«In Africa esiste un concetto chiamato ubuntu,
il cui senso profondo è che noi siamo uomini
solo grazie all’umanità altrui e che
se, in qualche modo, riusciamo a realizzare qualcosa di buono,
il merito sarà in egual misura anche
del lavoro e delle conquiste degli altri»
Nelson Mandela
Premio Nobel per la Pace 1993
I vincoli alla formulazione dei Programmi cofinanziati dai Fondi Strutturali
I miei post recenti su struttura e formulazione dei Programmi 2021-2027 – segnatamente quello del 20 Dicembre 2021 “La bussola della formulazione strategica dei Programmi FESR 2021-2027” – sono stati oggetto di alcuni interessanti rilievi critici. Tali rilievi, fondamentalmente, hanno evidenziato il fatto che la formulazione dei Programmi cofinanziati dai Fondi Strutturali non è ancorato quasi in modo meccanico ad alcune priorità di policy dettate dall’UE e ad alcuni principi trasversali e vincoli stabiliti dai Regolamenti – il Regolamento sulle Disposizioni Comuni (RDC) e quelli verticali sui singoli Fondi – e, in seguito, da Atti esecutivi della Commissione.
Non è la prima volta che mi viene mossa questa critica.
In merito vorrei da subito riconoscere che è certamente vero che:
• anche la formulazione dei Programmi 2021-2027, nonostante il flagello della pandemia, è stata basata su un ampio confronto con il partenariato economico e sociale;
• l’elaborazione dei Programmi muove concretamente da linee di indirizzo dettate dai decisori politici, dalle domande di intervento dei cittadini (dei portatori di interesse) e anche da lezioni dell’esperienza della precedente programmazione e da una circostanziata analisi delle problematiche economiche e sociali da affrontare. [1]
Ciò detto, il mio parere continua ad essere che, comunque, alla fine della fiera, la formulazione strategica ed operativa dei Programmi complessi cofinanziati dai Fondi Strutturali è ampiamente condizionata da priorità di policy sovra-ordinate dell’UE e da una congerie di vincoli alla programmazione stabiliti dalle Istituzioni europee. Questo sia a monte del processo di programmazione, sia a valle, visto che, in ultima istanza, i Programmi devono essere approvati dalla Commissione con un Atto esecutivo (si veda l’art. 23, par. 4 del RDC). Questo implica, inter alia, che non si possa correttamente informare la formulazione dei Programmi all’Approccio di Quadro Logico.
Per questo motivo ribadisco in questo post quanto già espresso in quello del 20 Dicembre scorso, ossia che, prendendo alla lettera il dettato dei Regolamenti, si possa fondare il processo di formulazione dei Programmi 2021-2027 sulle seguenti quattro fasi:
• la formulazione strategica dei Programmi;
• la formulazione operativa, da completare attenendosi strettamente alle indicazioni dell’art. 22 del RDC – segnatamente alle disposizioni dell’art. 22, comma 3, lett. D – e al modello di Programma riportato nell’Allegato V al RDC; [2]
• la verifica del rispetto dei vincoli sulle tipologie di intervento ammissibili, tenendo conto della tassonomizzazione dei possibili campi di intervento di cui all’Allegato I al RDC (la tabella 1 dell’Allegato I al RDC reca dimensioni e codici di tutti i “tipi di intervento” ammissibili che sono, in totale, 182);
• la verifica del rispetto quantitativo dei vincoli di “concentrazione tematica” degli interventi (particolarmente rilevanti per il FESR, per il quale, inter alia, si deve tenere conto del vincolo di allocazione di almeno l’8% delle risorse comunitarie sull’agenda urbana).
Ciascuna di queste fasi si concretizza nella verifica della compatibilità delle ipotesi sulle strategie di sviluppo socio-economico e sui progetti strutturati da realizzare con priorità di policy e vincoli stabiliti a livello comunitario (si veda la Figura 1 tarata sui vincoli che interessano segnatamente il FESR).
Fig. 1 – I vincoli alla formulazione dei Programmi FESR 2021-2027
Può essere fuorviante, come si argomenta nel paragrafo che segue, considerare Obiettivi di Policy (OP) – indicati anche come Obiettivi Strategici – e Obiettivi Specifici (OS) come la parte superiore di una Matrice di Quadro Logico, che va completata individuando a livello di Amministrazione centrali (nel caso dei Programmi Nazionali) e di Regioni (per i Programmi Regionali) gli “obiettivi operativi” e le azioni di politica economica da inserire nei Programmi. Questo anche per il semplice fatto che è alquanto arduo applicare l’Approccio di Quadro Logico (AQL) a dei Programmi così articolati e complessi qual sono quelli cofinanziati dai Fondi Strutturali.
E’ molto più semplice e costruttivo considerare OP e OS, da un lato, quali principali vincoli strategici alla formulazione dei Programmi e, dall’altra, degli ambiti di politica pubblica. Il mio modesto parere è che si tratterà di formulare per ciascun OS (da considerare quali ambiti di policy “elementari”) una “teoria del cambiamento” pertinente.
Per cercare di spiegare meglio questo mio punto di vista, vorrei evidenziare che le Istituzioni europee sono state molto più pragmatiche in sede di definizione della base normativa e operativa dei Recovery Plan (in Italia il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza – PNRR) finanziati dal Dispositivo per la Ripresa e la Resilienza.
Il Regolamento sul Dispositivo per la Ripresa e la Resilienza (Reg. (UE) 2021/241) e le Guidelines della Commissione sulla formulazione dei Recovery Plan evitano di usare termini ambiziosi quali Obiettivi Strategici e Obiettivi Specifici. L’art. 3 del Reg. (UE) 2021/241 si limita a indicare sei “ambiti di applicazione” (sei “priorità” che, nel PNRR italiano, sono state ribattezzate “Missioni”) e l’art. 4 parla pragmaticamente di obiettivi generali e specifici da raggiungere. [3]
La formulazione della strategia dei Programmi FESR e la verifica della sua fattibilità sulla scorta di molteplici vincoli stabiliti a livello comunitario
Come predetto, è nell’ordine naturale nelle cose che, concretamente, il percorso di formulazione dei Programmi FESR – e non solo – sia ben più articolato e non sia ancorato quasi in maniera meccanica alle fasi indicate nel paragrafo precedente.
Come evidenzia la Figura 1, sarebbe opportuno, tuttavia, considerare anche gli OP e gli OS come dei vincoli alla programmazione. Infatti, non appare propriamente corretto considerarli come due livelli gerarchizzati di una ipotetica Matrice di Quadro Logico che sintetizza la strategia.
Questo, in primo luogo, per il semplice fatto che per i Programmi complessi cofinanziati dai Fondi Strutturali è molto difficile ricostruire una “catena logica” che leghi Obiettivi di Policy, Obiettivi Specifici e, nella parte bassa dell’ipotetica Matrice di Quadro Logico, degli obiettivi operativi e delle azioni. In secondo luogo per il fatto che, oggettivamente, OP e OS si configurano più come ambiti di intervento logicamente collegati che non come due livelli gerarchizzati di obiettivi di politica economica.
In estrema sintesi, con grande pragmatismo sarebbe opportuno:
• considerare OP e OS come dei vincoli strategici alla programmazione (appare più corretto e funzionale considerare OP e OS come due livelli di ambiti di policy); [4]
• riconoscere che, sebbene via sia certamente un legame logico fra ciascun OP ed i suoi OS, poi nei fatti, la struttura dei Programmi cofinanziati dai Fondi Strutturali continua a vivere, come nei primi periodi di programmazione, di Assi e Misure. Gli OP del periodo 2021-2027 corrispondono, de facto, agli Assi dei primi periodi di programmazione e gli OS corrispondono alle Misure;
• elaborare, per ciascun Obiettivo Specifico, una “catena logica” che consenta di definire il cambiamento atteso, grazie agli interventi che si intende realizzare (si veda la Figura 2).
Fig. 2 – Percorso logico per l’elaborazione di una “theory of change” all’interno di ogni Obiettivo Specifico
In estrema sintesi, il mio umile parere è che sia necessario considerare gli OS come degli ambiti di policy (contenitori) al cui interno elaborare una pertinente “theory of change”. In altri termini, considerato ciascun OS quale vincolo alla programmazione stabilito dai Regolamenti comunitari, è all’interno di ciascuno di essi che bisogna formulare una “catena logica” sulla base di quelli che sono i capisaldi dell’Approccio di Quadro Logico (o, se si preferisce, della c.d. “theory of change”):
• analisi dei problemi (e formulazione del c.d. “albero dei problemi”); [5]
• ribaltamento dei problemi in obiettivi di sviluppo (e definizione del c.d. “albero degli obiettivi”); [6]
• indicazione di interventi pertinenti rispetto agli obiettivi di sviluppo e, possibilmente, anche di progetti strutturati da realizzare (questi interventi saranno definiti sulla base in primo luogo delle priorità di policy indicate dai decisori politici regionali e dei fabbisogni espressi dai portatori di interesse); [7]
• verifica della compatibilità degli interventi con vincoli sovra-ordinati alla programmazione, disponibilità di risorse tecniche e finanziarie e vincoli amministrativi. In altri termini, si tratta di procedere alla definizione del perimetro “fattibile” della strategia (scoping). [8]
Un siffatto approccio consente di formulare una “theory of change” per ciascuno degli OS.
Ne consegue che, dati i singoli OS (singoli ambiti di policy), se si vuole informare la formulazione della strategia complessiva all’Approccio di Quadro Logico, si debba farlo a livello di singolo OS, elaborando una “catena logica” che leghi le azioni di policy pertinenti rispetto a quell’OS a degli obiettivi di sviluppo da raggiungere al termine del periodo di programmazione.
Naturalmente si dovrà avere premura di verificare mutua coerenza e sinergie delle varie “catene logiche” elaborate per gli OS che i decisori politici intendono inserire nel POR e che, nell’insieme, la strategia regionale di sviluppo sostenuta dal FESR sia caratterizzata da una soddisfacente coerenza interna.
Ma non è sufficiente. Infatti, come evidenzia la tavola sinottica riportata in basso nella Figura 2, per il ciclo di programmazione 2021-2027 sarà anche necessario verificare la compatibilità delle azioni di policy che si vorrebbe realizzare (e degli eventuali progetti strutturati) con:
• ambiti di intervento del FESR (art. 5 del Reg. FESR);
• tipologie di intervento correlate a ciascuno degli OS (in totale sono 182);
• strategia regionale di specializzazione intelligente (Research and Innovation Smart Specialisation Strategy – RIS 3);
• condizioni abilitanti (4 generali e 17 tematiche, associate a ciascuno degli OP, eccezion fatta per l’OP 5 “Un’Europa più vicina ai cittadini”);
• vincoli di allocazione delle risorse (inerenti agli OP; agli OS 1.5 e 2.8 e all’agenda urbana 2021-2027);
• principio ‘Do No Significant Harm’ (DNSH); [9]
• principi orizzontali ex art. 9 del RDC.
Nella Figura 3 ho cercato di riassumere le indicazioni proposte in questo post sul processo di formulazione dei Programmi FESR.
Fig. 3 – Possibile percorso logico per la formulazione dei Programmi FESR 2021-2027
(valido per i singoli Obiettivi Specifici e per l’intera strategia)
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[1] Gli schemi grafici inseriti in questo contributo non fanno cenno all’Analisi SWOT.
Nonostante i limiti di questo tipo di analisi, il mio parere è che per ciascun Obiettivo di Policy (OP) si dovrebbe elaborare un’Analisi SWOT sulla base delle risultanze dell’analisi del contesto socio-economico, delle indicazioni sulle problematiche più pressanti della regione di decisori politici e dirigenti/funzionari regionali e, non ultimo, di quelle dei vari portatori di interesse.
In sede di definizione della strategia, inoltre, dovrebbero avere una grande rilevanza anche le c.d. “lezioni dell’esperienza”, ossia una serie di conoscenze tacite e non che tutti gli operatori interessati (decisori politici, dirigenti e funzionari della PA ed anche beneficiari e destinatari finali degli interventi) dovrebbero trarre dalla concreta attuazione dei Programmi nel precedente periodo (si veda la Figura 4).
Esse dovrebbero generare degli effetti di apprendimento che dovrebbero, in primo luogo, migliorare la capacità dei decisori politici e dei burocrati di loro fiducia di formulare delle strategie valide e coerenti con i fabbisogni del loro territorio (della loro regione).
Cerco di esplicitare meglio questo aspetto ricordando che gli analisti delle politiche pubbliche, in genere, concordano sull’articolazione del ciclo di formulazione delle politiche pubbliche in tre fasi:
• definizione dell’agenda di policy (definizione dei problemi da risolvere e delle scelte pubbliche per affrontarli);
• decision making (fase in cui le scelte pubbliche vengono ufficialmente adottate tramite processi deliberativi formali);
• implementazione (e monitoraggio e valutazione per apprendere dall’esperienza e migliorare successivamente le scelte pubbliche).
Per una spiegazione molto chiara delle principali fasi del policy-making, si veda: LIPPI A., La valutazione delle politiche pubbliche, Il Mulino, Bologna, 2007.
Figura 4 – Effetti di apprendimento e miglioramento dei processi di definizione e di attuazione delle politiche pubbliche nei successivi periodi di programmazione europea
[2] Come ricordato nei precedenti post, i contenuti dei Programmi 2021-2027, nel dettaglio, sono delineati da:
• art. 22 del RDC (Reg. (UE) 2021/1060);
• Allegato V al RDC. [2]
Il paragrafo 3 dell’art. 22 alla lettera D specifica che per ciascun Obiettivo Specifico i Programmi devono riportare:
• Tipologie di azioni correlate all’Obiettivo Specifico (OS).
• Indicatori di output e indicatori di risultato (con indicazione di target intermedi e finali).
• Principali gruppi di destinatari.
• Azioni a tutela dell’uguaglianza, dell’inclusione e della non discriminazione.
• Territori specifici a cui è diretta l’azione (e indicazione dell’attivazione di forme di “sviluppo territoriale integrato”).
• Azioni interregionali, transfrontaliere e transnazionali.
• Utilizzo previsto degli strumenti finanziari.
La struttura dei Programmi 2021-2027 è imperniata sulle c.d. “priorità”.
[3] Coerentemente con le indicazioni dell’art. 3 del Reg. (UE) 2021/241, il PNRR italiano è strutturato intorno a sei “ambiti di intervento” denominate “Missioni”. La struttura complessiva del PNRR è così articolata:
• 6 Missioni (per 6 “priorità”);
• 16 Componenti;
• 63 Riforme;
• 134 Investimenti.
[4] Certamente i 5 OP dei Fondi Strutturali 2021-2027 e i 23 OS del FESR sono i vincoli più rilevanti. Non a caso, nei precedenti articoli ho posto in luce che si può chiaramente identificare una autentica fase di formulazione strategica dei Programmi regionali cofinanziati dal FESR, che si può sintetizzare a livello grafico con un’autentica “bussola” (v. Figura 5), i cui punti cardinali sono:
• i cinque Obiettivi di Policy (OP) della programmazione 2021-27;
• gli Obiettivi Specifici (23 nel caso del FESR);
• la verifica del rispetto delle condizioni abilitanti (ex condizionalità ex ante della programmazione 2014-2020), di cui all’art. 15 e agli Allegati III e IV del RDC;
• la verifica della coerenza con la strategia regionale di specializzazione intelligente (Research and Innovation Smart Specialisation Strategy – RIS3).
Figura 5 – La bussola della formulazione strategica dei Programmi FESR
[5] Per la verifica della “eleggibilità” delle azioni di policy indicate dai decisori politici e/o dagli stakeholders regionali è cruciale valutare che esse siano compatibili con i tipi di intervento riportati nella tabella 1 all’All. I al RDC (riporta codice identificativo e descrizione di ben 182 tipi di intervento).
Nel caso vi siano dei dubbi è utile fare riferimento a: (i) indicazioni su strategie e azioni di policy ammissibili riportate nell’Accordo di Partenariato; (ii) documenti strategici delle Istituzioni UE (in primis le Comunicazioni della Commissione) che tratteggiano le strategie settoriali dell’UE. Ad esempio, per l’OS 1.2 “Digitalizzazione della società” è opportuno fare riferimento alla Comunicazione sulla c.d. “bussola per il digitale 2030” – COM(2021) 118 del 9.03.2021 – che delinea l’agenda digitale fino al 2030 della Commissione von der Leyen. La “bussola per il digitale 2030” è definita da quattro punti cardinali:
• una popolazione dotata di competenze digitali (“cittadinanza digitale”) e professionisti altamente qualificati nel settore digitale;
• infrastrutture digitali sostenibili, sicure e performanti;
• trasformazione digitale delle imprese;
• digitalizzazione dei servizi pubblici.
[6] A titolo di completezza si ricorda che l’art. 22 par. 3 del RDC non parla di problemi, bensì di “sfide” da affrontare, ponendole in cima alla lista degli elementi costitutivi di ciascun Programma («ciascun Programma stabilisce una sintesi delle principali sfide»).
[7] L’identificazione di “obiettivi di sviluppo” per ciascun OS (da raggiungere al termine del periodo di programmazione e che, coerentemente con l’APQ, si potrebbero definire “obiettivi operativi”) è anche importante per quantificare gli indicatori di realizzazione e di risultato (ex Allegato I al Regolamento su FESR e Fondo di Coesione).
Per indicatori di output e di risultato, infatti, vanno quantificati dei target intermedi per il 2024 e dei target finali per il 2029.
[8] La letteratura internazionale sull’Approccio di Quadro Logico è sconfinata. Per una introduzione si suggeriscono i due Manuali che seguono (davvero pregevoli): ROSSI M. (2004), I progetti di sviluppo. Metodologie ed esperienze di progettazione partecipativa per obiettivi, F. Angeli, Milano; STROPPIANA A. (2009), Progettare in contesti difficili. Una nuova lettura del Quadro Logico, F. Angeli, Milano.
[9] Il rispetto del principio “do no significant harm” (DNSH) ex art. 17 del Reg. (UE) 2020/852, a dire il vero, non aveva questo peso così rilevante nelle prime proposte regolamentari del 2018 sui Fondi Strutturali.
La sua crescente rilevanza è da ricondurre a molteplici fattori, fra quali il fatto che il rispetto di questo principio e il c.d. “tagging ambientale” è un autentico caposaldo degli interventi cofinanziati dai Recovery Plan nazionali (PNRR in Italia) ex Iniziativa Next Generation EU.
Il Reg. (UE) 2020/852 del 18 Giugno 2020 relativo all’istituzione di un quadro che favorisce gli investimenti sostenibili (Regolamento sulla c.d. “tassonomia ambientale”), ai sensi dell’art. 1, par. 2, si applica:
• alle misure adottate dagli Stati Membri o dall’Unione che stabiliscono obblighi per i partecipanti ai mercati finanziari o gli emittenti in relazione a prodotti finanziari o obbligazioni societarie resi disponibili come ecosostenibili;
• ai partecipanti ai mercati finanziari che mettono a disposizione prodotti finanziari;
• alle imprese soggette all’obbligo di pubblicare una dichiarazione di carattere non finanziario o una dichiarazione consolidata di carattere non finanziario.
Va comunque tenuto in considerazione anche in sede di formulazione delle politiche pubbliche, in quanto «una classificazione delle attività economiche ecosostenibili a livello dell’Unione dovrebbe consentire lo sviluppo delle politiche future dell’Unione a sostegno della finanza sostenibile, in particolare di norme a livello dell’Unione per prodotti finanziari ecosostenibili, per pervenire, da ultimo, alla creazione di marchi che riconoscono formalmente la conformità a tali norme in tutta l’Unione. Potrebbe anche fungere da base per altre misure economiche e normative. Requisiti giuridici uniformi volti a stabilire il grado di ecosostenibilità degli investimenti, basati su criteri uniformi di ecosostenibilità delle attività economiche, sono necessari come riferimento per il futuro diritto dell’Unione inteso ad agevolare lo spostamento degli investimenti verso attività economiche ecosostenibili» (Considerando 16 del Reg. (UE) 2020/852). Esso, all’art. 9, richiama i sei obiettivi ambientali rispetto ai quali “non nuocere”:
• la mitigazione dei cambiamenti climatici;
• l’adattamento ai cambiamenti climatici;
• l’uso sostenibile e la protezione delle acque e delle risorse marine;
• la transizione verso un’economia circolare;
• la prevenzione e la riduzione dell’inquinamento;
• la protezione e il ripristino della biodiversità e degli ecosistemi.
Sull’applicazione del principio DNSH ai Fondi Strutturali si veda la recente Nota esplicativa della Commissione ‘Application of the “Do No Significant Harm” principale under Cohesion Policy’ (EGESIF-21-0025-00 del 27.09.2021).