Il post è inteso a illustrare un elemento basilare dell’analisi delle politiche pubbliche, ossia il c.d. “ciclo di policy making”. Esso, di fatto, si configura come l’applicazione ai processi decisionali pubblici della c.d. teoria del “ciclo del progetto”, per cui i processi di scelta pubblica possono essere articolati in più fasi concatenate, vista la natura di per sé iterativa e circolare del ciclo di policy making (traducibile come “ciclo di formulazione delle politiche pubbliche”). Nel post cerco di spiegare che per definire in modo pertinente il ciclo di policy making – strumento da adattare poi a seconda delle peculiarità legislativo-istituzionali e operative delle materie oggetto di scelte pubbliche – è molto utile fare riferimento a uno dei più importanti strumenti di project management, ossia il Ciclo “Plan Do Check Act”, (PDCA) proposto nel secolo scorso da Walter Shewhart e poi perfezionato da Edward Deming.
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L’applicazione della tecnica Earned Value Management ai regimi di aiuto e alle azioni alle persone dei PR FSE Plus
La lettura dell’avanzamento dei progetti di pubblica utilità cofinanziati dai Fondi Strutturali è più complessa nel caso di: (i) regimi di aiuto volti a sostenere la competitività del sistema produttivo (sussidi per la creazione di nuove imprese, sussidi per sostenere gli investimenti delle PMI e/o di imprese sociali cofinanziati dal FESR o anche sussidi alle imprese per salvaguardare i livelli occupazionali cofinanziati da FSE Plus); (ii) “azioni alle persone” cofinanziate da FSE Plus (azioni per sostenere l’inserimento occupazionale, forme di work experience e altre azioni volte a sostenere i livelli occupazionali). Con riferimento a queste ultime vanno considerate due problematiche specifiche: (i) la disponibilità parziale di una consolidata base informativa per la stima dei costi unitari “a budget” degli output sulla base dei quali effettuare a priori una corretta proiezione dei valori target da raggiungere secondo una logica “Key Performance Indicators” oppure, in alternativa o a latere, le variabili chiave dell’Earned Value Management (EVM); (ii) la capacità di raggiungere o meno i valori target degli indicatori di realizzazione viene a dipendere da vari fattori esterni non controllabili dall’operatore pubblico, per cui non è mai facile fornire una valutazione oggettiva della sua performance.
Monitoraggio e valutazione delle azioni di policy cofinanziate dai Fondi Strutturali: l’applicazione della tecnica Earned Value Management
L’approccio convenzionale alla misurazione dell’avanzamento dei progetti, delle azioni di policy e dei Programmi complessi cofinanziati dai Fondi Strutturali è di fatto basato sul monitoraggio di Key Performance Indicators (indicatori di efficienza ed indicatori di efficacia). Si tratta di un approccio che prende in esame, separatamente, i singoli indicatori e calcola, in itinere e al termine, gli scostamenti dei valori effettivi da quelli fissati inizialmente come target.
Il breve articolo pone in luce come la tecnica di controllo Earned Value Management si possa applicare alle azioni di policy che costituiscono l’ossatura dei Programmi di spesa cofinanziati dai Fondi Strutturali. L’EVM, come evidenziato nei precedenti post, consente di tenere insieme la verifica dell’efficacia delle azioni, la verifica dell’efficienza ammnistrativa e anche quella dell’efficienza operativa (intesa come capacità di ottimizzare uso delle risorse e costo medio delle attività e/o degli output prodotti). Considerando la definizione delle tre variabili chiave di questa tecnica e delle due variabili di scostamento (Cost Variance e Schedule Variance) essa consente parimenti di rendere più agevole per tutti la comprensione della reportistica di monitoraggio, contribuendo così a rafforzare la trasparenza sull’attuazione delle azioni di policy e delle operazioni ammesse a beneficio.
Monitoraggio e valutazione dei progetti: la tecnica dell’Earned Value Management
L’approccio convenzionale alla misurazione dell’avanzamento dei progetti e dei Programmi complessi cofinanziati dai Fondi Strutturali è di fatto basato sul monitoraggio di Key Performance Indicators (indicatori di efficienza ed indicatori di efficacia relativi sia alla capacità di realizzare gli output programmati all’inizio, sia alla capacità di spendere le risorse). I riferimenti del monitoraggio e della valutazione sono in primo luogo degli indicatori “di avanzamento” (fisico e finanziario). Si tratta di un approccio “a compartimenti stagni”, per cui si monitora l’avanzamento di questi indicatori e si formulano dei giudizi su avanzamento fisico, avanzamento finanziario e avanzamento procedurale. La tecnica di controllo Earned Value Management, invece, si fonda su un approccio integrato nel senso che tiene insieme il controllo sull’avanzamento di attività e di output da produrre, sul rispetto delle scadenze principali indicate nel cronoprogramma e sulla capacità di tenere sotto controllo i costi in corso d’opera, in modo che al termine non vi siano sforamenti del budget e che, qualora vi siano delle economie di risorse, queste siano dovute, com’è desiderabile, a un’elevata efficienza complessiva. L’EVM si basa su tre variabili di base (Planned Value, Actual Cost ed Earned Value) e su due variabili “di scostamento”. Una è definita Schedule Variance, in quanto consente di tenere sotto controllo la capacità del progetto di rispettare il piano di lavoro iniziale ed una è definita Cost Variance in quanto consente di tenere sotto controllo la coerenza delle spese effettive maturate in itinere con quanto pianificato inizialmente.
Ciclo del progetto: la fase fantasma dell’approvazione
Il post argomenta che fra la fase di ideazione (avvio) del “ciclo del progetto” e la fase di pianificazione, andrebbe sempre considerata una fase “fantasma” in molti “cicli del progetto” proposti in Guide e Manuali, che è quella dell’approvazione dei progetti. Non va mai dimenticato che solo nel caso in cui la “proposta di progetto” venga approvata sarà possibile proseguire con una fase successiva di approfondimento che conduce all’elaborazione del “progetto esecutivo”. Nel post provo a rappresentare concretamente questo aspetto con riferimento a un progetto di sviluppo aziendale soggetto all’approvazione o meno del top management, a un progetto tecnico (offerta tecnica) elaborato per aggiudicarsi un appalto pubblico (call for tender) e, infine, ad una proposta di progetto finalizzata ad accedere a delle sovvenzioni messe a concorrenza tramite un avviso di finanziamento (call for proposal).
Ciclo del progetto: la fase iniziale di ideazione
Il post illustra la fase di ideazione (avvio) del “ciclo del progetto”, che si può articolare in tre sub-fasi (identificazione, analisi e formulazione).
La fase di ideazione si chiude con l’elaborazione di una “proposta di progetto” o “progetto preliminare”.
Molti autori asseriscono che si chiuda con il “project charter” (una sorta di atto che formalizza la conclusione della fase di avvio). Così non è. Va sempre considerata una fase (fase “fantasma” in molti “cicli del progetto” proposti in Guide e Manuali), che è quella dell’approvazione dei progetti. Non va mai dimenticato che solo nel caso in cui la “proposta di progetto” venga approvata, sarà possibile definire il “project charter” e proseguire con una fase successiva di approfondimento che conduce all’elaborazione del “progetto esecutivo”.
Le dimensioni-chiave dei progetti di sviluppo socio-economico
Il post individua quattro dimensioni-chiave per definire i tratti distintivi dei progetti di sviluppo socio-economico: (i) la dimensione strategica (imperniata su gruppo target, problemi da risolvere e ‘visione di sviluppo’); (ii) la dimensione operativa; (iii) la dimensione ‘risorse’ e (iv) la dimensione ‘ambito settoriale’ di intervento (‘ambito di policy nel caso di progetti promossi e finanziati da Istituzioni pubbliche).
I progetti di sviluppo socio-economico come leve di cambiamento e generatori di un ‘futuro desiderato’
La definizione dei progetti di sviluppo socio-economico dovrebbe muovere dalla considerazione che essi sono volti a produrre dei cambiamenti sociali, ispirati da una sfidante ‘visione di sviluppo’. Per tali progetti si possono individuare quattro dimensioni-chiave imprescindibili, che ne costituiscono il nucleo centrale. In sede di formulazione di tali progetti, inoltre, si deve tener conto con attenzione della loro dimensione tecnico-ingegneristica e della loro dimensione geografica. Infine, il post rimarca l’importanza di due aspetti su cui, fortunatamente, vi è un crescente consenso presso la comunità degli esperti di sviluppo locale: (i) i progetti di sviluppo socio-economico vanno pensati come progetti-processi e non come ‘to-do-list’; (ii) tali progetti vanno formulati in una logica di empowerment dei destinatari finali e delle comunità locali, coinvolgendoli adeguatamente in processi partecipativi di decision-making.
Alcune critiche alla definizione di progetto del Project Management Body Of Knowledge
Il post mette in luce alcuni limiti della definizione di progetto del PMBOK, che rendono tale definizione ben poco calzante rispetto ai progetti di sviluppo socio-economico. Tra questi limiti spicca il fatto che l’intera impostazione del PMBOK in merito a formulazione e gestione dei progetti è nitidamente sbilanciata verso la c.d. progettazione ‘per attività’, quando, invece, almeno dalla fine degli anni Novanta si è andato affermando sempre di più un approccio alla formulazione dei progetti ‘per obiettivi’, sia presso le organizzazioni, sia presso la comunità degli esperti di sviluppo locale.
Appunti su alcuni elementi basilari del Project Management
Il post discute le ‘aree di processo’ del Project Management come indicate nella Guida PMBOK del PMI e propone una revisione della fase di avvio (o fase di definizione). La fase di avvio dovrebbe essere riarticolata in tre sub-fasi, in modo da enfatizzare l’approccio ‘problem solving’: (i) ‘fase di identificazione’ (in cui, in particolare, si definiscono problemi e gruppo/i target del progetto); (ii) ‘fase di analisi’ (in cui si approfondisce lo studio degli elementi portanti del progetto individuati nella fase precedente e delle possibili soluzioni ai problemi); (iii) ‘fase di formulazione’ (in cui, appunto, si formula la ‘proposta di progetto’). La fase di avvio, a mio avviso, non si chiude con il ‘project charter’ come suggeriscono, in genere, gli esperti più accreditati. Questo, in realtà, sarà ratificato solo se la ‘proposta di progetto’ verrà approvata. Solo in quel caso il ‘project charter’ costituirà l’input fondamentale della fase di pianificazione e, in questa fase, si potrà definire il ‘piano di progetto’ definitivo.