Il post descrive l’impostazione di fondo dell’analisi di efficienza dei Programmi cofinanziati dai Fondi Strutturali. Per definire tale analisi è necessario: (i) considerare che essa risponde al quesito “si riuscirà ad attuare il Programma pluriennale di spesa?”; (ii) effettuare delle riflessioni su quali siano quelle condizioni ottimali che si dovrebbero realizzare affinchè si riesca ad attuare al meglio le azioni di policy e il Programma nel suo complesso. Esse si possono riassumere in tre cluster di condizioni abilitanti, ossia (i) capacità di governance; (ii) capacità amministrativa in senso stretto (definita da capacità di compliance procedurale; qualità e chiarezza di atti amministrativi e avvisi di selezione dei progetti e, non ultimo, capacità di rispettare una tempistica di attuazione di macro-fase e fasi operative desiderabile); (iii) capacità operativa (capacità di ottimizzare l’uso delle risorse pubbliche stanziate).
Il post si focalizza, in particolare, sulla analisi della capacità di governance.
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Una nota introduttiva sulla valutazione di efficacia e di efficienza dei Programmi cofinanziati dai Fondi Strutturali
Il post propone una lettura introduttiva dell’analisi di efficacia e di efficienza delle politiche pubbliche.
Se si considerano le domande di valutazione a cui rispondono le analisi di efficienza, di efficacia e di impatto, sarebbe più corretto associare analisi di efficacia e di impatto.
Tuttavia, specialmente nel caso dei Programmi cofinanziati dai Fondi Strutturali, si associano analisi di efficienza e analisi di efficacia per due ordini di motivi: (i) tali analisi si effettuano in itinere e al termine degli interventi (l’analisi di impatto complessiva, invece, andrebbe sempre impostata come analisi ex post); (ii) si intende porre in luce che l’efficienza amministrativa condiziona ampiamente efficacia e capacità di spesa di singole azioni di policy e Programmi complessi (nel post per spiegare meglio questo aspetto si forniscono esempi concreti su come i ritardi attuativi incidono negativamente anche sull’efficacia degli interventi e, in ultima istanza, sui tempi di maturazione delle spese).
Regolamento STEP, riesame intermedio dei Programmi Regionali 21-27 e ulteriore indebolimento della valutazione
Il post pone in luce che il «Regolamento STEP» – inteso a sostenere lo sviluppo delle tecnologie strategiche critiche per l’autonomia strategica dell’UE – modificando il processo di riesame intermedio dei Programmi cofinanziati dai Fondi Strutturali, indebolisce la funzione strategica di supporto alle decisioni di policy della valutazione.
Alla base del “riesame intermedio” dei Programmi FESR e FSE+, infatti, vi sono gli elementi elencati nel par. 1 dell’art. 18 del Regolamento generale sui Fondi Strutturali 2021-2027 (si vedano punti dalla lettera a alla lettera f), fra cui: (i) i principali risultati delle valutazioni pertinenti; (ii) i progressi compiuti verso il conseguimento dei target intermedi, tenendo conto delle considerevoli difficoltà riscontrate nell’attuazione dei Programmi. Tali elementi, specialmente laddove le risorse finanziarie assegnate a titolo di “importo di flessibilità” venissero allocate integralmente sulle nuove Priorità ex Reg. (UE) 2024/795, di fatto non verranno presi in considerazione. In altri termini, alla base del “riesame intermedio” non vi sarebbe alcuna valutazione intermedia dei Programmi.
Riesame intermedio dei Programmi Regionali FESR 21-27: cosa cambia dopo l’approvazione del Regolamento STEP sulle tecnologie strategiche per l’UE
Il post rimarca che il «Regolamento STEP» – inteso a sostenere lo sviluppo delle tecnologie strategiche critiche per l’autonomia strategica dell’UE – propone delle modifiche alla base normativa dei Programmi cofinanziati dai Fondi Strutturali che sono destinate a incidere ampiamente sul loro disegno strategico, prevedendo delle condizioni molto favorevoli alla riallocazione di risorse finanziarie verso i nuovi Obiettivi Specifici e i nuovi campi di intervento del FESR introdotti dal tale Regolamento: Inoltre, rivede ampiamente il processo di riesame intermedio dei Programmi.
Le modifiche del novero di Obiettivi Specifici – riguarda solo il FESR – e quelle dei campi di intervento – riguarda FESR e FSE Plus – si possono considerare come scelte tecniche.
Le scelte sulla revisione del processo di riesame intermedio, invece, sono mosse anche da scelte politiche sull’allocazione delle scarse risorse del bilancio dell’UE fra le varie priorità di policy abbastanza discutibili.
Stante l’importanza di rafforzare l’autonomia strategica dell’UE, una volta di più si persegue un obiettivo strategico a livello comunitario senza stanziare “fresh money” e annichilendo i Fondi Strutturali – strumenti con un mandato di policy ben preciso e con una solida base legislativa nei Trattati UE – al mero strumento di bancomat dell’UE.
Inoltre, il riesame intermedio viene ampiamente svuotato del suo ruolo di “mid term review” strategica intesa a riorientare l’attuazione dei Programmi nello scorcio finale della programmazione sulla base di nuove sfide e nuove priorità di sviluppo delle regioni (in particolare di quelle meno sviluppate) e dei primi risultati e delle “lezioni dell’esperienza” dell’attuazione delle linee di finanziamento dei Programmi approvati inizialmente.
L’effetto tsunami sui Programmi Regionali FESR 21-27 del Regolamento STEP sulle tecnologie strategiche critiche
Il post presenta gli obiettivi del «Regolamento STEP» sulla Piattaforma delle Tecnologie Strategiche per l’Europa (Strategic Technologies for Europe Platform – «STEP») e propone un’analisi dei possibili effetti sulla struttura dei Programmi cofinanziati dai Fondi Strutturali delle proposte di revisione dei Regolamenti sui “fondi per la coesione” varate dal Regolamento sulle tecnologie strategiche critiche.
Tali effetti potrebbero essere particolarmente rilevanti per i Programmi Regionali FESR.
Questo per le seguenti ragioni: (i) è prevista la possibilità di inserire due nuovi Obiettivi Specifici (un OS 1.6 “Investimenti in tutte le tecnologie strategiche critiche che contribuiscono agli obiettivi della “piattaforma STEP” e un OS 2.9 “Investimenti che contribuiscono allo sviluppo o alla fabbricazione di tecnologie pulite ed efficienti sotto il profilo delle risorse); (ii) è prevista la possibilità di dare corso a ben sei nuovi campi di intervento (con codici di identificazione che vanno da 188 a 193) per il FESR al fine di coprire le tre diverse categorie di tecnologie strategiche critiche; (iii) ai nuovi Obiettivi Specifici 1.6 e 2.9, ovviamente, sono associati sia nuovi Indicatori di Output pertinenti, sia nuovi Indicatori di Risultato; (iv) potranno essere finanziate anche le Grandi Imprese che, in generale, sono escluse dai contributi del FESR; (v) per le azioni intese a sostenere i due nuovi Obiettivi Specifici 1.6 e 2.9 si applicherà un tasso di cofinanziamento del 100%.
Inoltre, l’art. 13 del «Regolamento STEP» prevede una radicale rivisitazione del c.d. “riesame intermedio” di cui all’art. 18 del Reg. (UE) 2021/1060 e, di riflesso, delle condizioni di assegnazione del c.d. “importo di flessibilità” per le ultime due annualità di programmazione di cui all’art. 86 del Reg. (UE) 2021/1060.
Nei prossimi mesi vi sarà molto lavoro da fare per le Autorità di Gestione dei Programmi Regionali FESR.
Principali elementi di incertezza delle politiche pubbliche deliberate e valutazione
Il post evidenzia che, in genere, l’analisi dei processi decisionali non è debitamente considerata nell’approccio alla valutazione dei Programmi cofinanziati dai Fondi Strutturali tradizionalmente suggerito dalla Commissione Europea.
Se si tiene in debita considerazione la rilevanza dell’analisi dei processi decisionali, alla valutazione si possono legare tre grandi focus di analisi: (i) perché è stato deliberato un certo intervento di politica economica? (analisi dei processi decisionali che hanno portato a deliberare un certo intervento e a stanziare dei soldi pubblici per attuarlo); (ii) come è stato attuato? (analisi dei processi di implementazione e dell’efficienza amministrativa); (iii) l’intervento ha prodotto gli effetti sperati? (analisi di efficacia e di impatto).
In estrema sintesi, monitoraggio e audit consentono di rispondere alla domanda “come sono spesi i soldi pubblici?”; la valutazione risponde alla domanda “sono soldi ben spesi?”.
Processi decisionali pubblici e “ciclo della valutazione”
Il post rimarca l’importanza di considerare parte del “ciclo di valutazione” delle politiche pubbliche anche l’analisi dei processi di policy making (generalmente un pò trascurati). Questo per due motivi principali: (i) ‹‹la valutazione è normalmente parte di un processo politico›› e (ii) la stessa validità dell’analisi di efficacia, di efficienza e di impatto delle politiche verrebbe ampiamente menomata dalla mancata analisi di come si è giunti a definire certe priorità e certe azioni di policy. Inoltre, esaminare in profondità i processi decisionali, in genere, è di grande aiuto anche per capire le criticità attuative che si possono registrare in corso d’opera.
Il post, inoltre, sottolinea che inquadrando la valutazione come strumento di supporto al miglioramento dei processi decisionali e dell’intero “ciclo di policy making”, bisogna tenere parimenti conto del passaggio dalla fase dell’offerta di politiche pubbliche dichiarate (in Inglese, policy finctions) a quella dell’offerta effettiva di politiche pubbliche (in Inglese, policy facts).
Queste considerazioni sull’approccio valutativo informano lo stesso “ciclo della valutazione”.
Nuova Iniziativa ComPAct sul rafforzamento delle PA europee e strategie di capacity building per la gestione dei Fondi Strutturali
Il post propone: (i) alcune riflessioni critiche sulle azioni di capacity building per rendere più efficace la gestione dei Fondi Strutturali suggerite dalla Commissione (tali critiche riguardano segnatamente il documento di indirizzo del 2020 “tabella di marcia per lo sviluppo delle capacità amministrative”; (ii) alcune indicazioni pragmatiche su come migliorarle. Queste ultime muovono soprattutto dalla considerazione che non è opportuno fornire indicazioni di ordine generale alle Autorità di Gestione (ADG) dei Programmi senza considerare le tante articolazioni interne delle macrostrutture regionali e delle stesse ADG. Se la Commissione considerasse maggiormente l’articolazione organizzativa di Amministrazioni Regionali e ADG e le forme di gestione delle azioni inserite nei Programmi potrebbe migliorare anche il targeting degli interventi di capacity building, che andrebbero differenziati sulla scorta delle esigenze di almeno quattro diversi gruppi target: (a) dirigenti apicali delle Regioni; (b) posizioni organizzative; (c) funzionari e (d) soggetti attuatori esterni all’Amministrazione regionale.
Il post si chiude con delle amare considerazioni sull’Iniziativa ComPAct lanciata dalla Commissione il 25 Ottobre 2023. A fronte dell’ambizioso obiettivo di creare un autentico “spazio amministrativo europeo”, la Comunicazione su ComPAct propone una serie di azioni di sostegno al miglioramento delle PA che, così come riscontrato per le linee guida sul miglioramento della gestione dei Fondi Strutturali, non tengono adeguatamente conto dell’articolazione interna delle PA e della necessità di sperimentare anche azioni specifiche intese a rafforzare attitudine a collaborare e a lavorare per obiettivi di tutto il personale pubblico.
Management pubblico e teoria principale agente dentro la scatola nera della PA
Per capire come si deve la capacità amministrativa delle Istituzioni pubbliche è necessario aprire la scatola nera della macchina amministrativa e considerare i “burocrati” per quelli che sono, ossia persone con delle volontà, delle strategie e dei sistemi di valori che ne condizionano motivazioni e operato.
Inoltre, va considerato che: (i) la leadership può essere esercitata ai vari livelli organizzativi della PA; (ii) vanno considerate più relazioni di delega (fra persone collegate su più livelli della gerarchia amministrativa). Queste relazioni di delega si possono capire meglio applicando la “teoria principale agente” e considerando che la creazione di valore pubblico si fonda su una catena di responsabilità all’interno della PA. Questo comporta che tutti possono essere principali e, allo stesso tempo, agenti.
Se si accetta l’idea che vada superato l’archetipo weberiano del burocrate “senza volontà” e si debba considerare il comportamento strategico di tutto lo staff della PA, pertanto, bisogna tenere anche conto degli oneri amministrativi impliciti (inefficienze) comportati dai c.d. “costi di influenza” e dai “costi di transazione”.
Management pubblico e revisione delle strutture organizzative della PA: il modello di cambiamento in otto step di Kotter
Il post evidenzia come, in questa fase, in cui si discute ampiamente della capacità di adattamento ai cambiamenti delle Pubbliche Amministrazioni e di innovative azioni di capacity building, sarebbe opportuno: (i) approfondire maggiormente la questione delle differenze fra leadership e management nelle Istituzioni pubbliche, prima di parlare di nuove riforme e di nuovi processi di change management nella PA; (ii) considerare che gli interventi di capacity building della PA saranno forieri di cambiamenti e miglioramenti duraturi se e solo se cambieranno attitudini e modus operandi le risorse umane e si delineeranno anche nuovi modelli organizzativi; (iii) focalizzare le azioni di formazione e di aggiornamento dei dirigenti pubblici su capacità di leadership; sulla definizione della visione e della missione delle organizzazioni e sulle specificità del management pubblico, dato che, come pertinentemente evidenziato dalla professoressa Raffaella Saporito nel saggio Public Leadership, i processi di creazione di valore nella PA sono, fondamentalmente, processi immateriali. Dal momento che le azioni di capacity building saranno tanto più efficaci quanto più cambieranno anche attitudini delle risorse umane della PA e assetti organizzativi, sarebbe sempre bene ragionare non solo sulle azioni di capacitazione amministrativa, ma anche su dei cambiamenti organizzativi intesi a valorizzare meglio le nuove competenze e le nuove capacità operative. Quale modello di cambiamento organizzativo della PA il post propone il modello in otto step di John Kotter, professore emerito ad Harvard.