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DL Sud, cronoprogramma degli interventi del Fondo per lo Sviluppo e la Coesione e ciclo di policy making

Il recente DL Sud, nella prima Sezione, ridisegna ampiamente governance e modalità di attuazione degli interventi del Fondo per lo Sviluppo e la Coesione (FSC ex FAS). Quale perno dell’intero sistema di gestione degli interventi del FSC vengono posti gli Accordi per la Coesione.
Uno degli elementi portanti di tali Accordi – siano essi ratificati e attuati da Ministeri oppure da Regioni e PP.AA. – è “il cronoprogramma procedurale e finanziario di ciascun intervento o linea di azione”. Il DL Sud, de facto, non fornisce alcuna puntualizzazione sul “cronoprogramma”, ma esso è ovviamente alla base di un altro elemento portante degli Accordi, ossia del “piano finanziario” (annuale).
Il post pone in rilievo che l’elemento principale che dovrebbe preoccupare del nuovo sistema di governance dovrebbe essere il modo sovente approssimativo con cui vengono definiti, in Italia, i cronoprogrammi degli interventi. A tale proposito si rimarca che anche per definire i cronoprogrammi degli interventi sia fondamentale considerare due aspetti: (i) la tipologia di operazioni (opere pubbliche; acquisto di beni e servizi da parte della PA; erogazione di finanziamenti e/o servizi a singoli beneficiari e formazione/valorizzazione delle risorse umane); (ii) la titolarità della responsabilità gestionale (distinguendo fra azioni “a titolarità” e azioni “a regia”, le quali hanno un iter attuativo più articolato).

Appunti su formulazione di Programmi e interventi cofinanziati dai Fondi “per la coesione” e ciclo di policy making

Il post è inteso a illustrare un elemento basilare dell’analisi delle politiche pubbliche, ossia il c.d. “ciclo di policy making”. Esso, di fatto, si configura come l’applicazione ai processi decisionali pubblici della c.d. teoria del “ciclo del progetto”, per cui i processi di scelta pubblica possono essere articolati in più fasi concatenate, vista la natura di per sé iterativa e circolare del ciclo di policy making (traducibile come “ciclo di formulazione delle politiche pubbliche”). Nel post cerco di spiegare che per definire in modo pertinente il ciclo di policy making – strumento da adattare poi a seconda delle peculiarità legislativo-istituzionali e operative delle materie oggetto di scelte pubbliche – è molto utile fare riferimento a uno dei più importanti strumenti di project management, ossia il Ciclo “Plan Do Check Act”, (PDCA) proposto nel secolo scorso da Walter Shewhart e poi perfezionato da Edward Deming.

Strategie di capacity building per la gestione dei Fondi Strutturali: i limiti della nota metodologica della Commissione “tabella di marcia per lo sviluppo delle capacità amministrative”

Il post illustra i principali limiti operativi della Guida del 2020 della Commissione sulle strategie di rafforzamento amministrativo per la gestione dei Fondi Strutturali (la c.d. “tabella di marcia per lo sviluppo delle capacità amministrative”).
Muovendo dall’impostazione seguita dal Development Programme delle Nazioni Unite (UNDP) che definisce le strategie di capacity building sulla scorta di tre “domande guida” (1. Capacity for why?; 2. Capacity for whom?; 3. Capacity for what?), il breve articolo sottolinea in primo luogo che un siffatto approccio – ampiamente desiderabile in generale – non si rintraccia minimamente nel contributo metodologico della Commissione. Inoltre, nella “tabella di marcia per lo sviluppo delle capacità amministrative” viene ampiamente trascurata l’importanza di differenziare la strategia di capacity building a seconda di: (i) macro-fasi e fasi operative dei processi di gestione in senso lato degli interventi cofinanziati dai Fondi Strutturali; (ii) macro-tipologia e tipologia degli interventi (regimi di aiuto, realizzazione di opere pubbliche, acquisti di forniture e servizi da parte della PA, interventi di sviluppo delle risorse umane); (iii) tipo di modalità attuativa (un conto è valutare la “capacità amministrativa” per gli interventi “a titolarità regionale” ed un conto è farlo per quelli “a regia regionale”, in relazione ai quali è strettamente necessario capire come incide sulla “capacità amministrativa” generale anche quella specifica dei soggetti attuatori degli interventi ammessi a beneficio, che agiranno da stazioni appaltanti)

La valutazione delle azioni di capacity building della PA: l’approccio di UNDP

Il post illustra le dimensioni (i pilastri) dell’approccio del Development Programme delle Nazioni Unite (UNDP) alla formulazione e alla valutazione delle strategie di capacity building. Tali dimensioni sono: (i) una puntuale definizione delle capacità da sviluppare; (ii) i drivers del cambiamento amministrativo (assetto istituzionale, leadership, competenze e accountability), e (iii) livelli di analisi della capacità amministrativa (individui, organizzazioni e contesto). Nell’ambito dell’approccio di UNDP, tuttavia, sono soprattutto le seguenti tre domande guida a informare le azioni di rafforzamento amministrativo: (i) Capacity for why? (domanda che serve per definire in modo circostanziato quali sono le ragioni alla base e gli obiettivi specifici delle attività di capacitazione amministrativa); (ii) Capacity for whom? (domanda intesa a individuare puntualmente quale gruppo target specifico del personale della PA neccesita delle azioni di rafforzamento di capacità generali e competenze specifiche); (iii) Capacity for what? (serve per individuare in modo coerente con le scelte fatte in relazione alle domande precedenti le azioni di capacitazione amministrativa da implementare).

La valutazione delle politiche pubbliche: appunti sul Focus Group

Il post illustra alcune caratteristiche distintive del Focus Group, una tecnica di indagine ampiamente usata anche per la valutazione dell’efficacia dei progetti di sviluppo socio-economico e dei Programmi complessi di politica economica, quali ad esempio i Programmi Regionali o i Programmi Nazionali cofinanziati dai Fondi Strutturali. Le due caratteristiche realmente distintive del Focus Group sono riassunte nel nome: (i) esso è focalizzato su un argomento preciso, ben circoscritto (“focus”); (ii) esso è inteso a valorizzare l’interazione e il confronto aperto di più soggetti (“group”). Si tratta di una tecnica, infatti, fortemente volta a valorizzare le interazioni fra i partecipanti per far emergere più informazioni rilevanti e più idee (questo richiede di gestire bene le interazioni, di dare spazio a tutti, e di osservare anche le forme di comunicazione non verbale dei partecipanti).

La valutazione delle azioni di capacity building della PA tramite il modello di Kirkpatrick: cosa si può apprendere dalle esperienze internazionali?

Il post propone un esempio di applicazione del modello di valutazione della formazione di Kirkpatrick alla misurazione degli effetti delle azioni di capacity building. Tale esempio è tratto, con degli adattamenti, dalla manualistica dell’agenzia per la cooperazione internazionale australiana (AusAID).
Così come ha dei limiti il modello di Kirkpatrick, lo stesso si puàò dire per il suo adattamento alla misurazione degli effetti delle azioni di capacity building proposto e implementato da AusAID.
Ciò detto, l’approccio di AusAID è certamente molto interessante – e da replicare – con riferimento ai seguenti aspetti: (i) l’idea di fondo di applicare la logica valutativa non solo ai singoli individui, ma anche alle stesse unità organizzative che beneficiano di attività di capacity building (idea abbracciata anche da UNDP e da altre agenzie nazionali di cooperazione allo sviluppo); (ii) l’idea, ampiamente condivisibile, di non misurare gli effetti delle azioni di capacity building solo con riferimento ai risultati “interni”, ma anche e soprattutto a quelli “esterni”. In altri termini, bisognerebbe stimare la capacità delle azioni di capacitazione di migliorare non solo la performance in senso stretto delle unità organizzative, ma anche la loro capacità di produrre un impatto positivo sui beneficiari/destinatari finali delle azioni di politica economica e dei progetti. In sostanza, il termine di riferimento fondamentale dell’efficacia delle azioni di capacity building dovrebbe sempre essere l’impatto sui beneficiari/destinatari finali.

Capacità amministrativa e valutazione delle azioni di capacity building della PA: si può applicare il modello di Kirkpatrick?

Il post propone una breve riflessione sulla possibile applicazione alla misurazione dell’efficacia delle azioni di capacity building della PA del modello di valutazione della formazione di Donald Kirkpatrick, che è il principale modello applicato, a livello internazionale, per misurare gli effetti sulla performance delle organizzazioni delle attività di formazione e di re-training del personale.
Questo modello di valutazione della formazione presenta certamente dei limiti. Ciò nonostante, continua ad essere il modello più usato per questo tipo di valutazione e, soprattutto, già negli anni Novanta è stato applicato anche alla valutazione delle azioni di capacity buidling della PA dei Paesi in Via di Sviluppo (PVS) sia nell’ambito del Development Program delle Nazioni Unite (UNDP), sia da parte di alcune agenzie di Cooperazione internazionale (segnatamente quella australiana). UNDP e agenzie di cooperazione internazionale hanno finanche elaborato dei modelli operativi di capacity building proprio a partire dal modello imperniato sui quattro livelli valutativi di Kirkpatrick.
Mutatis mutandis si potrebbe provare ad applicarlo alle azioni di capacity building previste sia dal Programma Nazionale Capacità per la coesione, sia dai PRigA regionali (Piani di Rigenerazione Amministrativa).

Audit, monitoraggio e valutazione dei Programmi cofinanziati dai Fondi Strutturali

Il post argomenta che audit, monitoraggio e valutazione costituiscono i principali meccanismi di apprendimento nell’ambito delle procedure attuative dei Programmi cofinanziati dai Fondi Strutturali (essi si possono tutti collocare nella fase “check” del Ciclo Plan Do Check Act di Shewhart e Deming). Va sempre ricordato, tuttavia, che essi hanno finalità, approcci e anche tempi di esecuzione differenti. In particolare va ricordato che il monitoraggio risponde alla domanda “Are we doing the things right?”». Invece, la valutazione risponde alla domanda “Are we doing the right things?”

Potenziare la capacità amministrativa nella gestione dei Fondi Strutturali: l’importanza di spiegare meglio le differenze fra Opzioni di Costo Semplificate e Finanziamenti non collegati ai costi

Il post rimarca che: (i) fra le competenze degli operatori pubblici impegnati nella gestione di interventi cofinanziati dai Fondi Strutturali da rafforzare ulteriormente vi è certamente il bagaglio di conoscenze inerenti ai circuiti finanziari e, più nello specifico, alle “forme di rimborso delle spese”, ossia costi reali, Opzioni di Costo Semplificate e, dopo l’entrata in vigore del Reg. (UE, Euratom) 2018/1046 (il Regolamento finanziario vigente), i “finanziamenti non collegati ai costi delle operazioni” (Financing Not Linked To Costs – FNLTC); (ii) le strategie di capacity building per migliorare la gestione dei Fondi Strutturali dovrebbero contribuire a spiegare meglio le differenze fra Opzioni di Costo Semplificate (OCS) e “finanziamenti non collegati ai costi delle operazioni”. Non è corretto, infatti, affermare che ambedue queste forme di rimborso sono intese a rafforzare l’orientamento ai risultati degli interventi. Le OCS, infatti, sono intese a rafforzare la “velocità di spesa” (“capacità di spesa”) dei Programmi, attraverso una forte spinta alla semplificazione delle procedure di rendicontazione delle spese e, quindi, dei controlli. I “finanziamenti non collegati ai costi delle operazioni”, invece, potrebbero in effetti corrispondere all’esigenza, ancora più stringente, di rafforzare la qualità della spesa nel periodo 2021-2027e la capacità degli interventi di produrre cambiamenti significativi (impatti). Essi, infatti, sono informati a logiche “pay-by-results” per cui il rimborso delle spese sostenute è condizionato all’effettivo raggiungimento dei risultati prestabiliti.

Le strategie per migliorare la capacità amministrativa nella gestione dei Fondi Strutturali e gli incessanti cambiamenti recenti nel quadro di politica economica europeo

Il post rimarca che è certamente condivisibile che le strategie di capacity building per migliorare la gestione dei Fondi Strutturali siano tarate sulla capacità di gestione delle procedure amministrative, ma che, almeno a livello di Amministrazioni Centrali e di Regioni, va anche potenziata la capacità di dirigenti e funzionari pubblici di “leggere” i mutamenti nel quadro di policy europeo e, di conseguenza, la loro capacità di pianificazione strategica.
A titolo di esempio, viene illustrato l’autentico turn around che si è registrato nel primo semestre dell’anno nella politica industriale europea. Tale turn around è alla base della nuova proposta di modifica della base regolamentare dei Fondi “per la coesione” del periodo 2021-2027 avanzata dalla Commissione il 20 Giugno scorso con la Comunicazione COM(2023) 335 sulla Piattaforma delle Tecnologie Strategiche per l’Europa. La Comunicazione COM(2023) 335 propone degli emendamenti significativi alla base normativa della politica di coesione – fra cui l’inserimento di nuovi “campi di intervento” – e, quindi, richiederebbe di attivare ulteriori specifici servizi di capacity building a favore di Dirigenti e funzionari pubblici intesi a potenziare la loro capacità di migliorare il disegno strategico dei Programmi cofinanziati dai Fondi Strutturali già in corso di attuazione.