Istituzioni sovra-ordinate (enti finanziatori).
La mappatura dei fondi europei (per capire a cosa servono davvero; se ci servono e perché ci servono)
I finanziamenti dell’UE sono semplicemente uno strumento per attuare le politiche pubbliche dell’UE. Tutte le organizzazioni dovrebbero avere l’umiltà di accettare l’idea che candidando un progetto per accedere alle sovvenzioni dell’UE, esse si candidano a diventare co-protagoniste dell’attuazione delle politiche europee (siano, quest’ultime, condivisibili o meno).
Quanto sopra implica che, se si vuole che la proposta di progetto venga finanziata, si deve delineare un “quadro logico” di obiettivi del progetto e di azioni assolutamente coerenti con gli obiettivi delle politiche pubbliche europee a cui fa riferimento un dato strumento finanziario dell’UE e/o uno specifico avviso di finanziamento. Questa è l’essenza del concetto di pertinenza “verticale” (mainstreaming “verticale”) dei progetti europei.
Alcune milestones del percorso di accesso ai finanziamenti europei
Tutte le organizzazioni sono perennemente alla ricerca di fonti di finanziamento accessibili e convenienti per alimentare il loro ciclo tecnico-operativo, fra cui i finanziamenti pubblici dell’UE. In merito a questi, il mio parere, già espresso più volte su questo blog, è che per alcune organizzazioni, in una data fase del loro ciclo di vita o per implementare determinati progetti possono essere molto utili. Per altre, invece, potrebbe essere molto più ragionevole, ceteris paribus, ricercare altri strumenti di finanziamento. Inoltre, tutte le organizzazioni dovrebbero delineare un approccio strategico – e non estemporaneo – alla ricerca dei finanziamenti europei. Infine, tutte le organizzazioni, sia in sede di candidatura dei progetti, sia nella fase di gestione di quelli finanziati, dovrebbero seguire un approccio analogo a quello delle aziende commerciali che vogliono acquisire nuovi clienti e/o “curare” quelli consolidati, ossia dovrebbero considerare gli enti finanziatori dei clienti che, grazie al progetto, hanno modo di risolvere dei problemi (problemi di interesse collettivo nel caso di enti finanziatori pubblici).
Il contributo del Ministero dell’Istruzione al dibattito sull’educazione all’imprenditorialità
Questo articolo muove dalla disamina del contributo del Ministero dell’Istruzione al dibattito sulla c.d. “educazione all’imprenditorialità” (come emerge anche dall’esame di alcuni avvisi di finanziamento del PON “Per la scuola”). L’articolo rimarca che questo contributo, quantunque significativo (anche nella prospettiva di avviare anche in Italia una autentica strategia sulla “educazione all’imprenditorialità”), è comunque caratterizzato dalla tendenza – alquanto diffusa in Italia e presso le scuole – a vedere nei progetti di “educazione all’imprenditorialità” dei percorsi formativi per introdurre i discenti ad obiettivi e modalità del “fare impresa”. In vero, i corsi ed altre iniziative inerenti alla “educazione all’imprenditorialità”, sono orientati non tanto a formare dei potenziali “manager” e a sostenere i processi di creazione di impresa, quanto a sviluppare nei beneficiari una mentalità imprenditoriale (utili in qualsiasi fase della vita e quale che sia l’impiego di un individuo).