Il post, che tratta le azioni di capacity building per i soggetti attuatori terzi rispetto alle Amministrazioni Regionali che implementano i Programmi cofinanziati dai Fondi Strutturali (beneficiari), rimarca che non sono sufficienti solo azioni formative o di supporto on the job. Ancor prima servono azioni informative. Per essere concreti sulle azioni informative a favore dei soggetti attuatori (beneficiari), si ricorda che essi sono, di fatto, il primo anello del sistema di monitoraggio. Infatti, essi sono investiti della responsabilità della registrazione dei dati di monitoraggio e del caricamento di altri documenti rilevanti ai fini della sana gestione delle risorse finanziarie e della realizzazione dei controlli. Il principale riferimento concreto delle operazioni di monitoraggio è costituito dall’Allegato XVII al Regolamento sulle Disposizioni Comuni (RDC) per il periodo 2021-2027 sulle modalità di registrazione e conservazione elettronica, per ciascuna operazione, dei dati. Si tratta di un Allegato molto articolato e che presuppone una conoscenza alquanto approfondita sui meccanismi di gestione, monitoraggio e controllo dei Fondi Strutturali. Le attività di monitoraggio sono parimenti descritte nella Sezione specifica del documento sul Sistema di Gestione e Controllo (Si.Ge.Co.) che, congiuntamente al Manuale delle procedure, fornisce indicazioni operative molto rilevanti anche sui controlli, sulle piste di controllo e sulle stesse check list di controllo (in genere, allegate ai Manuali delle procedure). Anche in relazione a questi aspetti così rilevanti per la sana gestione dei Fondi Strutturali si profila l’esigenza di dare corso a delle campagne informative su questi strumenti di lavoro, sui controlli, sulla ragione dell’inserimento di certi item di controllo nelle check list e anche sugli errori che i controllori riscontrano più frequentemente.
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Nuova Iniziativa ComPAct sul rafforzamento delle PA europee e strategie di capacity building per la gestione dei Fondi Strutturali
Il post propone: (i) alcune riflessioni critiche sulle azioni di capacity building per rendere più efficace la gestione dei Fondi Strutturali suggerite dalla Commissione (tali critiche riguardano segnatamente il documento di indirizzo del 2020 “tabella di marcia per lo sviluppo delle capacità amministrative”; (ii) alcune indicazioni pragmatiche su come migliorarle. Queste ultime muovono soprattutto dalla considerazione che non è opportuno fornire indicazioni di ordine generale alle Autorità di Gestione (ADG) dei Programmi senza considerare le tante articolazioni interne delle macrostrutture regionali e delle stesse ADG. Se la Commissione considerasse maggiormente l’articolazione organizzativa di Amministrazioni Regionali e ADG e le forme di gestione delle azioni inserite nei Programmi potrebbe migliorare anche il targeting degli interventi di capacity building, che andrebbero differenziati sulla scorta delle esigenze di almeno quattro diversi gruppi target: (a) dirigenti apicali delle Regioni; (b) posizioni organizzative; (c) funzionari e (d) soggetti attuatori esterni all’Amministrazione regionale.
Il post si chiude con delle amare considerazioni sull’Iniziativa ComPAct lanciata dalla Commissione il 25 Ottobre 2023. A fronte dell’ambizioso obiettivo di creare un autentico “spazio amministrativo europeo”, la Comunicazione su ComPAct propone una serie di azioni di sostegno al miglioramento delle PA che, così come riscontrato per le linee guida sul miglioramento della gestione dei Fondi Strutturali, non tengono adeguatamente conto dell’articolazione interna delle PA e della necessità di sperimentare anche azioni specifiche intese a rafforzare attitudine a collaborare e a lavorare per obiettivi di tutto il personale pubblico.
Management pubblico e revisione delle strutture organizzative della PA: il modello di cambiamento in otto step di Kotter
Il post evidenzia come, in questa fase, in cui si discute ampiamente della capacità di adattamento ai cambiamenti delle Pubbliche Amministrazioni e di innovative azioni di capacity building, sarebbe opportuno: (i) approfondire maggiormente la questione delle differenze fra leadership e management nelle Istituzioni pubbliche, prima di parlare di nuove riforme e di nuovi processi di change management nella PA; (ii) considerare che gli interventi di capacity building della PA saranno forieri di cambiamenti e miglioramenti duraturi se e solo se cambieranno attitudini e modus operandi le risorse umane e si delineeranno anche nuovi modelli organizzativi; (iii) focalizzare le azioni di formazione e di aggiornamento dei dirigenti pubblici su capacità di leadership; sulla definizione della visione e della missione delle organizzazioni e sulle specificità del management pubblico, dato che, come pertinentemente evidenziato dalla professoressa Raffaella Saporito nel saggio Public Leadership, i processi di creazione di valore nella PA sono, fondamentalmente, processi immateriali. Dal momento che le azioni di capacity building saranno tanto più efficaci quanto più cambieranno anche attitudini delle risorse umane della PA e assetti organizzativi, sarebbe sempre bene ragionare non solo sulle azioni di capacitazione amministrativa, ma anche su dei cambiamenti organizzativi intesi a valorizzare meglio le nuove competenze e le nuove capacità operative. Quale modello di cambiamento organizzativo della PA il post propone il modello in otto step di John Kotter, professore emerito ad Harvard.
DL Sud, cronoprogramma degli interventi del Fondo per lo Sviluppo e la Coesione e ciclo di policy making
Il recente DL Sud, nella prima Sezione, ridisegna ampiamente governance e modalità di attuazione degli interventi del Fondo per lo Sviluppo e la Coesione (FSC ex FAS). Quale perno dell’intero sistema di gestione degli interventi del FSC vengono posti gli Accordi per la Coesione.
Uno degli elementi portanti di tali Accordi – siano essi ratificati e attuati da Ministeri oppure da Regioni e PP.AA. – è “il cronoprogramma procedurale e finanziario di ciascun intervento o linea di azione”. Il DL Sud, de facto, non fornisce alcuna puntualizzazione sul “cronoprogramma”, ma esso è ovviamente alla base di un altro elemento portante degli Accordi, ossia del “piano finanziario” (annuale).
Il post pone in rilievo che l’elemento principale che dovrebbe preoccupare del nuovo sistema di governance dovrebbe essere il modo sovente approssimativo con cui vengono definiti, in Italia, i cronoprogrammi degli interventi. A tale proposito si rimarca che anche per definire i cronoprogrammi degli interventi sia fondamentale considerare due aspetti: (i) la tipologia di operazioni (opere pubbliche; acquisto di beni e servizi da parte della PA; erogazione di finanziamenti e/o servizi a singoli beneficiari e formazione/valorizzazione delle risorse umane); (ii) la titolarità della responsabilità gestionale (distinguendo fra azioni “a titolarità” e azioni “a regia”, le quali hanno un iter attuativo più articolato).
Strategie di capacity building per la gestione dei Fondi Strutturali: i limiti della nota metodologica della Commissione “tabella di marcia per lo sviluppo delle capacità amministrative”
Il post illustra i principali limiti operativi della Guida del 2020 della Commissione sulle strategie di rafforzamento amministrativo per la gestione dei Fondi Strutturali (la c.d. “tabella di marcia per lo sviluppo delle capacità amministrative”).
Muovendo dall’impostazione seguita dal Development Programme delle Nazioni Unite (UNDP) che definisce le strategie di capacity building sulla scorta di tre “domande guida” (1. Capacity for why?; 2. Capacity for whom?; 3. Capacity for what?), il breve articolo sottolinea in primo luogo che un siffatto approccio – ampiamente desiderabile in generale – non si rintraccia minimamente nel contributo metodologico della Commissione. Inoltre, nella “tabella di marcia per lo sviluppo delle capacità amministrative” viene ampiamente trascurata l’importanza di differenziare la strategia di capacity building a seconda di: (i) macro-fasi e fasi operative dei processi di gestione in senso lato degli interventi cofinanziati dai Fondi Strutturali; (ii) macro-tipologia e tipologia degli interventi (regimi di aiuto, realizzazione di opere pubbliche, acquisti di forniture e servizi da parte della PA, interventi di sviluppo delle risorse umane); (iii) tipo di modalità attuativa (un conto è valutare la “capacità amministrativa” per gli interventi “a titolarità regionale” ed un conto è farlo per quelli “a regia regionale”, in relazione ai quali è strettamente necessario capire come incide sulla “capacità amministrativa” generale anche quella specifica dei soggetti attuatori degli interventi ammessi a beneficio, che agiranno da stazioni appaltanti)
La valutazione delle azioni di capacity building della PA: l’approccio di UNDP
Il post illustra le dimensioni (i pilastri) dell’approccio del Development Programme delle Nazioni Unite (UNDP) alla formulazione e alla valutazione delle strategie di capacity building. Tali dimensioni sono: (i) una puntuale definizione delle capacità da sviluppare; (ii) i drivers del cambiamento amministrativo (assetto istituzionale, leadership, competenze e accountability), e (iii) livelli di analisi della capacità amministrativa (individui, organizzazioni e contesto). Nell’ambito dell’approccio di UNDP, tuttavia, sono soprattutto le seguenti tre domande guida a informare le azioni di rafforzamento amministrativo: (i) Capacity for why? (domanda che serve per definire in modo circostanziato quali sono le ragioni alla base e gli obiettivi specifici delle attività di capacitazione amministrativa); (ii) Capacity for whom? (domanda intesa a individuare puntualmente quale gruppo target specifico del personale della PA neccesita delle azioni di rafforzamento di capacità generali e competenze specifiche); (iii) Capacity for what? (serve per individuare in modo coerente con le scelte fatte in relazione alle domande precedenti le azioni di capacitazione amministrativa da implementare).
La valutazione delle azioni di capacity building della PA tramite il modello di Kirkpatrick: cosa si può apprendere dalle esperienze internazionali?
Il post propone un esempio di applicazione del modello di valutazione della formazione di Kirkpatrick alla misurazione degli effetti delle azioni di capacity building. Tale esempio è tratto, con degli adattamenti, dalla manualistica dell’agenzia per la cooperazione internazionale australiana (AusAID).
Così come ha dei limiti il modello di Kirkpatrick, lo stesso si puàò dire per il suo adattamento alla misurazione degli effetti delle azioni di capacity building proposto e implementato da AusAID.
Ciò detto, l’approccio di AusAID è certamente molto interessante – e da replicare – con riferimento ai seguenti aspetti: (i) l’idea di fondo di applicare la logica valutativa non solo ai singoli individui, ma anche alle stesse unità organizzative che beneficiano di attività di capacity building (idea abbracciata anche da UNDP e da altre agenzie nazionali di cooperazione allo sviluppo); (ii) l’idea, ampiamente condivisibile, di non misurare gli effetti delle azioni di capacity building solo con riferimento ai risultati “interni”, ma anche e soprattutto a quelli “esterni”. In altri termini, bisognerebbe stimare la capacità delle azioni di capacitazione di migliorare non solo la performance in senso stretto delle unità organizzative, ma anche la loro capacità di produrre un impatto positivo sui beneficiari/destinatari finali delle azioni di politica economica e dei progetti. In sostanza, il termine di riferimento fondamentale dell’efficacia delle azioni di capacity building dovrebbe sempre essere l’impatto sui beneficiari/destinatari finali.
Capacità amministrativa e valutazione delle azioni di capacity building della PA: si può applicare il modello di Kirkpatrick?
Il post propone una breve riflessione sulla possibile applicazione alla misurazione dell’efficacia delle azioni di capacity building della PA del modello di valutazione della formazione di Donald Kirkpatrick, che è il principale modello applicato, a livello internazionale, per misurare gli effetti sulla performance delle organizzazioni delle attività di formazione e di re-training del personale.
Questo modello di valutazione della formazione presenta certamente dei limiti. Ciò nonostante, continua ad essere il modello più usato per questo tipo di valutazione e, soprattutto, già negli anni Novanta è stato applicato anche alla valutazione delle azioni di capacity buidling della PA dei Paesi in Via di Sviluppo (PVS) sia nell’ambito del Development Program delle Nazioni Unite (UNDP), sia da parte di alcune agenzie di Cooperazione internazionale (segnatamente quella australiana). UNDP e agenzie di cooperazione internazionale hanno finanche elaborato dei modelli operativi di capacity building proprio a partire dal modello imperniato sui quattro livelli valutativi di Kirkpatrick.
Mutatis mutandis si potrebbe provare ad applicarlo alle azioni di capacity building previste sia dal Programma Nazionale Capacità per la coesione, sia dai PRigA regionali (Piani di Rigenerazione Amministrativa).