Come già accennato nel precedente post del 10 agosto, i GAL hanno la possibilità, gestendo il loro Piano di Sviluppo Locale (PSL), di maturare delle competenze tecniche per cui, gradualmente, si possono affermare nella loro area geografica come delle autentiche agenzie di sviluppo locale.
Soprattutto nelle regioni del Settentrione, già negli anni scorsi, le attività ordinarie svolte dai GAL più innovativi sono state caratterizzate da un crescente orientamento alla valorizzazione di ulteriori fonti di finanziamento pubbliche (in primo luogo i fondi europei) e del settore privato (fondazioni) per finanziare gli interventi di sviluppo del territorio.
L’impressione è che questo sia avvenuto meno nel Lazio.
Questa funzione strategica di “motore” di strategie di sviluppo locale che vadano oltre il PSL, invece, dovrà essere una delle funzioni aggiuntive che i GAL, una volta esperita la procedura di selezione prevista dal bando della Regione (i risultati sono attesi, al più tardi, nel prossimo mese di ottobre), dovranno sviluppare se si vogliono generare percorsi virtuosi in cui si superino definitivamente le vecchie logiche della “finanza derivata” per cui i livelli di governo inferiori restavano, sovente, in attesa della “manna dal cielo” costituita dai finanziamenti, spesso erogati secondo logiche corporative e/o clientelari, dal Governo centrale e dalle Regioni.
E’ ormai tempo che Comuni, Unioni di Comuni ed altri Enti di secondo livello, così come gli stessi nuovi GAL del Lazio della programmazione 2014-2020, prendano definitivamente atto che, a prescindere dalla discutibile attuazione in Italia dei principi di un corretto sistema di “federalismo fiscale”, essi debbono farsi parte attiva nella ricerca di finanziamenti aggiuntivi, siano essi riconducibili a finanza pubblica europea, a finanza pubblica nazionale (fondi per politiche settoriali che poi, in genere, vengono attuate sui territori soprattutto attraverso lo strumento giuridico degli Accordi di Programma Quadro) e ai contributi della Fondazioni. [1]
A tale riguardo si segnalano tre aspetti critici che necessitano di ulteriori riflessioni:
• come migliorare il percorso di riforma istituzionale avviato dalla “legge Delrio” per “delegare” maggiormente ai GAL funzioni di rappresentazione degli interessi delle “aree funzionali omogenee” di loro pertinenza (ossia, le aree geografiche interessate dai PSL), rispettando al tempo stesso le funzioni istituzionali di Enti Locali ed Enti di secondo livello?
• come “posizionare” i GAL rispetto ad altre eventuali strategie integrate che la Regione attiverà a valere delle risorse dei Fondi europei? Qui non mi riferisco solo alla Strategia Nazionale per le Aree Interne (strategia riferita ad aree territoriali) che, francamente, mi pare già quasi avviata a una deriva attuativa, già registrata in passato per processi innovativi di questo tipo. [2]
Mi riferisco anche alla strategia di rilancio industriale (ex documento strategico Valore Aggiunto Lazio di cui avevo parlato in diversi post la scorsa estate e che ho trattato di nuovo il 5 agosto scorso nel post ‘La strategia di reindustrializzazione del Lazio. Il bando “Sostegno al riposizionamento competitivo dei sistemi imprenditoriali territoriali” un anno dopo’), strategia che si lega a doppio filo alle sette aree di specializzazione produttiva della “Regional Innovation Smart Specialisation Strategy” (RIS3) del Lazio [3];
• come sostenere il GAL in una strategia di ricerca e raccolta di altri finanziamenti europei utili per l’intera area omogenea? I GAL, infatti, potrebbero avere una “forza” più elevata di quella dei singoli Comuni per partecipare a delle calls for proposals della Commissione inerenti i fondi “diretti” o i fondi dei Programmi “di cooperazione” che interessano il territorio regionale (Programmi, che sovente, come nel caso del Programma “Interreg Europe”, sono volti a sostenere il miglioramento delle politiche pubbliche).
Questo ultimo quesito è particolarmente rilevante in aree territoriali caratterizzate da una forte frammentazione amministrativa. Infatti, i piccoli Comuni possono incontrare particolari difficoltà nell’intercettare fonti di finanziamento dell’UE aggiuntive rispetto a quelle che sostengono l’attività ordinaria dei GAL, specialmente se si fa riferimento ai fondi dell’UE “a gestione diretta”.
I “25 lettori” di questo blog ricordano certamente che quando si ragiona di accesso ai fondi europei, consiglio sempre di adottare un approccio strategico a tali fondi, che si basa su due pilastri:
- la mappatura dei fondi europei, secondo molteplici parametri,
- la formulazione di una matrice di finanziabilità delle organizzazioni (pubbliche e private) che vogliono accedere ai fondi.
La formulazione della matrice di finanziabilità, ovviamente, la consiglio anche ai GAL. [4]
Qual è, nel caso specifico, l’ulteriore elemento di complicazione?
Risiede semplicemente nel fatto che il GAL dovrà definire una matrice di finanziabilità e una strategia di medio termine di accesso ai finanziamenti non solo per sé stesso, ma anche per gli operatori privati e pubblici che hanno aderito alla base associativa.
E’ questo, ovviamente, uno dei passi decisivi affinchè i nuovi GAL possano affrancarsi da un mero ruolo di “contracting authority” dei fondi destinati al loro PSL e realmente accreditarsi come agenzie di sviluppo locale dell’area geografica coperta dal PSL. Questo richiede di rafforzare le capacità di gestione interne, le capacità di formulazione di progetti (siano essi settoriali o trasversali rispetto all’area geografica del GAL) per accedere a dei finanziamenti aggiuntivi e, non ultimo, le funzioni informative, formative e consulenziali a favore degli operatori locali membri della base associativa.
La sfida non è semplice. Ma è anche una sfida per la quale i tempi sono maturi, sia a causa della finestra di opportunità dischiusa sul piano istituzionale dalla “legge Delrio” (come argomentato nel post del 10 agosto scorso), sia a causa delle crescenti difficoltà incontrate dagli Enti Locali nel finanziare le politiche ordinarie in forza del “patto di stabilità”.
In questa fase, più che mai, gli amministratori locali avrebbero interesse a cooperare nell’ambito dei GAL che verranno approvati e finanziati dalla Regione.
Più che mai avrebbero tutto da guadagnare, anche rispetto alla sfida dell’accesso a fonti di finanziamento aggiuntive, nel mettere da parte le conflittualità e fare gioco di squadra, anche ponendosi alla prova con altruismo, accantonando la logica un pò miope per cui un sindaco fa bene se “porta” i finanziamenti sul suo territorio. Sovente, infatti, una strategia di sviluppo ha successo se unisce più territori (e più tipologie di interventi), esaltando le “forze” di ogni territorio all’interno di una strategia complessivamente coerente e, se possibile, anche innovativa. [5]
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[1] Il passo successivo sarebbe l’attivazione da parte di Enti Locali ed Enti di secondo livello di strategie di raccolta fondi analoghe a quelle implementate, spesso in modo brillante, dalle organizzazioni senza scopo di lucro. Ma questo è un tema che esula un po’ da questo breve contributo.
[2] L’Accordo di Partenariato (AdP) – il documento di orientamento strategico per l’attuazione in Italia degli interventi cofinanziati dai Fondi Strutturali e di Investimento Europeo (Fondi SIE) – è strutturato in:
• Priorità tematiche: gli 11 Obiettivi Tematici (OT) previsti dal Quadro Strategico Comune sui Fondi Strutturali e di Investimento Europeo (Fondi SIE) e dai Regolamenti sui Fondi SIE,
• Priorità territoriali,
• Priorità orizzontali.
Le priorità territoriali sono:
• Aree urbane,
• Aree interne.
L’AdP ha varato per queste ultime una strategia che, fondamentalmente, qualifica le Aree Interne come aree a forte rischio di spopolamento. L’AdP, infatti, stabilisce che “per contrastare e invertire i fenomeni di spopolamento in queste aree si intende agire attraverso progetti di sviluppo locale …, integrati da un intervento nazionale volto ad assicurare alle comunità coinvolte un miglioramento dei servizi essenziali di istruzione, salute e mobilità” (v. AdP, p. 690).
Il Comitato per le Aree Interne ha stimato che queste coprono 4.261 Comuni, interessando circa il 23% della popolazione italiana, come rilevata dal Censimento della Popolazione 2011.
Il Comitato, inoltre, ha rilevato un altro problema che interessa ampiamente anche le “aree interne” del Lazio, ossia la grande frammentazione dei Comuni in queste aree.
Le “aree interne” del Lazio, come da DGR del Lazio N. 477/2014 e Programma di Sviluppo Rurale Lazio 2014-2020, sono:
• Alta Tuscia – Antica Città di Castro,
• Monti Reatini,
• Monti Simbruini,
• Valle di Comino,
• Isole Pontine.
[3] Le sette aree di specializzazione tecnologica-produttiva della RIS3 del Lazio sono:
- Aerospazio,
- Scienze della vita (comparti chimico-farmaceutico e bio-medicale),
- Beni culturali e tecnologie della cultura,
- Industrie creative digitali,
- Agrifood,
- Green economy,
- Sicurezza.
Come si può osservare, almeno di queste due aree (agrifood e green economy) si legano direttamente al tema dello sviluppo rurale, ma si lega allo sviluppo rurale, almeno indirettamente, anche l’area beni culturali.
[4] Sulla Matrice di Finanziabilità delle Organizzazioni si veda la Nota 4/2016 “Approccio strategico ai fondi europei. Il percorso analitico per la formulazione della matrice di finanziabilità delle organizzazioni”, liberamente scaricabile dalla Sezione OpenLibrary di questo sito.
[5] Avrò il piacere di approfondire alcuni di questi temi nel corso del Seminario del CEIDA “Sviluppo locale e servizi di welfare nelle zone rurali: i finanziamenti dei Programmi di Sviluppo Rurale 2014-2020 per gli Enti Locali” (Roma, 10 e 11 ottobre p.v.)