Le polemiche sulla c.d. Didattica a Distanza (DaD) nelle scuole hanno sensibilizzato l’opinione pubblica sull’importanza della connettività delle scuole, di una loro soddisfacente dotazione hardware e software e, non ultimo, di favorire lo sviluppo delle competenze digitali all’interno dei percorsi d’istruzione per i giovani e, al tempo stesso, rafforzare la capacità dei docenti di padroneggiare gli strumenti digitali sia per effettuare lezioni da remoto, sia per migliorare la stessa didattica. L’impressione che hanno i cittadini comuni è che si sia quasi all’anno zero. Così non è. Alfabetizzazione digitale (di giovani e di molti docenti), uso di nuovi dispositivi digitali nella didattica e sperimentazione di nuove forme di DaD sono al centro dell’agenda politica europea e nazionale da diversi anni. Due documenti di policy rilasciati recentemente – la “Strategia nazionale per le competenze digitali” del Ministero per l’Innovazione e la Digitalizzazione e il “digital education action plan 2021-2027” della Commissione Europea – ne sono chiara testimonianza.
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Next Generation EU: la “missione” 4 del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza e le politiche dell’UE per l’istruzione
Le Linee Guida per il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), presentate il 16 Settembre scorso, sono discutibili sotto molteplici punti di vista, in primo luogo per la debole coerenza “esterna” con le direttrici strategiche delle politiche pubbliche europee. Per ciascuna delle sei “missioni” del PNRR vi sono dei generici riferimenti al quadro di policy europeo. Questo breve articolo prova a delineare i principali elementi del quadro delle politiche dell’UE in materia di istruzione e formazione da prendere come termini di riferimento per formulare in modo coerente azioni di policy e progetti della “missione” 4 del PNRR “Istruzione, formazione, ricerca e cultura”.
Agenda digitale e PON Città metropolitane
I nuovi GAL e l’innovazione tecnologica e sociale nelle zone rurali
Questo post evidenzia l’opportunità che i GAL rafforzino progressivamente le attività di analisi e di proposta tecnica e politica in modo non solo da migliorare la loro capacità di gestione dei PSL e di intercettare risorse pubbliche aggiuntive, ma anche da contribuire a riequilibrare un dibattito che esalta, esprimendo una visione abbastanza parziale, il ruolo delle città come motore dell’innovazione tecnologica e sociale. Alcuni esempi concreti che chiudono il post evidenziano, invece, che anche nel settore primario e nelle zone rurali si possono sviluppare sofisticati e utili progetti di innovazione tecnologica e sociale resi possibili dalle c.d. “tecnologie abilitanti”, finanche nelle aree più arretrate. I GAL dovrebbero farsene promotori, essendo l’innovazione una delle caratteristiche fondamentali dell’approccio LEADER.
Smart cities, innovazione tecnologica ed innovazione sociale
Il post evidenzia l’esigenza, nell’ambito del dibattito sulle smart cities, di prestare maggiore attenzione all’innovazione sociale. Il dibattito, infatti, appare troppo ancorato a una sorta di tecno-determinismo, per cui l’innovazione tecnologica e la digitalizzazione dei processi e dei servizi sono considerati gli elementi portanti di città più efficienti e vivibili. Ovviamente, queste innovazioni contano, ma vanno inquadrate nella loro adeguata dimensione di tecnologie abilitanti, a fianco delle quali dare il giusto peso ai processi di inclusione – decisionale e sociale – dei cittadini e a percorsi di innovazione sociale dal basso.